ROMA (MF-DJ)--Per le "trivelle nell'Adriatico" sono possibili plurimi permessi allo stesso operatore, purché sia garantita massima e trasparente partecipazione alle gare pubbliche e sia valutato l'impatto ambientale complessivo.

Lo sostiene Gerard Hogan, avvocato generale della Corte di Giustizia dell'Ue, spiegando che uno Stato membro non è obbligato a limitare la superficie delle aree in cui un determinato operatore è legittimato a svolgere attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, quali petrolio e gas naturale. Tuttavia, gli Stati membri sono tenuti a garantire un accesso non discriminatorio a tali attività a tutti gli operatori pubblici e privati, indipendentemente dalla loro nazionalità, e possono imporre condizioni e requisiti per l'esercizio di dette attività ai fini della protezione dell'ambiente.

Nel 2013, la Global Petroleum, società australiana attiva nel settore degli idrocarburi offshore, ha presentato quattro distinte richieste alle autorità italiane per ottenere quattro permessi di ricerca di idrocarburi in aree tra loro adiacenti e localizzate nel mare Adriatico, al largo della costa pugliese. Ciascuna di tali richieste concerne un'area dalla superficie di poco inferiore ai 750 km2. Questo perché la normativa italiana stabilisce che l'area oggetto di un permesso di ricerca non può superare i 750 km2. Nel 2016 e nel 2017, le autorità italiane hanno dichiarato la compatibilità ambientale dei quattro progetti di ricerca presentati dalla Global Petroleum, anche tenendo in considerazione il loro effetto cumulativo.

La Regione Puglia ha proposto vari ricorsi dinanzi ai giudici italiani al fine di impedire, in sostanza, alla Global Petroleum di sfruttare un'area complessiva di fondali marini di circa 3 000 km2. Essa ha sostenuto che, per evitare che la normativa sia «aggirata», il limite di 750 km2 dovrebbe essere applicato non soltanto al singolo permesso, ma anche al singolo operatore.

In tale contesto, il Consiglio di Stato dell'Italia ha proposto alla Corte di giustizia una domanda di pronuncia pregiudiziale per stabilire se la direttiva 94/22, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, obblighi uno Stato membro a imporre un limite massimo assoluto all'estensione geografica delle aree nelle quali un determinato operatore è legittimato a svolgere tali attività.

Nelle conclusioni odierne, l'avvocato generale suggerisce alla Corte di rispondere a tale questione in senso negativo e sostiene che la direttiva non osta a che una normativa nazionale consenta il rilascio di più permessi (anche per zone contigue) allo stesso operatore, anche se i permessi coprono un'area complessivamente più estesa (e abbiano una durata superiore) rispetto ai limiti fissati da tale normativa per un singolo permesso.

pev

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June 24, 2021 05:50 ET (09:50 GMT)