MILANO (MF-DJ)--La chiusura di un importante oleodotto nel nord dell'Iraq sta portando a un aumento dei prezzi internazionali del petrolio, minacciando allo stesso tempo le forniture a quei Paesi europei alla ricerca di alternative al greggio russo.

Gli operatori presenti nella regione - come la norvegese Dno, Gulf Keystone Petroleum quotata a Londra e la texana Hkn Energy - hanno riferito di aver perso l'accesso all'oleodotto dopo che lo scorso fine settimana il governo federale di Baghdad ha vinto una lunga causa arbitrale contro la Turchia. Le società hanno iniziato così a chiudere i pozzi nel Kurdistan iracheno o, avvisano, lo faranno presto se il blocco non si risolverà il prima possibile.

La sentenza, emessa da un tribunale alla Camera di commercio internazionale di Parigi, ha stabilito che la Turchia ha violato un accordo del 1973 sul movimento del greggio dall'Iraq, permettendo al Governo Regionale del Kurdistan di esportare petrolio al porto turco di Ceyhan senza il consenso di Baghdad.

La decisione del tribunale interessa oleodotto che trasporta 400.000 barili al giorno dal Kurdistan iracheno e altri 70.000 barili dall'Iraq, un importo corrispondente a circa mezzo punto percentuale della domanda globale di petrolio.

Gli analisti hanno riferito che il calo dell'offerta ha contribuito a far salire il greggio di riferimento internazionale Brent di quasi il 5% questa settimana, a circa 78 dollari al barile, dopo che i prezzi erano arrivati a inizio mese al livello più basso dalla fine del 2021, in scia ai timori suscitati dagli sconvolgimenti nel settore bancario per una recessione che potrebbe frenare il consumo di energia.

I funzionari del governo regionale del Kurdistan di Erbil si sono recati nei giorni scorsi a Baghdad per colloqui volti a riavviare i flussi di petrolio. Secondo Alan Mohtadi, capo di T&S Consulting Energy and Security, che fornisce consulenza alle aziende in Kurdistan, è probabile che venga raggiunto presto un accordo, dal momento che Erbil, Baghdad e Ankara hanno tutti un interesse finanziario in un oleodotto funzionante.

La posta in gioco è particolarmente alta per il Kurdistan iracheno, dove le esportazioni che avvengono tramite l'oleodotto rappresentano la maggior parte dell'economia. Tuttavia, analisti e funzionari delle società coinvolte in Kurdistan affermano che raggiungere un accordo che soddisfi tutti e tre gli attori potrebbe rivelarsi difficile, ad esempio nel caso in cui il primo ministro iracheno Mohammed al-Sudani subisse pressioni da parte del suo governo per rivendicare un'influenza molto maggiore sul petrolio curdo.

L'oleodotto è l'unico mezzo che permette al petrolio curdo di raggiungere il mercato internazionale, passando per il porto turco di Ceyhan. Da lì, le compagnie petrolifere lo trasportano alle raffinerie del Mediterraneo, oltre che alla Cina.

L'oleodotto è diventato più importante per l'Europa da quando alla maggior parte dei membri dell'Unione Europea è stato vietato di importare greggio russo, come parte delle sanzioni contro Mosca. Secondo i dati della società di monitoraggio delle materie prime Kpler, tra i Paesi che quest'anno hanno sfruttato il greggio curdo per sostituire il petrolio di Mosca vi sono Romania, Croazia, Grecia e anche l'Italia.

L'ultima spedizione da Ceyhan, che trasportava 600.000 barili di petrolio curdo iracheno, è partita il 24 marzo per Ashkelon in Israele, altro frequente acquirente della regione semiautonoma. I funzionari delle società che operano in Kurdistan affermano che è quasi impossibile aggirare l'oleodotto trasportando il petrolio attraverso la Turchia su camion, dati i volumi e la disponibilità di veicoli.

Si prevede che l'aumento dei prezzi incoraggerà l'Opec e i suoi alleati guidati dalla Russia a mantenere invariati gli attuali limiti quando si riuniranno lunedì per un incontro tecnico virtuale. "Probabilmente rafforzerà la convinzione del comitato di monitoraggio che nessun adeguamento al ribasso è giustificato in questo momento", ha affermato Helima Croft, capo stratega delle materie prime di Rbc Capital Markets. L'organizzazione ha concordato di tagliare la produzione di 2 milioni di barili al giorno a ottobre e da allora ha mantenuto tale piano.

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March 31, 2023 04:19 ET (08:19 GMT)