ZURIGO (awp/ats) - Malgrado la forza del franco - che ha toccato nuovi massimi sulla scia del conflitto in Medio Oriente - per gli svizzeri le vacanze all'estero non sono necessariamente più a buon mercato: quello che conta infatti non è solo il corso di cambio, ma anche il rapporto fra i poteri d'acquisto nei vari paesi, spiega oggi Cash. Detto questo, chi oggi vuole approfittare del super-franco potrebbe puntare su una meta peraltro non vicinissima: il Giappone.

Banche e broker, ricorrendo a computer, analisti e trader, speculano ogni minuto con somme enormi sui mercati dei cambi, ricorda il portale finanziario zurighese. La negoziazione è sempre più dominata da algoritmi che realizzano profitti sfruttando le più piccole fluttuazioni di prezzo. Il mercato in questione è popolare tra gli speculatori proprio perché è possibile scommettere sulle variazioni di prezzo in un contesto molto liquido e con un'ampia leva finanziaria.

Al di là delle negoziazioni speculative, che possono portare a forti fluttuazioni a breve termine, le valute seguono però anche tendenze macroeconomiche di lungo periodo. I vantaggi della Svizzera si riflettono nei guadagni a lungo termine del franco rispetto alle principali valute mondiali: ad esempio lo yen giapponese ha perso il 43% del suo valore nei confronti della moneta elvetica negli ultimi dieci anni, il dollaro australiano ha lasciato sul terreno il 32%, la sterlina britannica il 26%, il dollaro canadese il 25%, l'euro il 22%, mentre il dollaro americano solo lo 0,2%.

Se si prende in considerazione la lira turca la flessione è addirittura del 93%. Ma chi sulla base di questo dato dovesse concludere che le vacanze nella nazione a cavallo fra Europa e Asia siano diventate nettamente più a buon mercato si sbaglierebbe di grosso: nel paese di Recep Tayyip Erdogan l'inflazione rimane superiore al 50%, cosa che rende beni e servizi enormemente più cari anche per i turisti.

Al centro dei ragionamenti - osserva Cash - va posta la parità del potere d'acquisto: essa esiste fra due aree geografiche quando i beni e i servizi di un paniere possono essere acquistati per la stessa somma di denaro. La differenza fra questo concetto e il tasso di cambio è esemplificato dall'esempio della Gran Bretagna. Un viaggio a Londra non è certamente diventato più economico negli ultimi 40 anni, malgrado negli anni 80 la sterlina valesse 2,40 franchi, mentre oggi è scambiata a 1,10. Questo perché una camera in un albergo di classe media che a suo tempo costava 100 sterline a notte oggi è prenotabile solo a 200 sterline.

Una caratteristica dei mercati valutari è che i tassi di cambio possono discostarsi in modo più o meno marcato dalla parità di potere d'acquisto. Ad esempio UBS ha calcolato una parità di potere d'acquisto di 0,75 franchi per il dollaro in maggio: ma sul mercato delle divise il biglietto verde è lontano da questo valore, si trova a 0,90 franchi. A breve termine, i mercati valutari non si orientano quindi alla parità di potere d'acquisto. A causa delle differenze tra i tassi di interesse, ad esempio, potrebbe verificarsi un ulteriore apprezzamento del dollaro prima che la valuta statunitense ritorni al tasso di parità del potere d'acquisto nel medio-lungo periodo. Il processo può peraltro richiedere diversi anni.

Mentre il soggiorno negli Stati Uniti o in Inghilterra continua a essere costoso, possono invece risultare interessanti Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Il franco svizzero è ad esempio ai massimi storici rispetto allo yen giapponese: un'occhiata ai portali di confronto per le sistemazioni alberghiere, i costi per i pasti e i trasporti nel paese del Sol Levante mostra che i prezzi sono più bassi rispetto alla Confederazione. Secondo Cash vale quindi la pena di prendere in considerazione questa destinazione.

La valuta più importante per i vacanzieri svizzeri rimane comunque l'euro. È al momento quotato a 0,95 franchi, molto vicino ai minimi storici. Diversi analisti ipotizzano una leggera ripresa dell'euro nei confronti del franco, che potrebbe attestarsi su un livello compreso tra 0,96 e 0,97 franchi entro la fine dell'anno. In questo contesto la moneta elvetica, che ha beneficiato del suo ruolo di porto sicuro nel breve periodo, dovrebbe indebolirsi leggermente se il conflitto in Medio Oriente non subirà un'escalation.

Da un punto di vista macroeconomico, tuttavia, i viaggiatori e gli investitori svizzeri hanno pochi motivi per investire in euro o per prendere in prestito euro in anticipo per il loro prossimo viaggio all'estero. La congiuntura dell'Eurozona è più debole di quella elvetica e l'inflazione rimane ben al di sopra dell'obiettivo del 2% fissato dalla Banca centrale europea (BCE), nonostante il recente rallentamento. E anche se vi sono segnali di una certa distensione politica dopo la vittoria elettorale di formazioni più pro-europeiste in Polonia, la differenza di rendimento tra i titoli di stato italiani e tedeschi indica che rischi non indifferenti continuano ad annidarsi nella valuta europea. In questo contesto, va osservato in particolare il debole sviluppo dei mercati obbligazionari francesi, poiché anche qui lo spread (cioè il differenziale di rendimento) con i titoli di stato tedeschi si sta allargando.

Negli ultimi 10 anni, il dollaro invece ha tenuto in modo sorprendente buono rispetto al franco. I titoli dei media negativi secondo i quali la valuta americana potrebbe perdere il suo status di moneta numero uno al mondo e i deficit di bilancio record dello stato non hanno innescato alcun grande scivolone. In un contesto globale, la moneta statunitense sta ancora beneficiando della robusta economia statunitense, grazie a un popolo che ama consumare.

Questo si riflette anche nei corsi borsistici. Negli ultimi dieci anni, dall'inizio di ottobre 2013, lo Swiss Market Index (SMI) - l'indice di riferimento del mercato elvetico - ha guadagnato il 32%, esclusi i dividendi. Nello stesso periodo, invece, lo S&P 500 americano è salito del 150%. Va peraltro anche detto che se l'orizzonte temporale viene portato a 20 o 40 anni la svalutazione del dollaro ha un impatto molto maggiore ed entrambi i mercati hanno fornito rendimenti approssimativamente simili, in termini corretti dell'influsso dei cambi, conclude Cash.