ROMA (MF-DJ)--"Mollo tutto e apro un chiringuito". In questo film, il Milanese Imbruttito perde l'affare della vita, decide di abbandonare il suo passato imprenditoriale e di tentare la fortuna aprendo un bar. Come se scegliere il food fosse una soluzione semplice, veloce e dal successo garantito. Pensare di mollare la città e lo stress da fattura non è un'idea nuova e neanche così originale. Il food per gli italiani è il porto sicuro, un paracadute che protegge anche nelle tempeste. Ma la buona riuscita del progetto non è assicurata. Soprattutto, il percorso non è sempre facile. Per ottenere buoni risultati nel food non possono mancare tenacia, costanza, visione, conoscenza dei processi, forte professionalità, resilienza e sacrificio.

"I nuovi Foodmakers", a cura di Pasquale Maria Cioffi e pubblicato da Editoriale Delfino, racconta le storie degli imprenditori che ce l'hanno fatta. Partendo da un'idea, da una passione, dalla voglia di cambiare la loro vita o dal desiderio di far diventare grande la piccola attività di famiglia. Dietro i freddi numeri c'è la vita di questi imprenditori che, inseguendo il loro sogno, si scontrano con molte difficoltà. La prima è quella di reperire risorse visto che le banche non sempre finanziano idee (anche buone) senza garanzie. Poi ci sono gli errori, sempre in agguato, e le scelte sbagliate che possono compromettere tutto. Ma c'è anche la caparbietà e la voglia di rialzarsi quando si cade. Se è vero che il settore food dà l'idea di essere facilmente accessibile, per riuscire bisogna dimenticare l'improvvisazione. Il food non è un regno per dilettanti. E' ormai chiaro che per sopravvivere sono necessarie buone dimensioni e per crescere servono investimenti, anche con private equity sempre più interessate a questo mondo. Se si vuole fare un salto dimensionale bisogna poi rinunciare a una delle caratteristiche tipiche delle imprese italiane: la gestione familiare. Un'azienda che ambisce a espandersi deve dotarsi di manager preparati.

Nel libro, esperti del settore forniscono preziosi "consigli su come trasformare una passione in un lavoro". A lungo l'Italia non ha considerato importante il proprio posizionamento nel settore agro-alimentare, cedendo la leadership ad altri Paesi più capaci nel fare sistema. Negli ultimi anni però si è registrata la riscoperta di questo settore che esprime l'eccellenza del Made in Italy. Nel quinquennio 2014-2018, secondo i dati Ismea, l'agroalimentare italiano ha registrato un trend positivo evidenziando un fatturato in crescita da 81,2 miliardi ai 93,4 miliardi di euro, un aumento del 15% a valori correnti. Una crescita, anche se con qualche differenza a livello di fatturato, che si è avuta sia per le imprese del Mezzogiorno (+17,1%) che del Centro-Nord (+14,7%). Dal 2018 si è poi assistito all'esplodere del concetto di experience, fondante nel marketing dei servizi, non solo dei prodotti, che anche nei prossimi anni accompagnerà verso lo studio, la progettazione e l'implementazione della customer experience.

"L'Italian Food -sottolinea nell'introduzione Simonetta Pattuglia, docente di Marketing, Comunicazione e Media alla facoltà di Economia di Tor Vergata- è di successo perché sta sposando sempre più le evoluzioni innovative del marketing avanzato -marketing online, web marketing e e-commerce- aggiungendo anche il marketing e la pubblicità emozionali che stanno cominciando davvero ad aiutare l'intera filiera tipica italiana".

Lo scoppio della pandemia ha accelerato alcuni processi sia sul fronte della qualità dei prodotti che sulla comunicazione. L'accento sulla sostenibilità rende particolarmente interessanti le aziende che hanno spostato l'attenzione sull'ambiente e sulla qualità dei prodotti. I lockdown e le restrizioni hanno impresso una grande presenza e massività alla comunicazione social e hanno spinto le imprese a rendere accessibili i propri prodotti direttamente con un click. "Nella nuova economia -spiega Pattuglia, anche curatrice di "Food, Wine & Co.", iniziativa annuale di formazione e divulgazione giunta ormai alla decima edizione - la semplice produzione di beni e servizi non è più sufficiente. Sono le esperienze, vissute e comunicate, quindi percepite e offerte al consumatore -cliente che fanno la differenza e che costituiscono il fondamento della creazione di valore". Il cibo, sottolinea Pattuglia, "è fortemente identitario", è entertainment, è co-creazione, cioè "esperienza, brand, comunicazione". "Per il decimo anniversario di Food, Wine and Co. abbiamo coinvolto i protagonisti del settore industriale, agricolo e di trasformazione alimentare, che hanno approfondito, in ottica marketing e comunicazione, cinque mega-trends del Food italiano quali: i cambiamenti del comparto negli ultimi dieci anni, il cibo come fonte di benessere, il valore del turismo eno-gastronomico in Italia, la sostenibilità come driver d'acquisto per il consumatore e le nuove sfide del marketing e della comunicazione.

Il settore food può contribuire anche al delinearsi di un "forte country branding", partecipando alla creazione di una vera marca dei singoli territori come di un intero Paese. L'agroalimentare Made in Italy ha superato anche la prova Covid. Nel 2020, secondo i dati emersi durante l'ultima edizione di Food, Wine& Co, il comparto vale 522 miliardi di euro, rappresentando ben il 15% del Pil. Questi numeri dimostrano come si tratti di un settore strategico per il sistema Paese, con un giro d'affari che coinvolge 740.000 aziende agricole, oltre 330.000 realtà nella ristorazione, ben 230.000 punti vendita al dettaglio, 70.000 industrie alimentari e 4 milioni di lavoratori.

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valeria.santoro@mfdowjones.it

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December 17, 2021 13:24 ET (18:24 GMT)