MILANO (MF-DJ)--Il Nicaragua, a seguito di un'elezione presidenziale definita fraudolenta dagli Stati Uniti, è ora ampiamente considerato la terza dittatura dell'America Latina, e dimostra la tendenza più ampia nella regione verso un allontanamento dalla democrazia, secondo funzionari e analisti politici statunitensi.

Il presidente Daniel Ortega ha ottenuto il quarto mandato consecutivo nel voto di domenica, con circa il 75% dei voti, secondo l'autorità elettorale del Nicaragua. L'elezione ha avuto luogo dopo che il regime di Ortega ha incarcerato i sette principali candidati presidenziali, consentendo solo a una manciata di candidati relativamente sconosciuti di gareggiare contro di lui.

Meno di un elettore registrato su cinque ha votato, secondo Urnas Abiertas, un organo di vigilanza elettorale locale. Il voto ha rimosso "ogni ultimo briciolo di dubbio sul fatto che il Nicaragua sia, purtroppo, una dittatura", ha scritto lunedì su Americas Quarterly, un giornale politico, l'ex vicepresidente panamense, Isabel Saint Malo de Alvarado. La maggior parte della comunità internazionale definisce anche Cuba e il Venezuela come dittature.

Saint Malo de Alvarado ha esortato la comunità internazionale a dimostrare che non avrebbe tollerato un'altra dittatura nella regione ritirando i propri ambasciatori chiedendo di interrompere qualsiasi prestito internazionale alla Nazione centro-americana.

Circa 34 Paesi, comprese le Nazioni dell'Unione Europea e dell'America Latina, hanno condannato le elezioni nicaraguensi come fraudolente.

Lunedì sera Ortega si è scagliato contro l'Unione europea e gli Stati Uniti, definendo gli europei ex alleati di Hitler che ora sono strumenti della politica coloniale e interventista degli Stati Uniti nei confronti del Nicaragua. Il presidente ha anche chiamato i suoi avversari in carcere "imperialisti yankee" che dovrebbero andare negli Stati Uniti perché non sono più nicaraguensi.

Il pendolo politico in America Latina sembra oscillare lontano dalla democrazia, proprio come in alcune parti dell'Europa orientale, in Turchia e nelle Filippine, dicono gli analisti. Il Venezuela ha smantellato la sua democrazia negli ultimi anni e gli esponenti autoritari populisti stanno sfidando le istituzioni democratiche in El Salvador, Brasile e Messico.

I sondaggi mostrano che solo una minoranza di latinoamericani sostiene la democrazia. Il livello di approvazione è sceso sotto il 50% per la prima volta nel 2020, in calo dal 63% nel 2010, secondo un sondaggio del mese scorso di Latinobarometro, una società di sondaggi con sede in Cile. Il sondaggio mostra che la soddisfazione per la democrazia nella regione è scesa al 25% nel 2020, dal 44% nel 2010. L'insoddisfazione per la democrazia ha raggiunto il 70% nel 2020, secondo il sondaggio. In Brasile, il più grande Paese dell'America Latina, il sostegno alla democrazia ha raggiunto il 40% nel 2020.

Più della metà degli intervistati da Latinobarometro ha detto che non gli importa se un Governo non democratico prende il potere finchè risolve i loro problemi. Il sostegno è più alto in Repubblica Dominicana, al 66%, El Salvador al 63%, Honduras al 62% e Guatemala al 57%.

"Le lezioni imparate a fatica del XX secolo sui mali della dittatura vengono ora dimenticate", ha affermato Brian Winter, caporedattore di Americas Quarterly.

Per gli Stati Uniti, il crescente autoritarismo nella regione mette in guardia su problemi come gli sconvolgimenti politici e l'aumento della migrazione. Finora quest'anno, un numero record di nicaraguensi è arrivato al confine con gli Stati Uniti, unendosi a un esodo durato anni dai Paesi vicini e politicamente fragili come Guatemala, El Salvador e Honduras.

Gli analisti che monitorano l'America Latina affermano che Ortega presenta alla comunità internazionale un duro promemoria dei limiti del potere in un mondo in cui la diplomazia dei cannoni non è più un'opzione e dove i problemi dei piccoli Paesi con scarso significato strategico, negli ultimi decenni o più, sono stati sempre più ignorati dalle grandi potenze.

"Il peso degli Stati Uniti è diminuito nel mondo, anche in America Centrale, dove si potrebbe pensare che l'influenza degli Stati Uniti sia la più forte", ha affermato Michael Shifter, presidente dell'Inter-American Dialogue, un think tank apartitico con sede a Washington. Non solo Ortega sta sfidando con successo gli Stati Uniti, ma lo stanno facendo anche i presidenti di Honduras, Guatemala ed El Salvador, ha affermato.

Gli Stati Uniti manterranno tutta la loro attenzione sul Nicaragua, ha affermato Ricardo Zoniga, inviato speciale dell'amministrazione Biden nei Paesi del triangolo settentrionale: Guatemala, Honduras ed El Salvador. "Se non ci sarà uno sforzo regionale per rispondere a questi eventi, potrebbero accadere in altri Paesi", ha detto ai giornalisti ieri.

Shifter ha affermato che parte della ragione di questa sfida è la crescita dei gruppi criminali organizzati nella regione. In Honduras, ad esempio, il presidente Juan Orlando Hernandez è stato citato come co-cospiratore in vari casi dalla Corte federale degli Stati Uniti che coinvolgono importanti trafficanti di droga, tra cui suo fratello che è stato condannato all'ergastolo nel 2021.

Alti funzionari degli Stati Uniti affermano che è in corso un nuovo ciclo di sanzioni contro le persone chiave dell'amministrazione Ortega. Gli Stati Uniti stanno anche esaminando l'adesione del Nicaragua al patto di libero scambio regionale centro-americano che fornisce circa 125.000 posti di lavoro a 6,6 milioni di nicaraguensi.

I funzionari statunitensi riconoscono, tuttavia, che le sanzioni hanno una portata limitata e che Ortega sarà difficile da affrontare. "E' una delle sfide più difficili che abbiamo davanti: cosa fare con un Governo che non è mosso da suppliche diplomatiche, moral suasion o sanzioni che hanno un impatto sulla propria popolazione", ha affermato un alto funzionario del dipartimento di Stato.

I precedenti regionali non sono incoraggianti, dicono i funzionari. Nonostante l'aumento delle sanzioni contro i massimi funzionari venezuelani e poi contro l'economia venezuelana, il Governo del Paese sembra sempre più saldamente radicato e 60 anni di embargo economico contro Cuba non sono riusciti a sloggiare il regime.

Nel 1977, solo tre Paesi dell'America Latina erano considerati democrazie a pieno titolo: Costa Rica, Colombia e Venezuela. Nel 1994, dopo la fine della Guerra Fredda, Cuba era sempre vista come l'unica resistenza, mentre la regione voltava pagina dopo un lungo periodo di sconvolgimenti politici segnati da dittature militari o Stati a partito unico. Ancora nel 2010, la democrazia sembrava relativamente sana in America Latina.

Ma c'è stata una crescente disillusione popolare negli ultimi anni per gli scandali di corruzione, che ironicamente sono venuti alla luce grazie a una stampa sempre più libera nella regione, mostrano i sondaggi. Inoltre, i Paesi hanno visto un decennio di debole crescita economica a causa di un calo globale dei prezzi delle materie prime e dell'incapacità dei Governi democraticamente eletti di controllare la criminalità o fornire servizi migliori.

"Non si mangia con la democrazia", ha detto Ricardo Castaneda, economista senior presso il Central American Institute for Fiscal Studies, un think tank regionale. I cittadini "non si preoccupano della separazione dei poteri, di una magistratura indipendente. Quello che conta per loro è se possano portare il cibo alle loro tavole o tornare a casa sani e salvi", ha spiegato.

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November 10, 2021 05:51 ET (10:51 GMT)