FRANCOFORTE (Reuters) - Con l'economia della zona euro che torna ad accelerare, la Banca centrale europea discuterà nel consiglio di giovedì la possibilità di ridurre le misure di stimolo monetario, dando il via a una complessa e lunga discussione su come smantellare i provvedimenti anti-crisi che hanno tenuto a galla l'economia durante i mesi della pandemia.

La Bce sta fornendo supporto monetario alla zona euro da quando è scoppiata la pandemia. Ma la crescita economica è ormai solida, la disoccupazione è in calo e l'inflazione in rialzo. Si sono quindi create le condizioni per un dibattito che traccerà la rotta della Bce negli anni a venire.

A prima vista la questione è semplice: l'economia è di nuovo sulla buona strada e, anche se la pandemia si mostrasse persistente, l'Europa ha imparato a convivere con il virus: la crisi -- il casus belli per la Bce -- è finita.

Secondo alcuni addetti ai lavori si tratta però di una crisi diversa da tutte le altre, e una riduzione troppo frettolosa delle misure di supporto rischierebbe di demolire un lavoro per Francoforte senza precedenti, quando la pandemia deve ancora finire.

Sono inoltre ormai quasi dieci anni che l'inflazione della zona euro non raggiunge il target Bce, e questo rende gli investitori scettici circa gli obiettivi dell'istituto centrale, rendendo un potenziale particolarmente rischioso il ritiro delle misure di supporto.

La prima decisione, una riduzione degli acquisti di governativi nell'ambito del programma 'Pepp', è in programma già giovedì, una decisione relativamente semplice da adottare, che potrebbe però mascherare divisioni più profonde.

I consiglieri conservatori, cui si è recentemente aggiunto il 'centrista' francese Francois Villeroy de Galhau, hanno spinto perché si discuta subito della riduzione degli acquisti ma il mercato ha reagito molto tiepidamente, con i rendimenti poco oltre i minimi da molti mesi.

Il fatto che nessuna delle 'colombe' -- così si indicano in gergo i fautori di una politica monetaria espansiva -- abbia contrastato quest'idea in pubblico è con ogni probabilità un segnale che la scelta non è considerata controversa.

Gli analisti intervistati da Reuters prevedono una riduzione degli acquisti del programma Pepp (Pandemic emergency purchase programme) fino a 60 miliardi di euro al mese dagli attuali 80 miliardi, seguita da un nuovo taglio a inizio 2022 e dalla conclusione definitiva del programma a marzo dell'anno prossimo.

"Ci aspettiamo che la Bce annunci una riduzione degli acquisti Pepp nel quarto trimestre, visti i notevoli miglioramenti del contesto macroeconomico", si legge in una nota degli economisti Barclays. "Le previsioni relative a crescita e inflazione saranno riviste a rialzo".

LENTAMENTE

Fondamentale però il significato che sarà dato alla mossa stessa. I falchi, favorevoli a una politica monetaria restrittiva, lo potrebbero vederla come primo passo verso la rimozione totale delle misure di stimolo, mentre le colombe, la maggioranza dei 25 membri del consiglio Bce, la intendono come una misura graduale e non come l'inizio del tapering.

L'economista capo Bce Philip Lane ha già spiegato che qualsiasi decisione presa in settembre sarà graduale e la banca continuerà a offrire abbondante supporto, visto che la vera discussione sulla fine delle misure anti-crisi arriverà dopo.

"Ci aspettiamo che Christine Lagarde cerchi di convincere i mercati che una riduzione nei flussi del Pepp non rappresenta un segnale di 'tapering' ma un aggiustamento tecnico", osserva l'economista UniCredit Marco Valli.

Ci si attende anche che le colombe sottolineino che, anche se le misure di emergenza finiranno a marzo dell'anno prossimo, altre misure vanno intensificate, visto il debole outlook relativo all'inflazione e che la Bce preferirà senza dubbio un eccesso di cautela.

"Sarà graduale, comunicato per tempo e caratterizzato da un bias asimmetrico rispetto al rischio: l'asticella per accelerare il processo è fissata abbastanza in alto, quella per arrestarlo è insolitamente in basso" si legge in una nota di Bnp Paribas

Il ritmo con cui la Bce ridurrà il suo supporto sarò una questione aspramente dibattuta, comunque, dal momento che comporta implicazioni più ampie per le regole che governano in generale gli acquisti di titoli di Stato, strumento primario della Bce, pandemia a parte.

Più a lungo rimane sul mercato e acquista governativi facendo scendere i rendimenti, più si avvicina a infrangere alcune delle sue regole, che per certi politici costituiscono linee invalicabili.

Di particolare importanza è la regola che impone alla Bce di non acquistare oltre un terzo del debito sovrano di ciascuno degli Stati membri, un limite a cui si è ormai pericolosamente vicino in diversi Stati chiave.

Altre regole, come l'acquisto di volumi prefissati proporzionali all'economia, saranno messe alla prova, irritando i conservatori che hanno combattuto per farle imporre.

La Bce potrebbe semplicemente cambiare alcune di queste regole, ma i falchi sostengono che la flessibilità dovrebbe essere riservata ai momenti di crisi, e dal momento che l'Europa sta tornando a circostanze più normali, è tempo per la Bce di farsi da parte.

"La prima 'P' dell'acronimo Pepp sta per 'pandemic' non per 'permanent', e per una buona ragione" ha detto il presidente Bundesbank Jens Weidmann la scorsa settimana.

(Tradotto da Luca Fratangelo in redazione a Danzica, in redazione a Milano Alessia Pé, luca.fratangelo@thomsonreuters.com, +48587696613)