ROMA (MF-DJ)--Brian Armstrong non ha dubbi: "Come sempre sono rialzista sulle criptovalute", proclama al Financial Times che lo ha chiamato poco dopo la bancarotta di Ftx, quella che fino a una settimana fa era la prima borsa cripto degli Stati Uniti e che all'inizio dell'anno aveva soffiato il primato storicamente detenuto da Coinbase, di cui lo stesso Armstrong è co-fondatore e ceo. Come chiedere all'oste se il suo vino è buono, insomma. Ma i numeri, spiega MF-Milano Finanza, dicono che dall'inizio dell'anno Coinbase ha perso l'82%, facendo peggio del bitcoin che ha ceduto invece il 64,2%. Il giorno del suo esordio al Nasdaq, il 14 aprile 2021, aveva chiuso a 328,2 dollari; poco più di un anno e mezzo dopo, venerdì 18 novembre, il titolo languiva a 45,3 dollari. Secondo Bank of America, che ha tagliato il target price di Coinbase a 50 dollari dai precedenti 77, la borsa guidata da Armstrong non farà la fine di Ftx, la creatura del giovane Sam Bankman-Fried, ma questo non la rende immune dalle più ampie ricadute del mercato cripto.

Tre sono i potenziali venti contrari, per gli analisti di BofA: "L'attività di trading in calo a causa di una fiducia più debole nelle criptovalute; i ritardi sul fronte della chiarezza normativa e la possibilità che il contagio porti a una ricaduta ancora più ampia per il settore". Adesso fa ridere, ma fino a poche settimane fa Bankman-Fried si era proposto come salvatore delle più grosse società cripto fallite negli ultimi mesi, tipo Voyager Digital. E con insolito entusiasmo nei confronti dei protagonisti del settore cripto, i media mainstream l'avevano paragonato a John Pierpoint Morgan che nel 1907 aveva salvato il sistema bancario americano mettendoci soldi suoi.

Ad assumere questo ruolo ci sta provando ora Changpeng Zhao, detto CZ, fondatore e ceo di Binance, la più grande borsa cripto del mondo (guarda caso è stato proprio un suo tweet a fare cadere il castello di carte di Ftx). CZ ha però una relazione complicata con i media e soprattutto con le autorità regolatrici di mezzo mondo. Difficile capire se le sue sono solo sparate pubblicitarie o se si muoverà sul serio. Su di lui sembra avere idee chiarissime il redivivo Nouriel Roubini, docente di Economia alla New York University, da sempre odiatore del bitcoin: "È una bomba a orologeria ambulante», ha detto nel corso di un convegno ad Abu Dhabi per poi proclamare che il mondo cripto è fatto da 7 C: "Concealed, corrupt, crooks, criminals, con men, carnival barkers" (Nascosti, corrotti, imbroglioni, criminali, truffatori, imbonitori di carnevale). "E l'ultima C è quella di CZ".

In fondo Roubini si fa portavoce della vecchia guardia della finanza, capeggiata da Warren Buffett e da Charlie Munger. Un'altra parte, invece, fino a ieri era aperta alle sperimentazioni con le criptovalute, sia pure con cautela. BlackRock, per esempio, ha stretto un accordo con Coinbase.

Adesso si suppone che soppeserà con grande attenzione ogni possibilità di fare ulteriori passi avanti. Facile supporre che aspetterà una regolamentazione più chiara.

Dopo il crac di Ftx è inevitabile attendersi una stretta su questo fronte. Il timore è che si finisca per gettare il bambino con l'acqua sporca. Ma forse è proprio quello che si vuole, dicono i complottisti. Può soprendere che una forte componente del mondo bitcoin, soprattutto quelli della prima ora, soddisfatta del crac di Ftx: sono i massimalisti. Costoro sono convinti che solo il bitcoin meriti di sopravvivere, o meglio prosperare. Secondo Luca Venturini, sviluppatore del bitcoin (una parte del codice che gira su ogni nodo bitcoin è stata scritta da lui), "bisogna togliere i bitcoin dagli exchange. E non da ieri, bensì già dal crac di MtGox nel 2013. Il trading dovrebbe essere lasciato a pochi professionisti che sono disposti ad accollarsi il rischio del fallimento di alcuni operatori". Venturini considera "auspicabile" che il crac di Ftx sia l'inizio della fine del mondo "cripto", ormai "molto lontano dalle idee di libertà e decentralizzazione con le quali è nato il bitcoin".

"Da tempo noi massimalisti", spiega Venturini, "abbiamo smesso di chiamare bitcoin una cripto. Abbiamo lasciato questa definizione alle migliaia di team che cercano di spingere narrazioni sempre nuove, che regolarmente finiscono nel nulla oppure si rivelano delle vere e proprie truffe".

Tra i massimalisti c'è una gran voglia di ritorno alle origini, loro non si sono mai vantati di essersi fatti la Lambo grazie al bitcoin. Per loro usare bitcoin è una scelta politica, di libertà. Una moneta che non dipende dai capricci del potere. Ma qui si sconfina nell'utopia. Cosa che non interessa alla finanza. Il bitcoin rischia quindi di tornare ai margini. E i piccoli investitori sordi agli ideali devono esserne consapevoli. Forse i Warren Buffett hanno vinto.

red

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2108:45 nov 2022


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