MILANO/FRANCOFORTE (Reuters) - Nelle settimane successive all'invasione russa dell'Ucraina Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, è stato impegnato in una girandola di viaggi.

L'AD del gruppo energetico controllato dallo stato ha visitato l'Algeria a febbraio, l'Angola, l'Egitto e la Repubblica del Congo a marzo, spesso accompagnato da ministri e alti funzionari del governo italiano.

Facendo leva sulle relazioni di lunga data esistenti con questi paesi produttori, il governo italiano ed Eni si sono assicurati gas aggiuntivo per sostituire gran parte dei volumi solitamente ricevuti dalla Russia.

È stata una mossa rapida che molti Paesi europei non sono stati in grado di fare mentre la guerra di Vladimir Putin ha scosso i vecchi equilibri.

Prendiamo la Germania. Potenza economica e a lungo sinonimo di pianificazione prudente, è stata colta impreparata. È sull'orlo della recessione, si prepara a un possibile razionamento del gas e dell'energia elettrica e ha appena nazionalizzato Uniper, una delle principali utility.

L'Italia, un paese che ha esperienza con le crisi economiche, sembra relativamente resiliente. Si è assicurata forniture supplementari ed è fiduciosa di non dover razionare il gas, tanto che il suo governo ha detto che ha i numeri "migliori d'Europa" in materia di sicurezza energetica.

"L'apprezzamento di cui Descalzi gode in diversi paesi africani è sicuramente un vantaggio competitivo", ha detto Alberto Clò, ex ministro dell'Industria italiano ed ex membro del Cda dell'Eni, spiegando che ci vuole fiducia reciproca tra due partner per firmare un contratto a lungo termine sul gas, soprattutto in tempi di crisi energetica.

Roma e Berlino si trovano in situazioni opposte, con una grave crisi energetica che pesa in modo disomogeneo su un continente in cui la dipendenza dal gas russo varia notevolmente.

Germania, Ungheria e Austria sono tra i più esposti mentre appaiono meno vulnerabili Spagna, Francia, Svezia e Gran Bretagna e anche l'Italia.

Sebbene la Russia sia stata per lungo tempo il principale esportatore di gas per l'Italia, la presenza di altri fornitori e i legami di lunga data con l'Africa hanno consentito all'Italia di collocarsi in una posizione migliore rispetto a molti altri paesi in questa crisi, spiega Martijn Murphy, analista presso la società di ricerca Wood Mackenzie.

"Eni ha legami molto forti con tutti i paesi con cui opera in Nord Africa ed è presente in ognuno di questi: Algeria, Tunisia, Libia, Egitto e nella maggior parte di questi Paesi è il più grande investitore upstream e produttore internazionale di petrolio", ha spiegato Murphy.

La crisi energetica causata dalla guerra ha costretto i governi a confrontarsi con i rischi di un'eccessiva dipendenza da un fornitore o da una regione dominante. È un'eco della crisi energetica degli anni '70 che ha portato l'Occidente a riconsiderare la propria dipendenza dal petrolio mediorientale, un cambiamento che ha stimolato l'esplorazione globale e la ricerca di fornitori alternativi come il Venezuela e il Messico.

Commentando la situazione, il ministero dell'Economia tedesco ha detto di voler recedere al più presto dalle importazioni di gas russo e diversificare le proprie forniture e ha citato i primi passi compiuti in tal senso, come l'affitto di cinque rigassificatori galleggianti. La Germania attualmente non ha terminali gas naturale liquefatto (GNL), mentre l'Italia ne ha in funzione tre e ne ha recentemente acquistati altri due.

STORIA DI DUE IMPORTATORI

L'Italia ha consumato 29 miliardi di metri cubi di gas russo lo scorso anno, pari a circa il 40% delle sue importazioni. Secondo l'Eni, a partire da quest'inverno l'Italia sarà in grado di sostituire gradualmente circa 10,5 miliardi di metri cubi con maggiori importazioni dall'Africa e dai paesi nordici.

La maggior parte del gas extra arriverà dall'Algeria, che il 21 settembre ha annunciato un aumento delle forniture all'Italia quest'anno di quasi il 20% a 25,2 miliardi di metri cubi. Algeri diventerà il primo fornitore dell'Italia, garantendo circa il 35% dell'import, mentre la quota del gas russo è scesa intorno al 10%.

A partire dalla primavera del 2023, inizierà ad arrivare un flusso crescente di GNL da Paesi come Egitto, Qatar, Congo, Nigeria e Angola, consentendo all'Italia di sostituire altri 4 miliardi di metri cubi di gas russo, dice Eni.

Forniture aggiuntive da produttori non russi e il gas accumulato negli stoccaggi, che in Italia hanno raggiunto il target di riempimento del 90% questa settimana, sembrano garantire un inverno senza razionamenti in Italia.

In Germania, i cui 58 miliardi di metri cubi di gas russo importati l'anno scorso hanno rappresentato il 58% dei consumi, le forniture attraverso il gasdotto Nord Stream 1 hanno iniziato a essere ridotte da giugno e per poi essere interrotte ad agosto.

Non potendo assicurarsi sufficienti forniture sostitutive a lungo termine da altri paesi e non avendo una major nazionale del petrolio e del gas con produzione all'estero, è stata costretta a rivolgersi al mercato spot, o cash, dove ha dovuto pagare circa otto volte i prezzi di un anno fa per il gas.

La sicurezza energetica può essere influenzata da fattori al di fuori del controllo umano: la Germania non gode della vicinanza dell'Italia al Nord Africa, per esempio, o delle ricchezze della Gran Bretagna e della Norvegia nel Mare del Nord. Non possiede grandi riserve di petrolio o di gas.

Nonostante ciò, i funzionari e i dirigenti tedeschi hanno commesso errori di calcolo negli ultimi anni, in particolare dopo l'annessione della penisola ucraina della Crimea da parte della Russia.

Nel 2006, era l'Italia a correre più velocemente verso il gas russo, con l'Eni che aveva siglato all'epoca il maggiore accordo di gas mai concluso da un'azienda europea con il gigante energetico Gazprom, controllato da Mosca.

Negli ultimi otto anni, però, i due Paesi si sono allontanati: la Germania ha puntato sul gas russo e ne è diventata sempre più dipendente, mentre l'Italia ha cercato di diversificare.

Nel 2014, quando un nuovo governo ha sostituito quello di Silvio Berlusconi, da sempre amico di Putin, e Descalzi ha preso il timone dell'Eni, l'Italia sembra imboccare un sentiero divergente da quello di Berlino.

Descalzi, uno specialista di exploration & production che aveva trascorso la parte iniziale della sua carriera in paesi come la Libia, la Nigeria e il Congo, anche nel ruolo di CEO si concentra su ciò che sa fare meglio: esplorare l'Africa.

Un successo importante arriva in Egitto nel 2015, quando Eni scopre il più grande giacimento di gas del Mediterraneo; Zohr. Grazie alla strategia di fast-track dei progetti sostenuta da Descalzi, Zohr entra in produzione in meno di due anni e mezzo, trasformando l'Egitto da importatore ad esportatore di gas.

In Algeria, dove Eni è presente dal 1981, la società sigla nel 2019 un accordo per assicurare le importazioni di gas in Italia fino al 2027.

BIVIO IN CRIMEA

L'annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 e le conseguenti sanzioni occidentali hanno rappresentato un momento di svolta.

Roma ritira il proprio sostegno dal progetto South Stream di Gazprom - per la costruzione di una connessione che avrebbe dovuto trasportare gas dalla Russia all'Ungheria, all'Austria e all'Italia aggirando l'Ucraina. South Stream viene abbandonato anche da Eni, prima di essere messo in stand-by da Mosca.

In alternativa Roma punta sulla costruzione del gasdotto TAP dall'Azerbaigian attraverso la Grecia e l'Albania.

La Germania, invece, non ha ridotto l'esposizione alla Russia.

"L'Europa e la Russia hanno costruito una partnership energetica nel corso di quaranta anni e non c'è stato un solo giorno in cui il gas sia stato usato come arma strategica contro l'Occidente", ha detto nel 2014 Johannes Teyssen, allora amministratore delegato di E.ON, all'indomani dell'annessione della Crimea.

Inoltre, nel 2015 è stato raggiunto un accordo tra Gazprom e diverse società tra cui le tedesche E.ON e Wintershall per la creazione di un consorzio per la costruzione del gasdotto Nord Stream 2.

La Germania è stata colta di sprovvista lo scorso febbraio.

Un giorno prima che Mosca invadesse l'Ucraina, Klaus-Dieter Maubach, amministratore delegato di Uniper ha definito Gazprom un fornitore affidabile.

Da allora ha cambiato opinione.

Sette mesi dopo, Uniper è pronta a citare in giudizio Gazprom per i danni causati dalla riduzione delle forniture ed è stata salvata per una somma di 29 miliardi di euro dal governo tedesco, che ha deciso di nazionalizzarla.

La Germania punta a sostituire completamente il gas russo entro la metà del 2024, anche se alcune utility, tra cui il principale produttore di energia elettrica RWE, ritengono che potrebbe volerci più tempo, dato che le fonti alternative sono scarse e i volumi difficili da reperire.

Tutti concordano sul fatto che si tratterà di un'impresa costosa.

"Abbiamo fatto troppo e troppo a lungo affidamento sulle forniture di energia dalla Russia", ha affermato a giugno il cancelliere tedesco Olaf Scholz. "La vecchia equazione secondo cui la Russia è un partner economico affidabile anche in caso di crisi non vale più".

(Tradotto da Chiara Scarciglia, editing Francesca Landini, Stefano Bernabei)

di Francesca Landini e Christoph Steitz