MILANO (awp/ats/ans) - Continua ad esserci l'errore umano alla base della riuscita degli attacchi informatici a livello globale. Lo afferma l'ultimo Data Breach Investigations Report di Verizon, che ha analizzato 16.312 incidenti di sicurezza e 5.199 violazioni.

Secondo lo studio, l'elemento umano è responsabile del 74% delle violazioni. Uno dei modi più ricorrenti impiegati dai cyber criminali per sfruttare a proprio vantaggio la vulnerabilità umana è rappresentato dal social engineering, ossia l'accesso a informazioni aziendali sensibili ottenuto grazie a email farlocche o a messaggi via social e WhatsApp, dove si chiede di aprire link o direttamente informazioni di accesso, spesso impersonando qualcun altro.

In seguito al click su collegamenti malevoli o all'apertura di file infetti, gli hacker si insediano nei sistemi, per poi procedere con le loro campagne.

Stando al nuovo Data Breach Investigations Report, è aumentato il costo che le aziende devono sostenere per ripristinare le loro macchine a seguito di un ransomware. Si tratta di una delle minacce informatiche più temute, perché limita l'accesso ai computer e ai file, con la richiesta di un riscatto per poter eliminare il blocco.

Per i ricercatori, il costo medio per incidenti imputabili a questi virus è più che raddoppiato negli ultimi due anni, arrivando a 26.000 dollari. Nel 95% dei casi che hanno portato ad una perdita economica, il ransomware è costato tra 1 dollaro e i 2,25 milioni di dollari.

Inoltre, in due anni, il numero di attacchi ransomware è stato superiore rispetto a quello dei cinque anni precedenti messi insieme. Una diffusione che non ha subito variazioni nel 2023, visto che la minaccia rappresenta quasi un quarto di tutte le violazioni prese in esame.

Nonostante lo spionaggio sia oggetto di attenzione mediatica - a causa dell'attuale contesto geopolitico - solo il 3% dei criminali viene spinto da questa ragione. Il restante 97% è motivato dai guadagni economici.