MILANO (MF-DJ)--Il barile oscilla, ma non rotola. E nel mercato si rafforza la convinzione che possa tornare a quota 100 dollari. «Ci dimentichiamo che meno di dieci anni fa il barile di petrolio ha scambiato a oltre 100 dollari, mentre l'economia globale si riprendeva dalla famosa crisi del 2008. Sarebbe un grave errore escludere la possibilità di un ritorno dei prezzi sui livelli di allora, con tutti gli effetti che ne deriverebbero», avverte John Plassard, investment specialist del gruppo Mirabaud.

Ma c'è anche un altro fattore, molto meno dibattuto, che potrebbe contribuire a portare in alto le quotazioni del greggio: la corsa delle rinnovabili si sta trovando davanti un ostacolo imprevisto. In altre parole, tale è l'accelerazione delle energie verdi, che produttori e fornitori di materie prime per impianti e pannelli non stanno al passo. Risultato, il re che tutti cercano di spodestare mantiene la corona ben salda sulla testa, mentre il successore designato al 2050, sostenibile e ben più popolare, rischia di dover fare più fatica prima di togliergli lo scettro. Metalli e minerali necessari all'industria dei pannelli solari, come cadmio, silicio e rame, sembrano scarseggiare.

La domanda è destinata almeno a raddoppiare entro i prossimi 20 anni, ma Irena, l'agenzia internazionale per le rinnovabili, già segnala impennate anomale nei prezzi dovute proprio all'offerta inferiore alle richieste. Secondo l'Aie, l'agenzia internazionale dell'energia, la produzione di rame è prevista addirittura in diminuzione del 20% al 2030. Problemi si riscontrano anche nei contratti di locazione dei fondali marini, per l'installazione degli impianti eolici offshore.

A dichiararlo dalle colonne del Financial Times è Mads Nipper, il ceo di Orsted, colosso danese delle rinnovabili che ha appena annunciato un piano investimenti da 57 miliardi di dollari per sviluppare 50 GW di energie rinnovabili nei prossimi dieci anni, con l'obiettivo di diventare il primo produttore al mondo. Proprio la carenza di contratti per i fondali, però, secondo Nipper, rischia di rallentare le ambizioni di Orsted e degli altri operatori. Il petrolio, intanto, si gode la ritrovata fiducia rialzista accordatagli dal mercato. Si mantengono per ora sulla linea dei 100 dollari anche Goldman Sachs e Glencore, e ha fatto scalpore, e provocato la reazione furiosa degli ambientalisti, la decisione della Norvegia di autorizzare nuove trivellazioni offshore. Il 2 giugno scorso, il barile di petrolio ha superato la soglia dei 70 dollari per la prima volta da maggio 2019. La battuta d'arresto della marcia verso quota 80 dollari e il leggero calo registrato dopo la decisione della Fed di anticipare il prossimo rialzo dei tassi non hanno spostato più di tanto le previsioni degli analisti.Ma cosa potrebbe supportare un ulteriore aumento del prezzo del petrolio? Nell'analisi di Maribaud, si parte ovviamente da una ripresa della domanda. «Anche se la domanda rimane ben al di sotto dell'offerta, l'allentamento delle misure restrittive in Europa rassicura i mercati. Inoltre, grazie al progredire delle vaccinazioni, sempre più americani sono propensi a viaggiare», osserva Plassard.

«È anche emerso in modo molto chiaro che i membri dell'Opec+ non hanno fretta di aprire i rubinetti dei gasdotti. Il gruppo ha concordato infatti di non modificare l'attuale ritmo di graduale aumento dei limiti alle forniture fino a luglio. I Paesi membri non hanno discusso i livelli di produzione oltre agosto né hanno affrontato la questione iraniana. In seguito a questa riunione lampo e al desiderio di eludere tutte le questioni delicate, il prezzo del petrolio al barile ha guadagnato quasi il 3%».

fch

(END) Dow Jones Newswires

June 21, 2021 02:55 ET (06:55 GMT)