ROMA (MF-DJ)--Per Mario Draghi l'aumento dei prezzi dell'energia sta diventando una grana seria. Calmierare gli strappi all'insù delle tariffe costa in media 1 miliardo al mese. Il governo ne ha già impegnati 3 per l'ultimo trimestre del 2021, ne aveva messi a bilancio altri 2 nel 2022, ne dovrà aggiungere altrettanti.

Lo scrive La Stampa spiegando che fra le pieghe dei conti pubblici ne ha trovato 1, ne sta cercando un altro: in tutto fa la bellezza di 7 miliardi. Serviranno di nuovo a finanziare il taglio dei cosiddetti oneri di sistema in bolletta (le tasse necessarie a finanziare le energie rinnovabili) e ad alimentare un fondo per le imprese in difficoltà. In ogni caso un intervento che non basta a neutralizzare gli aumenti. Di più: renderà invisibili o quasi i tagli alle aliquote Irpef in arrivo nel 2022.

La speranza di Draghi è che con la fine dell'inverno venga meno anche l'emergenza. Fin qui si sono sommati tre fattori: l'aumento della domanda e dei consumi trainati dalla ripresa, l'anno poco ventoso nei Paesi del Nord, la difficoltà di Mosca ad aumentare le forniture verso l'Europa. Se i tedeschi faranno ripartire le autorizzazioni, in primavera sarà in funzione il secondo gasdotto di North Stream, che bypassa l'attuale tracciato attraverso l'Ucraina. Un'autorevole fonte di governo che chiede di non essere citata spiega: «Se le forniture saranno più stabili, lo dovrebbero essere anche i prezzi». Mai come in questa fase l'Italia e l'Europa pagano la dipendenza cronica nei confronti del gas russo. In una lunga telefonata all'inizio della scorsa settimana, Draghi ha chiesto a Vladimir Putin di aspettarsi «forniture regolari» per il resto dell'inverno.

Draghi, avvertito della tempesta perfetta dal ministro Roberto Cingolani alla fine dell'estate, ha tentato di convincere i partner europei ad una strategia comune, ma senza successo. Il fronte dei nordici ha detto no a tutte le soluzioni: no ad interventi sui prezzi, no agli acquisti comuni, no persino ad una strategia di stoccaggio comune. «Solo su base volontaria», dice il flebile accordo raggiunto ad ottobre. Il paradosso vuole che questa strategia non convenga a nessuno. Ieri sera Cingolani è volato a Bruxelles dove oggi si incontra con i 26 colleghi europei. All'ordine del giorno c'è l'ennesimo tentativo di costruire una soluzione condivisa su acquisti e tariffe. Prima di lasciare definitivamente la cancelleria di Berlino, Angela Merkel si era detta apertamente favorevole ad un sussidio europeo per evitare le oscillazioni dei prezzi. Draghi deve sperare che a marzo la corsa dei prezzi si fermi davvero, pena conseguenze durature sull'andamento dell'inflazione. A novembre in Italia ha sfiorato il 3,8%, in Germania il 6. Fin qui la numero uno della Banca centrale europea Christine Lagarde ha rassicurato i mercati dicendo che si tratta di un «fenomeno transitorio».

Insomma, per l'Italia, uno dei Paesi più indebitati al mondo, l'inflazione non è ancora un guaio, ma presto o tardi potrebbe diventarlo. E nessuno sa se nel frattempo a Palazzo Chigi resterà Mario Draghi, o se invece si trasferirà sul Colle del Quirinale. Non è una differenza di poco conto.

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0210:28 dic 2021

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December 02, 2021 04:28 ET (09:28 GMT)