MILANO (MF-DJ)--Il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha citato gli Stati Uniti nel suo primo discorso alle Nazioni Unite, criticando il Paese per le sanzioni contro l'Iran, gli interventi militari all'estero e l'assalto del 6 gennaio al Campidoglio di Washington.

"Dal Campidoglio a Kabul, è stato inviato al mondo un messaggio chiaro: il sistema egemonico degli Stati Uniti non ha credibilità, né all'interno né all'esterno del Paese", ha detto Raisi.

Il discorso, pronunciato a distanza attraverso un videomessaggio preregistrato e trasmesso ieri all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è stato caratterizzato da un tono significativamente più duro rispetto a quello del predecessore di Raisi, Hassan Rouhani, che aveva cercato una sorta di riavvicinamento con Washington.

Rouhani ha perso popolarità dopo che l'accordo sul nucleare iraniano del 2015 negoziato con l'amministrazione Obama e altre potenze mondiali è quasi crollato in seguito al ritiro da parte dell'amministrazione Trump nel 2018. Tale mossa è stata seguita dall'imposizione delle sanzioni statunitensi contro l'Iran che hanno paralizzato l'economia portato la valuta di Teheran ai minimi storici.

L'accordo del 2015, noto anche come Jcpoa (Joint Comprehensive Plan of Action), aveva revocato le sanzioni economiche all'Iran in cambio di limiti al suo programma nucleare.

"Le sanzioni sono il nuovo modo degli Stati Uniti per combattere le Nazioni del mondo", ha detto Raisi nel suo discorso, aggiungendo che imporre tali sanzioni durante la pandemia di coronavirus equivale a "crimini contro l'umanità".

Anche il presidente Usa, Joe Biden, ha pronunciato il suo primo discorso alle Nazioni Unite come presidente ieri ma ha sottolineato la volontà della sua amministrazione di garantire la "piena conformità" all'accordo sul nucleare se Teheran farà lo stesso. "Gli Stati Uniti rimangono impegnati a impedire all'Iran di ottenere un'arma nucleare. Stiamo lavorando con il gruppo di Paesi P5+1 per coinvolgere diplomaticamente l'Iran e tornare nel Jcpoa", ha detto Biden.

Le osservazioni sono una chiara svolta rispetto alla politica iraniana dell'amministrazione Trump e rappresentano un obiettivo centrale della politica estera della Casa Bianca di Biden: rilanciare l'accordo sul nucleare e l'eredità diplomatica degli anni di Obama. Gli obiettivi dichiarati di Biden hanno scosso i falchi aull'Iran, che mettono in guardia dal fidarsi del regime iraniano o dal consentire a Teheran di arricchire l'uranio.

Nonostante le critiche di Raisi e la sua posizione anti-occidentale di lunga data, il leader iraniano non ha ancora escluso di tornare ai negoziati sul Jcpoa e i colloqui potrebbero essere utili, se non altro, per ottenere la revoca delle sanzioni contro l'Iran. Raisi ha aggiunto ieri che "non ci fidiamo delle promesse fatte dal Governo degli Stati Uniti". I negoziati indiretti iniziati all'inizio di quest'anno, mediati dall'Ue, da allora si sono bloccati.

Tutto questo accade mentre Teheran aumenta le scorte di uranio e il suo arricchimento violando l'accordo del 2015, in risposta alle sanzioni statunitensi. L'Iran ha annunciato alla fine di maggio che stava arricchendo l'uranio al 60%, un drammatico allontanamento dal livello del 3,67% consentito dal Jcpoa.

A seguito della notizia, il direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, ha lanciato l'allarme, dicendo che "un Paese che si arricchisce al 60% è una cosa molto seria, solo i Paesi che producono bombe stanno raggiungendo questo livello". "Il 60% è quasi di tipo bellico, l'arricchimento commerciale è del 2,3%", ha detto Grossi a maggio. Funzionari iraniani sostengono che l'arricchimento è un diritto sovrano del loro Paese e che la loro attività nucleare resta per scopi pacifici e può essere interrotta se gli Stati Uniti revocano le sanzioni.

cos

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September 22, 2021 07:12 ET (11:12 GMT)