Più di un vecchio operatore di Borsa si riconoscerà in questa affermazione, anche tra i più epicurei. Con il tempo e l'esperienza, e con le illusioni perdute, si impara ad apprezzare maggiormente le distribuzioni regolari di liquidità da parte delle società detenute in portafoglio.

Tuttavia, questo non significa che gli investitori non debbano porsi la domanda che è l'oggetto di questo articolo: la società X o Y quotata in Borsa — che già possiedo in portafoglio o nella quale intendo investire — ha un reale interesse a distribuire un dividendo ai suoi azionisti?

La buona notizia è che si può rispondere a questa domanda in modo chiaro e razionale, evitando di cadere in sterili diatribe.

Finché una società genera un elevato rendimento sugli investimenti effettuati per sviluppare le proprie attività, è preferibile che utilizzi le sue risorse a tale scopo piuttosto che restituire capitale agli azionisti. Si veda a tal proposito l’ABC dell'analisi finanziaria: creazione vs distruzione di valore.

Al contrario, una volta che la crescita dell'azienda ha raggiunto un plateau e non è più in grado di generare rendimenti elevati sugli investimenti effettuati per espandere le proprie attività, ha tutto l'interesse a restituire agli azionisti la maggior quantità possibile di capitale in eccesso.

Questo approccio semplicistico deve ovviamente essere qualificato caso per caso. Ad esempio, alcune società riescono a investire ad alto rendimento nella loro espansione e a distribuire una parte significativa dei loro profitti agli azionisti. Per loro, si tratta del miglior scenario possibile.

Allo stesso modo, un'azienda può aver superato il suo apice, o addirittura essere in declino, e non essere ancora in grado di distribuire gli utili che ancora genera. In effetti, una svolta nelle sue attività o un'acquisizione strategica —  entrambe necessariamente ad alta intensità di capitale —  potrebbero consentirle di riprendersi, nel qual caso le preziose risorse che stanno per esaurirsi non dovrebbero essere sottratte alle casse.

L'investitore non può quindi fare a meno di studiare ogni singola situazione e di esercitare il proprio giudizio. Ma se ritiene che il pagamento di un dividendo sia effettivamente legittimo e ottimale, deve prendere alcune precauzioni per garantire che questa distribuzione sia sostenibile e, idealmente, destinata a crescere nel tempo.

La prima di queste precauzioni consiste nel garantire che il cash-flow libero — ancor più del profitto contabile — copra adeguatamente la distribuzione dei dividendi. Si veda a tal proposito l'ABC dell'analisi finanziaria: il rendiconto finanziario.

La seconda precauzione, apparentemente banale ma spesso molto istruttiva, consiste nel verificare lo storico di distribuzione dei dividendi della società nel lungo periodo. Le aziende che hanno distribuito dividendi in costante aumento per diversi decenni — le famose “aristocratiche dei dividendi” — sono destinate ad avere un profilo più incoraggiante rispetto a quelle con una storia di pagamenti irregolari.

Al di là delle cifre, è impossibile farsi un'idea pertinente della legittimità del dividendo senza comprenderne la base, ossia l'attività della società e le sue prospettive. Non importa quanto sia succoso il rendimento del dividendo e quanto sia ben coperto sulla carta: se l'attività si contrae, la distribuzione degli utili ne risentirà inevitabilmente.

L'analisi dei numeri e dei rapporti è quindi solo un primo passo.