Di Stefano Da Empoli, presidente Istituto per la Competitività (I-Com)

ROMA (MF-DJ)--Nonostante la radicale trasformazione derivante daI digitale e dal cambiamento delle abitudini di consumo, in atto ormai da oltre venti anni con una significativa accelerazione negli ultimi dieci, culminata nelle fasi pandemica più acuta, il settore media continua a esercitare un ruolo fondamentale non solo per la democrazia ma anche per l'economia dei Paesi più avanzati, con un peso diretto e indiretto sul pil del 2,4% nel caso italiano. Al contempo tuttavia si assiste a un'evidente erosione della fiducia dei cittadini nei confronti dei mezzi di informazione, acuita da un'elevata esposizione alle fake news, e una limitata disponibilità a ricevere notizie e opinioni a pagamento (fenomeno senza confini nazionali ma che in Italia è ancora più accentuato che altrove).

Da questo apparente paradosso parte lo studio Emfa. Securing an independent and transparent media sector across Europe, realizzato da PromethEUs, la rete di think tank dell'Europa meridionale composta dall'Istituto Reale Elcano (Spagna), I-Com - Istituto per la Competitività (Italia), Iobe - Fondazione per la Ricerca Economica e Industriale (Grecia) e dall'Istituto di Politiche Pubbliche - Lisbona (Portogallo), presentato nei giorni scorsi a Bruxelles presso il Parlamento Europeo. Il paper affronta l'impatto economico dell'industria dei media, le recenti tendenze in materia di libertà e pluralismo dei media e gli effetti geopolitici e regolamentari dell'European Media Freedom Act, la proposta di regolamentazione del settore dei media pubblicata dalla Commissione Europea il 16 settembre 2022. Che per sostanza ma anche per forma (un regolamento anziché una direttiva, per togliere spazio di manovra agli stati membri in fase di recepimento) rappresenta un atto di coraggio e per certi versi anche di sfida nei confronti soprattutto di alcuni Paesi, a cominciare da Polonia e Ungheria, nei quali l'erosione delle istituzioni democratiche è andata di pari passo con un controllo sempre maggiore dei governi sui mezzi di informazione. Sempre negli scorsi giorni è uscito il rapporto 2022 dell'International Institute for Democracy and Electoral Assistance (Idea) sullo stato delle istituzioni democratiche nel mondo, che sulla base di un'indice che tra i suoi parametri include l'integrità dei media cita appunto Polonia e Ungheria tra i Paesi la cui situazione si sta deteriorando più seriamente, insieme a El Salvador e Brasile.La proposta della Commissione stabilisce paletti per garantire la piena indipendenza dei fornitori di servizi media, dalla trasparenza nell'assegnazione di pubblicità da parte dei governi e nella struttura proprietaria a linee guida per il servizio pubblico e a un ruolo delle autorità di regolamentazione dei media nel controllo delle concentrazioni nel settore (al fianco delle autorità antitrust).

Insieme a molte questioni tecniche, sono due i nodi più evidenti che ci auguriamo il dibattito in Parlamento e Consiglio Ue possa migliorare.In primis, occorrono strumenti di controllo e sanzione più rigorosi, provando almeno in parte a centralizzare l'enforcement. Si è deciso di creare un nuovo board europeo che prenderà il posto dell'attuale Erga ma le competenze principali continuerebbero ad averle gli stati membri.Inoltre, la proposta interviene su temi oggetto di una fitta legislazione nell'ultimo lustro, tra cui la revisione della direttiva Avms, la direttiva copyright, il regolamento P2B e da ultimo il Dsa e il Dma. Dunque, occorrerebbe scongiurare il rischio che la proposta di regolamento impatti, o addirittura si possa porre in contraddizione, come da più parti paventato, con strumenti normativi che sono ancora in fase di attuazione. Garantendo agli operatori la necessaria certezza del diritto, caposaldo di un sistema liberaldemocratico. Che è appunto quello che la proposta prova a puntellare in un'area chiave come quella dei media.

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0109:01 dic 2022


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