Energia: i prezzi del petrolio stanno cedendo alla forza del dollaro USA e ai timori di un rallentamento della crescita della domanda nel 2025. Il Dollar Index ha raggiunto il livello più alto degli ultimi due anni, esercitando una pressione al ribasso sui prezzi del petrolio e, più in generale, sui prezzi delle materie prime denominate in dollari. Il prezzo del Brent è sceso a quasi 72 dollari, perdendo circa il 3% in cinque giorni. La stessa tendenza si è registrata per il WTI statunitense, che nello stesso periodo è sceso del 4,60%, scendendo sotto i 70 dollari al barile.

Metalli: anche qui, l'aumento del dollaro ha avuto ripercussioni sui metalli di base. A Londra una tonnellata di rame viene scambiata a 8.940 dollari (prezzo spot). Il clima è pesante in vista della fine d'anno, come dimostra l'alluminio, che ha registrato cinque sedute consecutive di ribasso a 2.534 dollari (sempre prezzo spot). In calo anche lo zinco (2.971 dollari) e il piombo (1.980 dollari). L'oro non se la passa molto meglio: il metallo dorato sta subendo anche la concorrenza dei rendimenti obbligazionari, che negli Stati Uniti continuano a salire, con i T-Bond che offrono ormai un rendimento del 4,54%, il livello più alto da maggio 2024. L'oncia d'oro è scambiata a 2.600 dollari.

Prodotti agricoli: tra le soft commodities, questa settimana a Chicago il prezzo del grano ha continuato la sua spirale ribassista a 535 centesimi per bushel (contratto con scadenza marzo 2025), mentre il prezzo del mais si è stabilizzato a 440 centesimi. Il cacao, invece, ha raggiunto un nuovo massimo a metà settimana, a 12.000 dollari alla tonnellata.