MILANO (MF-DJ)--"Chanel è per metà italiana". Bruno Pavlovsky, presidente delle attività moda della maison della doppia C, ama sottolineare questo concetto. Se il Dna del marchio risiede nel cuore di Place Vendôme, a Parigi, è infatti l'Italia a contribuire in maniera significativa al suo successo. Come dimostra l'investimento in nove partner produttivi locali, l'intenzione di consolidare ulteriormente la rete manifatturiera tutelando la filiera e, non ultimi, la scelta di sfilare a Firenze con la replica della collezione Metiers d'art, nonché un accordo con il Politecnico di Milano.

Progetti che fanno parte del presente e del futuro di Chanel, che ha recentemente diffuso i dati di un bilancio 2021 in piena salute con ricavi per 15,6 miliardi di dollari, in progressione del 50% sul 2020. Pronta a consolidare il suo impegno nella sostenibilità e ad affrontare le nuove sfide del metaverso e della blockchain, solo quando le si potrà sviluppare à la Chanel maniera, ovvero nel segno dell'eccellenza. Come ha spiegato in questa intervista a MFF lo stesso Pavlovsky, in occasione dello show fiorentino.

D.: È un momento particolare in cui ognuno vuole tornare a sfilare in giro per il mondo.

R.: Così pare. A novembre siamo stati abbastanza fortunati da poter andare a Dubai a presentare la cruise. Siamo poi stati felici di sfilare a Firenze, è la prima volta che facciamo qualcosa qui, è così bello. È l'inizio di una ripartenza.

D.: Cosa rappresenta l'Italia per voi?

R.: Chanel è per metà italiana. Realizziamo qui buona parte della produzione e abbiamo i nostri due grandi magazzini di stoccaggio, uno in Francia e uno in Italia, vicino a Milano. Questo serve per essere al fianco della nostra supply chain. Dividiamo il rischio tra Italia e Francia. Così quando la Francia è in lockdown speriamo di poter lavorare in Italia e viceversa. Entrambi i Paesi sono importanti, anche se diversi. L'artigianato non è lo stesso ovunque. La Francia è più façonnier, l'Italia ha più esperienza nella maglieria. Nel vostro Paese ad esempio sta crescendo molto la produzione di calzature e di piccola pelletteria, abbiamo diversi partner e da questo è dipesa anche la decisione di sfilare qui con la Métiers d'art.

D.: Sono nove le vostre aziende partner in Italia, corretto?

R.: Esatto ma abbiamo anche altri accordi produttivi. Dobbiamo molto non solo alle aziende che abbiamo acquisito ma anche a tutti i fornitori che lavorano con noi, in maniera più diretta o meno. Il numero di persone che in Italia lavora per Chanel è alto e ci piace considerarli tutti come dei partner.

D.: A Firenze circola un rumor che vi darebbe prossimi all'acquisizione di Leo France. Come lo commenta?

R.: È uno dei nostri partner più storici in Italia. Non vogliamo parlare di shopping nei suoi confronti, vogliamo solo continuare a consolidare questa relazione in futuro.

D.: Questo è anche un modo per proteggerli, a volte le piccole realtà necessitano dell'aiuto di grandi gruppi.

R.: Fa parte del nostro lavoro. Se c'è qualcosa che non va, noi ci siamo sempre. Mi piace ricordare che, quando è scoppiato il Covid, ci siamo comportati allo stesso modo sia con i nostri lavoratori in Francia sia con quelli in Italia. E penso che questo sia l'atteggiamento che debba avere un partner dalle spalle solide. Ovvero supportare le persone con cui si lavora, essere sicuri che in futuro possano continuare a svolgere la loro attività.

D.: Cosa vede nel futuro di Chanel?

R.: Essere sempre i numeri uno. Continuare questo sviluppo, creare un link emozionale con le persone, dare vita al sogno e, ovviamente, supportare nel modo migliore Virginie (Viard, direttore creativo della maison, ndr) perché possa continuare a disegnare e a portarci sulla sua strada. Ci auguriamo di rappresentare il meglio del lusso e, parallelamente, di essere i più sostenibili. Ma è un lungo viaggio. Il lavoro è convincere i nostri partner che dobbiamo muoverci rapidamente in questa direzione, non abbiamo scelta. Vogliamo parallelamente garantire la felicità di tutti, dei clienti, dei nostri dipendenti, dei nostri partner. Per questo dobbiamo motivarli ed essere sicuri che oggi lo siano appieno.

D.: Come sta cambiando il cliente? È effettivamente più attento alla sostenibilità?

R.: Penso stia cambiando, passo dopo passo. Prima di tutto è attento alla qualità del prodotto. Il cliente sta diventando più esigente in generale e, in particolare, con Chanel. Mi aspetto che chiederà sempre di più le prove che un materiale, per esempio, sia sostenibile. Prepararsi a questa sfida sarà complesso ma è molto interessante far parte di questo cambiamento. Dobbiamo anche preparare tutti i nostri dipendenti e fornitori a usare questi tools e assicurarci che facciano le giuste scelte.

D.: Avete siglato di recente un accordo con il Politecnico di Milano.

R.: È affascinante, abbiamo iniziato qualche anno fa a lavorare con le università. Siamo sicuri che il futuro si costruisca lì, a partire dagli studenti.

D.: Perché loro guardano le cose con occhi differenti.

R.: Esattamente. Con una diversa prospettiva. Non serve insegnare la sostenibilità. Loro la esigono. E la domanda è sempre come possiamo ottenerla, non se dobbiamo ottenerla. Il cuore di questo progetto è coinvolgere i migliori studenti e fare in modo che i nostri dipendenti apprendano da loro.

D.: Lavorare con il Politecnico è sempre un omaggio all'Italia.

R.: In Francia abbiamo accordi con più di 40 scuole di ogni tipo. In Italia con circa sei/sette. Lavoriamo con loro a seconda delle esperienze che offrono su progetti specifici. È importante che Chanel sia connesso con le nuove generazioni.

D.: State avendo un grande successo. Siete cresciuti del 50% sul 2020 e l'inizio del 2022 sta andando ancora meglio. Qual è il segreto dietro questa progressione?

R.: Una strategia molto solida, basata sulla creatività, sull'avere uno storytelling di impatto sul consumatore. Virginie ha molto talento e il suo lavoro è apprezzato dai nostri clienti, anche dalle giovani generazioni.

D.: Perché?

R.: È una donna che disegna per le donne, vuole renderle felici. Desidera che Chanel sia al top e questo fa la differenza. Ma attorno a lei ci sono tante iniziative che ci permettono di essere forti. E questo contribuisce al nostro successo ora.

D.: Se si guarda a un brand come Chanel a volte non ci si rende conto di tutto lavoro che comporta essere così grandi.

R.: Non è mai facile ma siamo fortunati, abbiamo un team straordinario. Le persone sono felici di essere qui, di dare il loro contributo. Puoi essere molto demanding ma essere felice e questo le persone lo sentono. Anche le nuove generazioni con cui ci interfacciamo devono capire che Chanel è demanding ma è un'azienda diversa dalle altre.

D.: Cosa pensa della blockchain?

R.: È un'ottima tecnologia. Il principio è molto interessante. Stiamo però cercando di sviluppare tutti questi progetti alla nostra maniera, senza fretta, per fare le scelte giuste. Abbiamo iniziato a implementare la blockchain lavorando sulla tracciabilità dei materiali.

D.: Crede nel metaverso?

R.: Il punto non è crederci o meno. Il metaverso è qui e dobbiamo trovare il modo per lavorarci. Ma qual è l'etica per un marchio come Chanel dietro questa nuova tecnologia? Nelle boutique c'è un limite per pagare cash e si usano carte di credito. Alcuni brand accettano criptovalute ma con le criptovalute non si sa con chi parli. Come è possibile? Per me prima bisogna capire il lato etico poi probabilmente potremo maturare delle belle esperienze.

red

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2909:04 giu 2022


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