MILANO (MF-DJ)--Prosegue la fase interlocutoria dell'azionario europeo.

Milano segna un -0,25%.

Prevale la cautela alla luce del tema Evergrande; sullo sfondo, l'attenzione resta sull'andamento della pandemia e sull'aumento dei prezzi dell'energia e delle materie prime, con conseguente impatto sull'inflazione.

Il focus resta sempre sulle trimestrali: finora, sottolinea Michael Hewson, Chief Market Analyst di CMC Markets, sono state incoraggianti, ma l'aumento dei costi dell'energia e delle materie prime potrebbe penalizzare i dati dell'ultimo trimestre dell'anno.

Ad ogni modo, "nonostante i timori sul ciclo economico, le cifre di crescita del Pil per il 2021 rimangono molto positive con il 5,9% in America e il 5% in Europa come stimato dalle Banche Centrali. È normale, infatti, che in una fase di metá ciclo si osservino tassi di crescita inferiori rispetto alle fasi iniziali di espansione economica. Riteniamo quindi che siamo ancora lontani dal rischio di stagflazione. La possibilitá di cadere in uno scenario di stagflazione è prematura e irrealistica, soprattutto considerando i dati macro", afferma Gianluca Ungari, Head of Portfolio Management Italy di Vontobel.

Sul fronte dei dati macro, si segnalano dagli Usa alle 14h30 le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione e l'indice Fed Filadelfia di ottobre, mentre alle 16h00 verrá reso noto il superindice di settembre. Passando all'Eurozona, sempre alle 16h00 è in agenda l'indice di fiducia dei consumatori a ottobre.

"Le Banche Centrali e i Governi hanno dato prova negli ultimi due anni di aver agito in modo corretto (anche se non sempre tempestivo). Non ci sono fondati motivi per i quali non dovrebbero continuare a farlo. I mercati ne hanno preso atto", sottolinea Antonio Tognoli, Responsabile Equity Research di Integrae Sim.

"La riduzione della disoccupazione è uno degli obiettivi della Fed e dell'Amministrazione Usa. La politica economica pre-pandemia, come ha avuto modo di precisare la Yellen, aveva portato il tasso di disoccupazione al 3,5%, quindi al di sotto il livello medio del 5% indicato dagli economisti come rappresentativo dell'economia Usa, senza che questo generasse spinte inflazionistiche. I dati del mese scorso indicano che l'obiettivo del 5% è stato raggiunto, ma non ci sono indicazioni che la Fed e l'Amministrazione Usa siano intenzionati a raggiungere nuovamente al livello pre-pandemia. Del resto, ci sono alcune differenze di non poco conto tra il 5% di oggi e il 3,5% del 2019: le spinte salariali (nell'ultimo anno le retribuzioni Usa calcolate utilizzando la paritá del potere d'acquisto sono cresciute del 4,5%), che si fanno sempre piú concrete e aprono la strada ad un aumento generalizzato dei prezzi, l'energia il cui prezzo non accenna a diminuire (che ha raggiunto livelli che non si vedevano dal 2008) e quello delle materie prime, sempre piú scarse", commenta l'esperto.

"In altre parole", spiega Tognoli, "la differenza è l'inflazione, che appare oggi molto piú insidiosa del 2019, perchè arriva da tutte le componenti produttive: lavoro, energia e materie prime. E ben presto, potrebbero arrivare anche dal costo del capitale (secondo Powell, la Fed sarebbe pronta ad aumentare i tassi nella seconda parte del 2023, una volta finito il tapering). Le imprese dovranno quindi fare i conti con crescenti costi dei fattori produttivi. Questo genera una crescita dei prezzi di vendita di beni e servizi che a loro volta interagiscono con i costi di produzione di altri beni e servizi, influenzandosi reciprocamente. Il risultato finale è una spirale di crescita di costi e prezzi che si autoalimenta. Difficile che in questo scenario le imprese siano in grado di mantenere i profitti".

Per Tognoli c'è comunque "ancora tempo per evitare questo scenario", ma "occorre una manovra a tenaglia, in prima battuta politica (non è un mistero che la Cina abbia fatto incetta di materie prime sostenendone i prezzi e che l'arrivo del petrolio iraniano sul mercato ridurrebbe l'incremento dei prezzi energetici) che agisca sul lato dell'offerta in modo da consentire una minore spinta inflazionistica da costi. Allo stesso tempo, occorre agire sul lato della domanda. In primis le Banche centrali dovrebbero ridurre la qualitá di moneta in circolazione (e con l'avvio del tapering questo è stato deciso) e in seconda battuta occorrerebbe cercare di non far aumentare troppo i salari, altrimenti aumenterebbero i consumi. Anche la politica fiscale può concorrere al controllo dell'inflazione", così come la spesa pubblica.

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(END) Dow Jones Newswires

October 21, 2021 05:02 ET (09:02 GMT)