ROMA (MF-DJ)---Il 2021 parte male per i consumi. Il prolungamento delle

restrizioni, infatti, porterá a registrare nel primo trimestre di

quest'anno una spesa per consumi inferiore di 15 miliardi di euro rispetto al primo trimestre del 2020. Un colpo ulteriore ad un sistema giá profondamente provato: nel 2020 la pandemia ha infatti cancellato 105

miliardi di euro di consumi, una cifra che, da sola, ha comportato una

riduzione del Pil del 6,1%.

A stimarlo è Confesercenti, che in una nota sottolinea che la caduta

dei consumi è prevalentemente determinata dalle restrizioni e dalla

grande prudenza con cui le famiglie stanno affrontando l'emergenza

sanitaria, su cui pesa anche l'incertezza generata dal susseguirsi

continuo di nuovi provvedimenti. A pagarne lo scotto, soprattutto, le

imprese del commercio, del turismo e della ristorazione, che sono state le piú colpite dalla recessione pandemica con una diminuzione media del

valore aggiunto del 16,2%, a fronte del -9,6% registrato dalle altre

imprese.

Un problema per la crescita, visto che si riduce fortemente la quota di

Pil generata da questi comparti: si passa dal 6,2 al 4,4% del Pil per

"Alberghi e pubblici esercizi"; dal 4,2 al 3,3% per la "Ricreazione e

cultura"; dal 3,7 al 3% per l'Abbigliamento. Dinamiche che evidenziano

l'attuale impossibilitá dei consumi interni di spingere la crescita

dell'economia italiana, come hanno sempre fatto, visto che valgono il 60%

del nostro Pil. Senza una loro decisa ripresa, quindi, l'economia del

Paese entrerá in una spirale discendente da cui sará difficile uscire.

"Lo stop dei consumi, effetto delle restrizioni e dell'incertezza

generata dall'emergenza pandemica, ha gettato le imprese del terziario in

una crisi senza precedenti. I prossimi mesi rischiano di vedere aumentare

drammaticamente il numero di cessazioni delle attivitá, in particolare

quelle di prossimitá e legate alla filiera turistica", commenta Patrizia

De Luise, presidente di Confesercenti. "Il Recovery plan si occupa di

molte cose -continua- ma non si prevedono interventi diretti per

commercio, alloggio e ristorazione, per i quali il piano genererebbe

ricadute positive solo sul medio lungo periodo. Purtroppo, però, c'è un

problema urgente di tenuta del sistema imprenditoriale".

"In questo contesto, la prioritá deve essere permettere alle imprese di

lavorare nella massima sicurezza, appena possibile, anche implementando

nuovi protocolli piú efficaci nel contenimento del rischio

epidemiologico. Se invece si sceglie di sacrificare pubblici esercizi,

imprese turistiche e commercio per limitare la circolazione dei cittadini, e quindi a vantaggio del bene comune, dobbiamo cambiare passo sui sostegni. Bisogna superare assolutamente il criterio di scelta in base al codice Ateco, che è stato un fallimento ed ha lasciato fuori troppe imprese", spiega De Luise.

"Basta anche con i dl ristori "a puntate": serve un intervento di

largo respiro, con piú risorse ed un cronoprogramma chiaro, per dare alle

attivitá la certezza di sostegni sufficienti a portarle oltre al fine

dell'emergenza sanitaria. Un intervento che deve affrontare anche il nodo

dei costi fissi, dagli affitti alle utenze - la stessa Ue prevede per gli

Stati membri la possibilitá di aiuti fino al 90 per cento delle spese

fisse sostenute per le piccole imprese in difficoltá - e quello del

rilancio del tessuto imprenditoriale, prevedendo anche misure per la

ricollocazione e la riconversione intelligente delle attivitá", conclude.

liv

(END) Dow Jones Newswires

January 13, 2021 09:02 ET (14:02 GMT)