R. I processi regolamentari richiedono ovviamente tempo perché non si possono accettare compromessi sulla qualità legislativa o delle indagini. Ciononostante, abbiamo velocizzato la nostra azione. Nel caso relativo al marketplace di Amazon abbiamo raggiunto le prime conclusioni in meno di un anno così come nel caso relativo ai servizi di streaming musicale di Apple. Quando il Digital Market Act (Dma) sarà approvato e applicabile credo però che potremmo accelerare ancora.

D. In che modo?

R. La designazione delle aziende gatekeeper sarà il punto di svolta. L'accertamento della posizione dominante di una piattaforma è indispensabile per applicare divieti e obblighi di comportamento, ma richiede molto tempo. Nel caso di Apple, per esempio, abbiamo dovuto provare che la società, nonostante controlli «soltanto» il 30% del mercato smartphone europeo, ha un monopolio sugli app store rispetto ai possessori di iPhone. Il Dma ci permetterà di saltare questo passaggio perché assegna sin dall'inizio doveri e proibizioni per i gatekeeper, cioè per i big tech che risulteranno dominanti.

D. L'applicazione delle leggi antitrust presuppone l'identificazione di un danno per i consumatori, perlopiù in termini di aumento dei prezzi. Le big tech, o overt the top che dir si voglia, offrono però soprattutto servizi gratuiti, almeno in apparenza. Non crede sia ora di aggiornare i principi antitrust per tener conto delle evoluzioni del mercato?

R. I comportamenti anti-concorrenziali delle grandi piattaforme ostacolano lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi o più economici da parte dei competitor, causando alla fine un danno ai consumatori. Apple, per esempio, impone una commissione del 30% sugli abbonamenti alle app di streaming musicale sottoscritti tramite l'App Store degli iPhone e impedisce a questi sviluppatori di entrare in contatto diretto con i clienti per offrire loro alternative più economiche. La combinazione di questi due fattori rende molto più difficile per Spotify, Deezer e altre app affermarsi come concorrenti reali di Apple Music e non solo perché i loro prodotti sono il 30% più cari. Se non puoi avere il controllo del rapporto con i clienti attuali e potenziali, chi avrà interesse a investire nella tua innovazione?

D. Come il Digital Market Act cambierà questa situazione?,

R. Quando entrerà in vigore, il Digital Market Act imporrà l'obbligo di ospitare più app store sugli smartphone, spezzando questo monopolio e moltiplicando l'offerta per i consumatori. Io vivo a Bruxelles e se non sono contenta dei prezzi dei supermercati Delhaize posso andare al Carrefour. Un consumatore insoddisfatto dei prezzi dell'App Store non ha altro negoziante online a cui rivolgersi.

D. Avete mai pensato di procedere allo spezzatino delle big tech? Nel caso avreste gli strumenti per farlo?

R. La Commissione Europea dispone di strumenti legali per procedere al break-up (spezzatino appunto, ndr) se accerta che la distorsione del mercato è grave e non esistono altri rimedi efficaci per ripristinare la concorrenza. Consapevoli di quali obiettivi vogliamo raggiungere e in che tempi, però, abbiamo optato per un'altra strategia con Digital Market Act e Digital Service Act: sappiamo cosa vogliamo ottenere e pensiamo che possiamo ottenerlo abbastanza velocemente. Imporre invece a una società di disinvestire da un business è una decisione davvero di vasta portata, che inevitabilmente porterebbe a un ricorso d'urgenza alla Corte Ue da parte della compagnia interessata, volto a bloccare la misura. E ritengo, ma questa è mera speculazione, che la Corte sarebbe piuttosto disponibile ad accogliere simile istanza alla luce delle conseguenze dirompenti e ineliminabili di un disinvestimento. Si rischierebbe così di bloccare ogni iniziativa in attesa della definizione di un lungo giudizio, mentre noi non possiamo permetterci di aspettare: il mercato deve esser aperto ora che stiamo entrando in questa fase industriale della digitalizzazione. È per questo che sto cercando di instillare un senso di urgenza in tutti gli attori coinvolti nel processo legislativo e di innovazione.

D. Non temete che la proposta di Regolamento sugli over the top (il Dma), contro le distorsioni causate dai sussidi pubblici stranieri possa scoraggiare gli investimenti esteri in Europa proprio quando le imprese hanno più bisogno di risorse per crescere e innovare?

R. Gli investimenti diretti esteri sono più che benvenuti in Europa che ne è già prima destinazione al mondo. Il nuovo regolamento non intende scoraggiarli, ma ristabilire condizioni di equità nella concorrenza. I Paesi membri dell'Unione Europea e le imprese che vi hanno sede hanno accettato ormai da 60 anni di sottoporsi a regole e controlli sugli aiuti di Stato per evitare frammentazioni e squilibri nel mercato interno. Non devono perciò subire la concorrenza sleale di aziende straniere che utilizzano sussidi statali per effettuare acquisizioni o aggiudicarsi bandi pubblici in Europa. È una situazione più comune di quanto si pensi: il regolamento affronta quindi il pericolo reale che si creino squilibri nel campo di gioco dell'Unione europea.

D. Qual è il suo giudizio sulla proposta dell'amministrazione Biden di una tassa minima globale sulle multinazionali? Rafforzerà anche la concorrenza?

R. L'idea di pagare le tasse dove si produce valore e di un'aliquota minima globale è senza dubbio una svolta e risponde a esigenze ineludibili di equità e giustizia fiscale. Il giudizio definitivo dipende però da come verrà disegnata la base imponibile: se è ridotta si pagano poche tasse anche con aliquote alte; se invece è ampia si pagano molte imposte anche con aliquote basse. Staremo a vedere, come dicono in Regno Unito «the proof of the pudding is in the eating» (provare per credere, ndr). Se si raggiungerà un compromesso soddisfacente, proseguiremo con la tassa digitale che è parte del piano di finanziamento del piano di rilancio europeo, ma terremo conto dell'imposta minima globale nel calibrarla.

D. A proposito di Next Generation Eu: uno degli obiettivi del piano di rilancio è creare dei campioni europei in grado di competere alla pari con i concorrenti cinesi e americani. Questo fine cambierà il vostro approccio alle operazioni di concentrazione in Europa?

R. Il nostro punto di riferimento restano sempre i consumatori e la loro possibilità di scelta: esiste un'alternativa per il bene o il servizio se i prezzi salgono? Questo ci permette un giudizio dinamico e attinente alla realtà quotidiana: se come sembra i consumatori percepiranno sempre più di muoversi in un mercato globale, ci regoleremo di conseguenza. Resta il fatto che un'impresa può essere grande e anche fondersi con un'altra per diventare ancora più grande, ma non deve mai essere senza rivali: la sfida della concorrenza è lo stimolo necessario a migliorare continuamente prodotti e servizi e a offrirli ai migliori prezzi possibili ai propri consumatori, che siano persone fisiche o imprese.

D. Un'ultima domanda: cosa ne pensa del progetto Superlega immaginato da alcuni club europei?

R. Non mi intendo molto di calcio, ma tendo a pensare che per costruire una Lega servono dei club e al momento questo requisito manca.

Il tempo concesso per l'intervista è finito. Margrethe Vestager sorride, beve un sorso di una bibita la cui marca è debitamente nascosta, e saluta. Si prepara a una nuova, piena giornata di lavoro. La concorrenza leale è un principio di democrazia economica che va garantito sempre, senza abbassare la guardia.

fch

(END) Dow Jones Newswires

June 07, 2021 02:12 ET (06:12 GMT)