MILANO (MF-DJ)--Negli ultimi 35 anni anni, hanno vinto coloro che hanno avuto fiducia nelle azioni quotate dei grandi mercati americani, e coloro che hanno avuto fiducia nello stato italiano. Resta indietro l'investimento nei titoli Piazza Affari che, di poco, non va neanche oltre il tasso di inflazione.

Questi sono alcuni dei risultati dell'elaborazione effettuata dall'ufficio studi di Milano Finanza, che ha comparato i tassi medi di rendimento annui dei principali mercati accessibili agli investitori italiani, dal 1986 a oggi.

Le azioni di Wall Street, senza calcolare i dividendi accumulati, si sono rivalutate ogni anno dal novembre 1986 a un tasso vicino alle due cifre (11,34% i titoli tech del Nasdaq e 8,78% i titoli del Dow Jones). Per chi ha avuto la pazienza di mantenere il timone nella stessa direzione in Europa anche le azioni della borsa di Francoforte (7,09%) hanno fatto meglio dei titoli di Stato italiani. I 100 euro investiti in Btp (Indice Ftse Mts - ex Bankitalia Btp) alla fine del 1986, valgono 900 euro alla fine del 2021 (corrispondenti al 7% di rendimento annuo), mentre 100 euro investiti a Wall Street sono diventati una piccola fortuna, 4.295 euro per i componenti dell'indice Nasdaq e a 1.907 euro per i 30 titoli del Dow Jones Industrial Index.

Molto meno azzeccata è stata per gli investitori la scelta di puntare sulle azioni quotate a Piazza Affari. Le azioni di Milano (2,03% medio annuo compresi i dividendi lordi) non sono andate oltre il livello minimo di protezione dall'inflazione media nello stesso periodo (2,55%).

Nella classifica dei top performer di Europa e Usa troviamo in testa, il colosso delle assicurazioni sanitarie United health (+149.522%) con Microsoft (+85.414%) e Apple (+56.139%). Una graduatoria che indica anche il cambiamento dei modelli di busines in relazione alla capacità di creazione del valore in modo trasversale. Il primato delle due società tecnologiche, infatti, si è basato sulla capacità di presidiare il controllo dei sistemi operativi di reti e pc ma poi, nella fase più recente, anche nell'intuire la necessità di affiancare la produzione integrata di dispositivi di nuova generazione, gli smartphone nel caso del big di Cupertino.

Oggi come allora, a beneficiare dei flussi di capitali degli investitori, grazie anche alla enorme massa di liquidità immessa nel sistema finanziario dopo la crisi sanitaria, sono i nuovi big tech dell'economia globalizzata. Ad Apple e Microsoft si sono aggiunti Amazon, Google e Facebook (oggi Meta).

Per trovare i protagonisti emersi nello scorcio di tempo più vicino occorre guardare alle classifiche di periodo inferiore che evidenziano i casi di storie escluse dalle classifiche di lunghissimo periodo. Estendendo l'analisi anche ai 10 anni i migliori sono stati infatti Tesla +18.547%, Nvidia +7.034%, Dexcom +6.107%, Netflix +5.643%, Align +2.540% e Adobe +2.141 considerando solo il listino tecnologico del Nasdaq. Tra i big del principale listino di New York il primato decennale va invece a Microsoft +1.493%, Home Depot (+1148%) ed Apple +1.146%.

A brillare di più sono stati, dunque, i titoli delle società tecnologiche e quelle legati alla cosiddetta bolla internet, tutti fenomeni speculativi, come si diceva, da cui stare alla larga all'inizio degli anni 2000 richiamando il terrore del primo grande crash del 1929. Ma la lunga marcia del mercato ha sempre proseguito sulla stessa linea di crescita anche dopo tutte le grandi crisi di borsa, con crolli improvvisi avvenuti in pochi giorni (da quello dell'ottobre 1987 agli altri di agosto 1998, settembre 2001, ottobre 2002, marzo 2009 e naturalmente dell'aprile 2020)

fch

(END) Dow Jones Newswires

December 13, 2021 02:03 ET (07:03 GMT)