MILANO (MF-DJ)--Negli ultimi vent'anni l'Europa ha perso terreno nella finanza globale vedendo le proprie banche indietreggiare nelle classifiche a vantaggio degli istituti americani e cinesi. Se dalla crisi russa uscirà un mondo meno globalizzato e più multipolare, il Vecchio Continente avrà bisogno anche di campioni in grado di competere alla pari con Jp Morgan o Goldman Sachs. Ne è convinto Luigi de Vecchi, chairman banking, capital markets and advisory Emea di Citi.

Domanda. Che quadro macroeconomico osserva oggi in Europa?

Risposta. Ho l'impressione che potremmo essere alla vigilia di una tempesta perfetta. Abbiamo un insieme di fattori che destano preoccupazione: da un punto di vista geopolitico la probabile fine dell'epoca della globalizzazione; il significativo aumento dei prezzi delle materie prime - in particolare dell'energia - a cui consegue una spinta inflazionistica e una diminuzione del potere di acquisto; l'aumento dei tassi d'interesse in un mondo in cui post Covid i livelli di indebitamento sono già significativi. Tutti questi fattori di discontinuità porteranno a un nuovo ordine. Prima di arrivarci dovremo però necessariamente passare attraverso una fase di disordine come quella attuale.

D. Che nuovo ordine si aspetta?

R. Sarà un ordine in cui il mondo verrà suddiviso in due o tre macro-aree di influenza. Avremo un primo polo americano che rimarrà molto forte perché capace di sussistenza in campo alimentare, energetico, industriale e finanziario e un secondo polo cinese in forte ascesa in tutti i campi. Questi due poli si contenderanno, auguriamoci pacificamente, l'egemonia sul pianeta. Bisognerà quindi capire se assisteremo alla creazione di un vero e proprio terzo polo europeo. L'Europa dovrà trovare la forza di riformare la propria governance per gestire una crisi che si annuncia potenzialmente epocale sul fronte della difesa e su quello energetico. È un momento molto delicato in cui gli esatti confini tra questi poli sono molto difficili da prevedere. Tali incertezze avranno implicazioni decisive per l'industria e per la finanza. Pensiamo per esempio al tema del reshoring che abbiamo già vissuto durante la pandemia e che a fronte di un mondo più frammentato e conflittuale potrebbe accelerare.

D. Che ruolo giocherà l'Europa in questo scenario?

R. Oggi l'Europa deve gestire problematiche molto complesse come quella del costo dell'energia, che nel medio termine può incidere sulla competitività dell'industria. Guardando a un'ottica di lungo periodo, l'Unione dovrà impegnarsi nella creazione di campioni europei nei settori trainanti dell'economia, dalla difesa alla cybersecurity, dall'intelligenza artificiale ai semiconduttori, dalle reti infrastrutturali dell'energia e dei trasporti alle diverse filiere produttive in particolare nei nuovi settori della economia sostenibile. Non è più immaginabile un'Europa che non sia indipendente dagli altri blocchi in questi settori. Il concetto chiave deve diventare Europa First e questo momento storico, con Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz alla guida delle tre maggiori nazioni europee, potrebbe rivelarsi particolarmente propizio.

D. Si aspetta campioni finanziari europei?

R. Sicuramente dopo la crisi del 2008 si è vista una graduale perdita di peso dei player europei nel contesto globale. La conseguenza è che, dal 2008 al 2022, gli istituti americani e cinesi si sono ritagliati una quota di mercato sempre più significativa. Il mondo delle banche d'affari, per esempio, è sempre più dominato dagli americani. Per le banche commerciali, invece, se guardiamo alla capitalizzazione di mercato nel 2000 quattro delle prime 10 banche globali erano europee, oggi le prime 15 sono americane o cinesi. Finora il regolatore europeo si è concentrato soprattutto sulla patrimonializzazione e non si può dire che abbia facilitato i processi di fusione. Il consolidamento però rimane una tappa obbligata e nei prossimi anni mi aspetto la nascita di tre o quattro campioni europei.

D. I risultati del primo trimestre fanno registrare una battuta d'arresto all'investment banking globale?

R. C'è stata senza dubbio una contrazione molto forte dei volumi con cali del 40/50% rispetto al picco record dello scorso anno. Tutto è legato all'incertezza di cui sopra, che ha portato a un aumento generalizzato del costo del capitale. Oggi qualunque cda rimanda gran parte delle decisioni su operazioni strategiche a tempi in cui vi sarà maggiore chiarezza sul quadro. La volatilità sui mercati è infatti troppo elevata, i diversi indici azionari sono diminuiti in media del 25% dai picchi di sei mesi fa. Operazioni che venivano chiuse a determinati prezzi prima della guerra oggi non possono essere quasi prezzate. C'è necessità di un aggiustamento che prenderà ancora qualche tempo. La speranza è che si vada verso una seconda parte dell'anno in cui alcune di queste problematiche trovino soluzione e ci sia una maggiore chiarezza sui livelli ai quali queste operazioni si potranno chiudere.

D. Quali aree di attività restano promettenti in Italia?

R. Abbiamo visto una serie di operazioni importanti nel mondo delle infrastrutture, dalla vendita di Aspi fino all'opa su Atlantia, che dimostrano l'interesse del mercato per il settore, anche alla luce delle aspettative riposte nel Pnrr. Vediamo un afflusso di investimenti che, se canalizzati bene grazie alla collaborazione tra pubblico e privato, possono diventare un volano molto efficace. Lo stesso ragionamento vale per i trasporti e per l'energia. Vi sono poi una serie di medie aziende in cui il tema del passaggio generazionale è un canale d'accesso molto importante per i private equity. In questo ambito il tema oggi è quello delle valutazioni che non sono più quelle di un anno fa. Poi c'è tutto il mondo del fintech e delle start up che negli ultimi anni sta crescendo a ritmi molto significativi anche in Italia.

red

MF-DJ NEWS

2308:25 mag 2022


(END) Dow Jones Newswires

May 23, 2022 02:26 ET (06:26 GMT)