ROMA (MF-DJ)--La parola 'fine' arriverá oggi alle 14h00, orario di convocazione dell'assemblea degli azionisti di Atlantia. Saranno loro a dire l'ultima parola - a quasi tre anni dal disastro del ponte Morandi - sul passaggio di Autostrade per l'Italia dalla holding della famiglia Benetton a una newco controllata dalla Cassa depositi e prestiti con i fondi Blackstone e Macquarie.

Lo scrive La Stampa parlando di un passaggio storico: a 22 anni dalla privatizzazione del 1999, la mano pubblica tornerá in qualche misura, seppur mediata - Cdp è controllata dal Tesoro - nel controllo della parte piú importante delle autostrade a pedaggio italiane. Agli azionisti di Atlantia viene chiesto di esprimere parere favorevole alla cessione al consorzio formato da Cdp insieme ai fondi esteri Blackstone e Macquarie dell'intera partecipazione detenuta da Atlantia in Autostrade per l'Italia. L'esito del voto sembra scontato: oltre a Edizione (la societá dei Benetton, 30% del capitale) voterá a favore anche la Fondazione Crt (5,5%). E di certo voteranno a favore la gran parte dei fondi internazionali presenti nel capitale, dopo che i tre principali proxy advisor (Iss, Glass Lewis e Frontis, societá specializzate che forniscono le indicazioni di voto sulle societá quotate ai fondi d'investimento) hanno tutti dato l'indicazione di accettare l'offerta del consorzio guidato da Cdp. Iss, ad esempio, sottolinea come la vicenda Autostrade abbia distratto attenzione e risorse dalle altre attivitá e che la mancanza di offerte alternative renda necessaria l'accettazione dell'offerta. L'offerta ha giá avuto l'approvazione del cda, che un mese fa ha esaminato l'offerta vincolante del consorzio, rilevando - nella relazione illustrativa per l'assemblea - 'alcuni miglioramenti' sul fronte del prezzo e constatando che comunque 'allo stato attuale, l'unica concreta alternativa' sarebbe il contenzioso.

L'offerta del consorzio guidato da Cdp, arrivata con gli ultimi 'affinamenti', dopo mesi di negoziati, il 29 aprile scorso, fissa a 9,1 miliardi il valore del 100% di Aspi e riconosce una ticking fee (la percentuale corrisposta per compensare i flussi di cassa tra la firma di un accordo e il closing) del 2% annuo sul prezzo dal primo gennaio 2021 alla data del closing dell'operazione. Percentuale che, secondo Atlantia, considerando il perfezionamento dell'operazione tra la fine del 2021 e il mese di marzo 2022 (termine ultimo per il closing), farebbe salire la valorizzazione a 'circa 9,3 miliardi'. Se si sommano anche le componenti aggiuntive del prezzo, ci si avvicinerebbe ai 9,5 miliardi della soglia minima della forchetta di prezzo indicata dagli advisor indipendenti ad Atlantia.

L'assemblea di oggi si riunirá in sede ordinaria e quindi deciderá con un voto a maggioranza semplice (basterá il 50% piú uno dei presenti). Dopo il voto dell'assemblea, sempre oggi, si riunirá il cda per convocare un nuovo consiglio che il 10 giugno dovrá assumere le determinazioni finali. La firma dell'operazione, secondo indiscrezioni, potrebbe avvenire alla fine di giugno. Intanto per domani è stato convocato il cda di Cdp che formalizzerá la nomina di Dario Scannapieco come nuovo amministratore delegato di Cassa che prenderá il posto di Fabrizio Palermo, il manager che ha di fatto costruito l'operazione.

Affari & Finanza di Repubblica scrive che Atlantia riparte senza Autostrade con una dote da 7,2 mld. Dopo l'accordo per vendere la concessionaria a Cdp e soci, il gruppo punta sugli aeroporti, sui velivoli Vericopter e su nuove infrastrutture all'estero. Il primo gruppo europeo di infrastrutture nato attorno alla privatizzazione delle Autostrade per l'Italia (Aspi) si stacca dal suo cuore originario, un asset da 19,3 miliardi di valore, che rappresenta circa la metá della capitalizzazione di Atlantia. Oggi, i soci di Atlantia riuniti in assemblea voteranno a favore della vendita dell'88% di Aspi al consorzio guidato dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp) e dai fondi Macquarie e Blackstone. Certo, l'operazione dovrá essere prima ratificata dal cda convocato il 10 giugno, ma dopo il parere favorevole di tutti i proxy advisor e in attesa di quello dell'assemblea, il dado sembra essere tratto. Atlantia si troverá così in cassa 5,3 miliardi di euro da investire in nuove infrastrutture in giro per il mondo.

Anche per la Edizione Holding della famiglia Benetton, che a sua volta aveva concentrato su Atlantia e Aspi la maggioranza delle attivitá, è una metamorfosi. Si volta pagina, dopo la tragica e tormentata vicenda del crollo del ponte Morandi, che si ripercuote sul gruppo da quel drammatico 14 agosto 2018. Ceduta Aspi, fonti vicine ai Benetton ribadiscono che la familgia è determinata a restare un investitore di lungo periodo delle infrastrutture. I Benetton avrebbero anche ribadito la fiducia a Carlo Bertazzo e alla sua squadra di manager, che in questi mesi si sono adoperati per chiudere con successo una complicata e delicata transazione con le istituzioni tricolori da un lato, e una altrettanto delicata mediazione tra gli interessi di tutti gli stakeholders.

Per Atlantia separarsi da Aspi equivale a recidere un cordone ombelicale, rinunciare alla concessione piú lunga, stabile e redditizia fra quelle in portafoglio, quella stessa concessione che ha permesso di finanziare altre acquisizioni come Abertis. Per Bertazzo sará invece l'occasione di reinventare i confini del gruppo in un momento in cui le autostrade e gli aeroporti del mondo sono messi a dura prova dalla pandemia. Se si somma la cassa che arriverá a dicembre dalla vendita dell'88% di Aspi, alla quota che la societá ha in altre attivitá quotate come il 15,5% di Getlink (la societá che gestisce il tunnel sotto la Manica e vale 1,1 miliardi) e il 15,9% del costruttore tedesco Hoctief (altri 0,8 miliardi), Atlantia ha 7,2 miliardi di attivitá liquide, pari a metá della capitalizzazione (o a 8,8 euro per azione). Una simile dotazione di cassa in un momento di discontinuitá come questo, potrebbe essere un vantaggio per cogliere le occasioni che si presentassero con la crisi e dall'altra un rischio, perchè Atlantia potrebbe trasformarsi da predatore a target di acquisizioni.

Il primo indiziato è Vinci, da sempre promessa sposa del gruppo tricolore. Il gruppo francese delle costruzioni e delle concessioni, tuttavia, in marzo ha annunciato un piano industriale che punta sulla transizione energetica (di qui l'acquisizione di Cobra dalla Acs di Florentino Pèrez) piú che a autostrade e aeroporti come quelli di Atlantia. Fatto sta che tutti riconosco a Bertazzo una grande abilitá di negoziatore e una comprovata esperienza nel verificare i dettagli di un deal, doti che saranno indispensabili sia per nuove acquisizioni, sia per negoziare un eventuale matrimonio con un colosso internazionale. Sempre lo scorso marzo, e quindi prima di chiudere con Cdp il contratto su Aspi, Atlantia ha illustrato agli investitori i suoi piani per il futuro dichiarando di voler puntare sui servizi finanziari del Telepass (di cui ha ceduto il 49% per un miliardo) per fare acquisizioni nel fintech. E di voler potenziare la sua presenza su aeroporti, eliporti e veriporti, come si chiamano gli scali destinati ai veicoli a decollo verticale.

A Roma Fiumicino il gruppo avrebbe giá iniziato a realizzare il primo veriporto in Europa ma sarebbe in attesa del via libera dell'Easa - l'agenzia europea per la sicurezza aerea - e della regolamentazione in materia. Lo scorso marzo, inoltre, Atlantia ha partecipato all'aumento di capitale da 200 milioni di Vericopter, societá che produce veicoli elettrici a decollo verticale - puntando sulla nuova mobilitá urbana e sostenibile - che si profila come il nuovo taxi del futuro. Adr, la societá che gestisce gli aeroporti romani e ha un valore debiti compresi stimato in oltre 5 miliardi di euro, dopo la cessione di Aspi diventerá di fatto il primo asset di Atlantia. Aggiungendo la quota del 30% degli Aeroporti di Bologna e il 64% di quello della Costa Azzurra, gli aeroporti rappresentano un terzo del valore degli asset del gruppo, percentuale che escludendo la cassa e le attivitá quotate salirebbe al 60%. In proposito potrebbero aprirsi nuove possibilitá sia in Italia, dove da tempo si parla della privatizzazione dello scalo di Catania, sia all'estero, dove il gruppo è alla ricerca di nuovi sbocchi otre Nizza, e dove in passato aveva trattato per quello di Sheremetyevo, a Mosca.

Ad agosto Bertazzo sará impegnato invece sulle concessioni spagnole di Abertis che vanno in scadenza, un asset che prima della pandemia rappresentava un quinto del margine operativo lordo del gruppo. Le due concessioni della Catalogna si portano con loro 1,5 miliardi di indennizzo certo, legato alla fine del contratto, piú altri eventuali 2,5 miliardi se Abertis si aggiudicherá la vertenza con lo Stato spagnolo per minimi di traffico che dovevano essere garantiti e invece non sono arrivati.

Tuttavia a differenza di qualche mese fa, quando si ipotizzava una nazionalizzazione delle concessioni in scadenza, il premier Pedro Sánchez ha illustrato alla Ue un piano in cui nel 2024 prevede una nuova maxi ondata di privatizzazioni, a cui Abertis parteciperebbe da interlocutore privilegiato, data la sua compravata esperienza. Ma il colosso controllato da Atlantia al 50% piú una azione insieme alla Acs di Pèrez, sta giá studiando altri dossier, come le concessioni vinte in Messico e in Virginia, che potrebbero concretizzarsi nei prossimi mesi.

pev

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May 31, 2021 05:02 ET (09:02 GMT)