ROMA (MF-DJ)--Il contesto specifico non è favorevole, mentre per il settore del credito si pone il problema ripetutamente sollevato dalle parti sociali - l'Abi, con il presidente Antonio Patuelli e la Fabi, con il leader Lando Sileoni - di rinnovare moratorie e garanzie pubbliche data la crescente pesantezza della crisi. Ciononostante sembra inverosimile che ancora non si sia imboccata la dirittura di arrivo nel caso della ricapitalizzazione Mps, operazione che si sarebbe potuta concludere in pochi giorni, come dimostrano le numerose e complesse operazioni chiuse durante i governatorati di Carlo Azeglio Ciampi e di Antonio Fazio, sia pure in un diverso contesto normativo. Per di più, nel caso del Monte il Tesoro è azionista di maggioranza qualificata: bisogna tornare alla lontana situazione dei banchi meridionali per una condizione con elementi di similitudine. Gli osservatori sottolineano che, per poter fare decollare l'aumento il 17 ottobre, come previsto, occorre innanzitutto che il prospetto sia approvato da Consob entro il 13 ottobre.

Ovviamente, scrive Milano Finanza, non è l'unica condizione, gravando ancora un'incertezza sulla sottoscrizione di una parte consistente - qualcuno parla di 600 milioni - dell'aumento rispetto ai 900 milioni che occorre aggiungere agli 1,6 miliardi già garantiti dal Tesoro pro quota (circa 64%). Le cronache hanno segnalato fino a ieri incertezze su quanto potrebbero sottoscrivere Axa e Anima anche perché entrambe sarebbero interessate come do ut des a rafforzare gli accordi commerciali con l'istituto senese. Si torna a parlare dell'apporto che potrebbero dare le fondazioni e le casse di previdenza nei confronti delle quali erano stati avviati contatti che però non sono approdati a risultati concreti. Qualcuno evoca il rischio del "burden sharing" che comporterebbe gravi perdite, innanzitutto, per i bond subordinati. Sarebbe uno smacco enorme per il governo Draghi che finora non è riuscito a venire a capo di questa situazione. È dunque un'eventualità che non si dovrebbe contemplare perché, insieme con il travolgimento degli investitori, darebbe la misura dell'incapacità di risolvere un problema certamente non facile, ma neppure il più complesso da affrontare, mentre si è lasciata incancrenire una situazione con discorsi talvolta contraddittori e con nessuna resipiscenza o comunque revisione dopo il fallimento della trattativa del Tesoro con Unicredit.

Proprio muovendo dal rischio teorico del "burden sharing", alcuni ipotizzano una soluzione di sistema nel concorrere alla sottoscrizione dei 900 milioni. La formula adottata è decisamente nuova per questa stagione. Da tempo non si sentiva parlare di soluzioni di sistema, anche perché le altre banche non fanno salti di gioia al sentire prospettata una tale eventualità e il fondo interbancario di tutela dei depositi non potrebbe intervenire per limiti statutari e oggettivi, comunque da approfondire.

Se però una soluzione di sistema facesse passi avanti, servirà agire con decisione per giungere a una conclusione. La soluzione di sistema di cui si vocifera potrebbe prevedere una spartizione dell'istituto tra le banche intervenienti che dovrebbe essere, invece, il "prius" dell'esame e non la mera conseguenza di partecipazioni assunte con carattere di urgenza. Il caso Ambrosiano, per quest'ultimo aspetto, non sarebbe automaticamente replicabile per diverse ragioni. Occorre sottolineare che un eventuale burden sharing sarebbe decisamente da evitare.

Tesoro e governo devono sentirsi assai impegnati per giungere a una soluzione. Le strade da percorrere sono diverse. Un orgoglio politico-istituzionale dovrebbe portare a evitare di trasferire al nuovo esecutivo la ricerca di una soluzione per Mps: cosa che, diversamente, significherebbe scavalcare il 17 di questo mese con un nulla di fatto o con il frazionamento dell'aumento. Ripercussioni interne e internazionali sarebbero certe.

Se il trasferimento dovesse avvenire, la ricapitalizzazione sarebbe una delle prime importanti prove del nuovo esecutivo. Ma si parla anche della possibilità di un nuovo slittamento del varo dell'aumento, che renderebbe concreto lo scavalcamento di predetta data. Si dovrebbe operare per consentire il previsto esodo volontario dei dipendenti della banca oltre la prevista scadenza delle agevolazioni del 30 novembre. Si confermerebbero in questa eventualità il rischio di pesanti ripercussioni sotto il profilo dell'immagine d'un intermediario, il più antico del mondo, con il Tesoro che ne detiene la maggioranza qualificata, tuttavia costretto a rinviare l'attuazione dell'aumento alla stregua di una media impresa con gravi problemi. Deriva da ciò la necessità di un impegno straordinario del governo per arrivare a una soluzione accettabile.

red

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1008:43 ott 2022


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