MILANO (MF-DJ)--Se gli investimenti saranno il volano della ripresa, oggi servono incentivi che spingano gli imprenditori a metterli in campo. Questa è una delle proposte che Assonime aveva sottoposto al governo Conte-2 e su cui sta ancora lavorando. Il dialogo del direttore generale Stefano Micossi con le istituzioni è stato intenso anche nell'anno della pandemia malgrado i numerosi impegni del professore bolognese, che, per esempio, ha seguito in prima persona la selezione del nuovo ceo di Unicredit.

Domanda. Micossi, come valuta la risposta del sistema bancario alla crisi pandemica?

Risposta. Abbiamo fatto più o meno quello che hanno fatto gli altri Paesi europei, con risultati in linea con le aspettative. Le banche hanno erogato crediti adeguati e lo Stato li ha garantiti. Nessuno è stato strozzato per problemi di liquidità. Se però ora non si cambia strategia, questi debiti rischiano di diventare troppo pesanti per il sistema finanziario. Per evitarlo dobbiamo ricapitalizzare le imprese.

D. Come Assonime avete lavorato a una proposta in tal senso: ce la può spiegare?

R. La nostra proposta al governo è creare un nuovo soggetto nella forma di un fondo di investimento a capitale prevalentemente pubblico che aiuti il sistema ad assorbire l'eccesso di indebitamento favorendone la ricapitalizzazione. La dimensione del fondo ipotizzato è 20 miliardi, eventualmente incrementabili fino a 25. Le nostre strutture sono ancora al lavoro sul tema. Una seconda proposta, stavolta sul fronte del debito, potrebbe essere quella di sostituire provvisoriamente le norme sulla crisi di impresa con schemi di tipo contrattuale tra creditori e debitori. La gravità della situazione impone di accorciare i tempi e di optare per procedure più rapide, al di fuori delle strettoie delle procedure esistenti per la crisi d'impresa, evitando così centinaia di migliaia di fallimenti.

D. Quali interventi di policy ritiene indispensabili per accelerare la ripresa?

R. Le priorità sono due: aumentare la domanda con investimenti pubblici e sbloccare i progetti infrastrutturali. Tutto ciò è fermo anche laddove le risorse sono già state stanziate. Prima di mettere a punto il Recovery Plan e le riforme strutturali occorre intervenire su questi aspetti. È necessario farlo anche per sostenere con buoni investimenti quel rimbalzo della domanda privata che è ragionevole prevedere tra aprile e maggio, quando la campagna vaccinale sarà a pieno ritmo e il Paese sarà pronto per ripartire.

D. Il dibattito riguarda anche la selettività degli strumenti di sostegno. Che punto di equilibrio è auspicabile?

R. Non abbiamo bisogno di attori pubblici che a tavolino decidano chi deve sopravvivere e chi no. La selezione deve farla il sistema privato e le pratiche di accesso al credito devono essere istruite dalle banche, non dal settore pubblico. Mi pare deleteria l'idea di identificare parametri generali validi per tutti per decidere se chiudere o no un'impresa.

D. Il peso del debito privato è significativo e lo stock di npl potrebbe crescere. Serve una bad bank nazionale?

R. Quando si parla di bad bank in realtà si ha in mente un aiuto di Stato mascherato e ciò mi lascia perplesso. Le banche vogliono cedere i crediti a prezzi di favore ma Bruxelles chiede operazioni di mercato. Difficile dire come se ne possa uscire. Per questa ragione gli sforzi e le risorse pubbliche devono essere concentrati altrove, ossia nella ricapitalizzazione delle imprese o nel trasferimento dei crediti dal bilancio delle banche ad altre istituzioni finanziarie capaci di gestirne le ristrutturazioni. Quanto alle banche, negli ultimi 10 anni il sistema si è molto rafforzato dal punto di vista patrimoniale e il livello di npl è sceso molto.

D. In più le banche possono accelerare il processo di consolidamento. Una scelta inevitabile?

R. Il sistema bancario continuerà a concentrarsi. Le reti di sportelli oggi sono un peso, la gente sta imparando a non andare in banca e le app ci consentono di fare tutto molto bene online. Inoltre gli istituti dovranno fare grandi investimenti in information technology per colmare il gap che accumulato rispetto ai gruppi americani.

D. Nell'ambito di questo processo andrebbero preservati dei campioni nazionali?

R. In Europa il sistema bancario è ancora segmentato su base nazionale. Le grandi realtà multinazionali sono pochissime: Santander, Bnp Paribas, Unicredit e Ing. Gli altri tentativi di dar vita a gruppi internazionali non sono finiti bene e non mi sembra che oggi ci sia la volontà di ripetere simili esperienze. Non mi aspetto molto m&a transfrontaliero.

D. Eppure la Bce sta spingendo in quella direzione. In generale come valuta la linea seguita dalla Vigilanza durante la pandemia?

R. I regolatori sono stati capaci di allentare i requisiti di capitale quando la pressione sulle banche stava diventando insostenibile. La mia domanda è se, superata l'emergenza, questo patchwork di regole senza una visione di insieme sarà cambiato. Dovremmo chiederci se non abbiamo esagerato. Fare banca con questi costi è un'impresa sempre più difficile, specialmente in un contesto di crisi come quello che stiamo attraversando. L'Europa si è spinta troppo in là con la regolamentazione del sistema finanziario, ma non so se ci sia la volontà di correggere la rotta.

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March 15, 2021 03:18 ET (07:18 GMT)