È vero che la sequenza nera degli ultimi quindici anni assomiglia a un incubo senza fine. È iniziata nel 2010 con il disastro della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, è proseguita con il crollo del prezzo del petrolio tra il 2014 e il 2019 e con i pietosi risultati di una strategia di ingresso nelle energie rinnovabili che non aveva capo né coda.
A questo ha fatto seguito una perdita di 24 miliardi di dollari quando BP ha dovuto cedere la sua partecipazione in Rosneft a dopo l'invasione dell'Ucraina e, infine, il crollo negli ultimi trimestri del mercato statunitense dell'eolico offshore su cui la società britannica aveva scommesso molto.
L'anno scorso, come la connazionale Shell e, più recentemente, la norvegese Equinor, BP ha promesso di lasciarsi alle spalle il greenwashing e di tornare alle basi della sua attività tradizionale, cioé la produzione di petrolio e gas.
In questo contesto, l'arrivo di Elliott come azionista non sarà una sorpresa. Secondo le fonti informate di MarketScreener, il fondo attivista si sta preparando a sostenere una fusione tra Shell e BP. Il Regno Unito non ha bisogno di due major in un settore che è stato completamente consolidato ormai da tempo.
Non resta che far ingoiare il rospo agli azionisti di Shell, che beneficiano di una strategia estremamente pragmatica - un credo culturale del tutto simile a quello della francese TotalEnergies - da cui raccolgono generosi frutti già da qualche anno.
Ma l'accordo si preannuncia difficile. Nel 2024, il free cash flow di Shell era tre volte superiore a quello di BP. In queste condizioni, Shell correrà davvero il rischio di farsi carico dei problemi di BP?
Sebbene se è facile urlare insieme a tutto il branco, MarketScreener non può fare a meno di sottolineare che, nonostante il susseguirsi di catastrofi, BP sta mostrando una stabilità sorprendente, anche se non sta crescendo. Il suo free cash flow prima delle cessioni di asset raggiungerà i 12 miliardi di dollari nel 2024, esattamente lo stesso livello di venti anni fa.
Inoltre, negli ultimi dodici mesi la major britannica ha restituito agli azionisti 12 miliardi di dollari, di cui più della metà tramite riacquisti di azioni, contro i 13 miliardi del 2023 e i 14 miliardi del 2022. MarketScreener si aspetta che queste distribuzioni vengano apprezzate, dato che gli azionisti d'ora in poi rifiuteranno in blocco nuovi grossi progetti di investimento dalla redditività incerta.
La capitalizzazione di mercato di BP si aggira intorno ai 91 miliardi di dollari, un multiplo di appena x7-x8 degli importi restituiti agli azionisti nel 2024. È difficile non fare un parallelo tra la società britannica e Suncor, un'altra major che è fallita completamente qualche anno fa e su cui gli attivisti di Elliott hanno lavorato duramente per rimetterla sulla giusta via, raggiungendo un successo comprovato.