Lo sanno bene i professionisti delle vendite allo scoperto, che spesso scoprono frodi enormi ma assistono impotenti al successo in Borsa dei colpevoli. In modo meno drammatico, capita anche a MarketScreener e al produttore italiano di calcestruzzo Buzzi Unicem.

Esattamente un anno fa, abbiamo commentato i risultati annuali dell'esercizio precedente. All'epoca, avevamo sottolineato che il clima economico si era notevolmente deteriorato, con un calo dei volumi e una contrazione dell'attività nella maggior parte dei mercati serviti dal gruppo.

In questo contesto, e nonostante l'impronta geografica diversificata, l'eccellente gestione e il multiplo degli utili a una cifra, ritenevamo che la valutazione di allora comportasse un rischio significativo. Purtroppo, questa valutazione è raddoppiata in dodici mesi.

I volumi sono diminuiti drasticamente, con un calo del 7% per il cemento e del 13% per i prodotti preconfezionati, ma le vendite sono aumentate dell'8%. Ancora più spettacolare è stato il raddoppio dell'utile operativo e la triplicazione del free cash flow, grazie proprio alla riduzione del fabbisogno di capitale circolante tipica di una fase di contrazione dell'attività.

Alla base di questa performance ci sono stati straordinari aumenti dei prezzi, che, curiosamente, sono stati assorbiti dal mercato. Ad esempio, i prezzi sono raddoppiati in Polonia, Italia e Germania; sono aumentati di quasi il 50% negli Stati Uniti, dove Buzzi è ben radicata e storicamente ottiene i margini più elevati.

Questi effetti sui prezzi hanno permesso di compensare i volumi che nel 2023 erano ai minimi da otto anni. L'ondata di gelo nel settore delle costruzioni è quindi destinata a durare. Resta da vedere se il peggio è passato o se la flessione è solo nella sua fase iniziale. Pochi giorni fa, ad esempio, la situazione in Svezia era in miglioramento.

Questi ottimi risultati hanno permesso a Buzzi Unicem di aumentare la propria posizione di liquiità netta da 300 a 800 milioni di euro. Come avevamo anticipato l'anno scorso, il rifinanziamento del "muro del debito" da 600 milioni di euro nei prossimi tre anni non dovrebbe costituire un problema.

Almeno su questo, avevamo ragione.