Nonostante il forte calo dei volumi, il 2022 è stato un anno dal fatturato record, grazie ad aumenti di prezzo ben assorbiti e ad un provvidenziale effetto cambio legato all'esposizione al dollaro. Buzzi Unicem realizza infatti il 40% del suo fatturato e quasi due terzi del suo utile operativo prima degli ammortamenti (EBITDA) negli Stati Uniti.

Tuttavia, nelle ultime settimane il management ha notato un forte calo dei volumi negli Stati Uniti come conseguenza diretta dell'aumento dei tassi e delle ripercussioni nel settore delle costruzioni.

L'ondata sta raggiungendo l'Europa occidentale, dove gli spread di credito degli operatori immobiliari somigliano sempre più a quelli dei loro alter ego cinesi. I mercati dell'Europa orientale, invece, sono ovviamente colpiti dalla guerra in Ucraina.

L'unica area geografica con una dinamica positiva è l'America Latina, dove Buzzi Unicem è presente con le sue joint venture in Brasile e Messico.

Nonostante questa situazione, l'utile operativo prima degli ammortamenti è cresciuto del 12% grazie, come detto, al tasso di cambio molto favorevole. Sul fronte delle buone notizie, va notato che l'aumento dei costi energetici — 22% nel 2022 — sarà stato ben assorbito dall'aumento dei prezzi.

Come di consueto, inseriamo queste novità nel contesto della tendenza a lungo termine e le mettiamo in relazione con la performance finanziaria a lungo termine.

In dieci anni, cioè tra il 2012 e il 2022, il gruppo italiano ha aumentato il suo fatturato da 2,8 a 3,4 miliardi di euro. La notevole espansione dei margini operativi, che raddoppiano nel periodo — superando peraltro quelli del gigante Holcim — si è collocata nella parte alta della gamma rispetto ad altre aziende simili.

La generazione di cassa, benché penalizzata nel 2022 da un eccessivo fabbisogno di capitale circolante, è generalmente soddisfacente e ben conciliabile con gli utili contabili. Buzzi Unicem vi ricorre con prudenza, distribuendo i dividendi in maniera molto — troppo? — ragionevole e con un rating sempre ben protetto.

Il "muro del debito" — quasi 1 miliardo di euro da rifinanziare nei prossimi tre anni, di cui 594 milioni nel 2023 — dovrebbe quindi essere superato senza difficoltà. Almeno, questo è quanto sembra accettare il mercato, visto il multiplo che sta attribuendo al titolo. Resta da vedere a quali condizioni avverrà il rifinanziamento.

In termini di valutazione, si vede a malapena un margine di sicurezza. Gli investitori con un particolare interesse nell’industria del cemento troveranno senza dubbio molto più accattivante la proposta di valore di Vicat.