ROMA (MF-DJ)--Nella corsa ai vaccini sembra quasi che l'Europa arranchi. L'agenzia regolatoria statunitense, la Food and Drug administration, arriva sempre per prima. L'Ema, l'ente regolatorio europeo, decide invece con qualche settimana di ritardo. Un modo per accorciare i tempi ci sarebbe ma, come spiega al Messaggero Marco Cavaleri, presidente della task force dell'Ema per il Covid, dipende dalla volontà dei Paesi membri, visto che "servirebbe una modifica nella legislazione europea che ci consenta di avere un sistema simile a quello di Fda. Solo così ovviamente potremmo giocare alla pari".

"Gli americani -precisa- usano un'autorizzazione di emergenza, si tratta cioè di un consenso all'uso di un prodotto non ancora autorizzato. Invece noi dobbiamo procedere ad un'autorizzazione vera e propria, questo vuol dire che qualche giorno in più è indispensabile per poter arrivare alla conclusione. Se ci riferiamo al primo vaccino Pfizer Biontech, la differenza è stata di una decina di giorni. Adesso, anche con Johnson and Johnson di circa due settimane. Poi, in alcuni casi, tipo con il vaccino di Moderna, gli americani hanno avuto i dati un po' prima di noi".

All'Ema serve più tempo per decidere perché "noi lavoriamo con 27 Paesi e occorre il loro consenso. Il nostro comitato scientifico è composto da tutte le agenzie nazionali, compresa Aifa. Quindi qualche giorno lo si deve concedere a tutti perché commentino, per capire se ci sono convergenze e come assecondarle. Fda, invece, è un ente composto da un certo numero di esperti, di valutatori, hanno un comitato scientifico che dà suggerimenti, ma poi decidono loro. Per questo possono essere molto veloci".

Può capitare che sia difficile mettere tutti d'accordo: "per esempio, non tutti inizialmente erano convinti che AstraZeneca negli anziani andasse bene, poi ne abbiamo discusso. Noi riteniamo che, in base al fatto che la risposta immunitaria negli anziani è simile a quella degli adulti, il vaccino proteggerà anche loro, però non possiamo dire esattamente quanto. Quindi, è possibile che diversi scienziati possono avere un approccio diverso ed essere più inclini a pensarla in un modo o nell'altro. Alla fine però c'è stata una votazione per maggioranza e quindi si è deciso che l'autorizzazione copre anche gli anziani".

"Gli scienziati solitamente basano la loro opinione su dati reali. Il problema è che qui siamo in una crisi di salute pubblica mai vista, e c'è bisogno a volte di prendere decisioni senza avere tutte le informazioni di cui normalmente si dispone, quindi ci si basa sulla propria percezione dei dati disponibili. E così a volte può succedere che ci sia una visione leggermente diversa. Ad esempio, per i vaccini a rna, vista l'efficacia superiore al 90 per cento e la sicurezza buona, non c'è stato alcun dubbio. In altri casi, però, decidere -mette in evidenza- può essere un po' più complesso. Soprattutto nei prodotti terapeutici, tipo il remdesivir: è un ottimo esempio delle discussioni molto difficili che abbiamo avuto".

Capita che qualche Paese sia più reticente: "succede sempre, non solo col Covid. Quando si parla con 27 diverse agenzie, ognuno può avere una visione leggermente diversa. I Paesi, per esempio, che hanno più problemi con i no vax sono quelli che sono stati un po' più prudenti".

Per velocizzare, "la Commissione europea ha già iniziato a fare proposte in questa direzione. Bisognerà capire se gli Stati membri sono d'accordo: quanto più si trasferisce all'Europa nelle decisioni, tanto più si toglie agli stati nazionali, e ovviamente questo non è sempre gradito. Anche se poi i cittadini sono ben contenti se le cose procedono con più velocità e se c'è un modo più chiaro di decidere", conclude.

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March 02, 2021 02:13 ET (07:13 GMT)