MILANO (Reuters) - Veneta Cucine era pronta da tempo ad accogliere un investitore esterno ma la decisione è arrivata lo scorso aprile, con l'ingresso di NB Aurora con una quota del 30%.

Prima della pandemia, l'azienda trevigiana fondata nel 1967 da Giacomo Carlo Archiutti sarebbe stata tra le poche società a controllo familiare ad affrontare il passaggio generazionale aprendo il capitale.

Ma ora i banchieri riferiscono di essere sommersi dalle richieste da parte di piccoli e medi imprenditori che vogliono valutare potenziali operazioni mentre si preparano agli investimenti legati alla transizione digitale ed energetica o alla riorganizzazione dei sistemi di approvvigionamento per affrontare i problemi a livello di supply chain.

"La grande perdita di riferimenti e certezze generate dalla pandemia ha rafforzato la consapevolezza di alcune aziende di dover affrontare per tempo futuri cambi generazionali", spiega Francesco Sogaro, managing director di NB Aurora.

Una collaborazione proficua con il fondo ha portato Veneta Cucine ad adottare "iniziative più audaci" sottolinea Dionisio Archiutti, il figlio del fondatore Giacomo Carlo.

"Un fondo ti aiuta a fare salti dimensionali e investimenti su nuovi mercati. Il fondo è entrato in azienda dicendo vi affianchiamo nel fare quello che non fate ancora," aggiunge.

"Nelle aziende a conduzione familiare spesso i cda sono una formalità mentre nel nostro caso ci sono due rappresentanti del fondo su cinque membri del consiglio, interagiscono in maniera sottile ma sostanziale sulle strategie e le prospettive di crescita della nostra azienda".

Le imprese familiari rappresentano lo scheletro dell'economia italiana e il 29% del totale è guidata da imprenditori con età superiore ai 70 anni, in base ai dati dell'Osservatorio AUB dell'Università Bocconi. E il tema della successione rimane un problema ben radicato.

"Siamo piccoli e siamo vecchi", sintetizza Francesco Casoli, presidente di Elica a guida dell'Associazione italiana delle aziende familiari (Aidaf), che in base ai dati forniti da Cerved rappresentano circa il 70% delle 148.530 piccole e medie imprese italiane (con un numero di addetti compresi tra 10 e 250).

Diversi studi hanno evidenziato come il controllo familiare possa costituire un ostacolo alla crescita, bloccando ad esempio investimenti necessari per aumentare la produttività delle aziende e scoraggiando l'inserimento in organico di manager esperti.

La pandemia - che ha causato più di 147.000 morti in Italia, il secondo peggior bilancio in Europa dopo la Gran Bretagna - unita alla recessione economica sembra aver convinto alcuni imprenditori ad allentare la presa.

"In questo modo, deal che discutevamo da anni senza che l'imprenditore avesse mai il coraggio e la forza di aprire il capitale hanno avuto improvvise accelerazioni", ha osservato Sogaro.

Per esempio, le famiglie Illy e Vergnano, entrambe attive nel settore del caffè, hanno accolto entrambe lo scorso anno un azionista di minoranza per crescere a livello internazionale.

CATALIZZATORE COVID

"La paura è sempre il miglior incentivo", ha detto Guido Corbetta, direttore del centro di ricerca AUB.

"Il blocco produttivo durante la prima ondata Covid ha seminato il panico tra le aziende. Hanno superato il peggio per poi trovarsi alle prese con un'impennata dei prezzi energetici e una carenza di materie prime e componenti", ha aggiunto.

Per Stefano Giudici, a capo della divisione italiana d'investment banking di Nomura, le aziende che sono emerse dalla pandemia a testa alta hanno l'incentivo a capitalizzare le alte valutazioni di mercato, mentre l'accumulo della domanda e i programmi di finanziamento dell'Unione europea per sostenere la ripresa rafforzano le prospettive di crescita.

"Questi due elementi hanno creato un'opportunità di cui molti imprenditori vogliono approfittare", ha detto Giudici.

Nel 2021, le vendite di Veneta Cucine sono balzate del 40% a circa 280 milioni di euro, con la domanda per i mobili per cucina ai massimi dagli anni Novanta, secondo Archiutti.

I banchieri sostengono che i multipli a due cifre sono diventati la norma per le valutazioni delle società.

Le operazioni che hanno coinvolto aziende italiane sono aumentate del 122% lo scorso anno a un record di 85,5 miliardi di euro, in base ai dati della società di consulenza EY che stima cifre simili quest'anno nonostante la minaccia posta dalla variante Omicron e dall'inflazione. Quasi un quarto di queste operazioni ha coinvolto fondi di private equity.

In base ai calcoli di EY, il 96% delle 705 operazioni di M&A viste in Italia lo scorso anno riguardavano aziende non quotate.

BENVENUTI NEL CLUB

Per avvicinarsi ulteriormente alle medie imprese che sono il loro target, le società di private equity Deutsche Beteiligungs AG, Gilde Buy Out Partners e Bregal Unternehmerkapital hanno aperto lo scorso anno nuovi uffici a Milano.

L'impennata della domanda per capitali privati in un mercato ancora poco esplorato dai fondi ha innescato anche a una proliferazione dei cosiddetti 'club deal', sostenuti da gruppi di piccoli investitori.

QCapital, un club deal che si focalizza su Pmi con un fatturato fino a 40 milioni di euro, ha incontrato circa 120 imprese interessate all'ingresso di investitori esterni dall'inizio delle attività a maggio.

"Le piattaforme d'investimento come la nostra si stanno moltiplicando", ha spiegato Francesco Niutta, uno dei fondatori di QCapital.

La crescente domanda per simili operazioni rappresenta un'opportunità per le banche, sempre più interessate a unire servizi di consulenza e di finanza aziendale per Pmi alle attività di gestione patrimoniale, connubio che permette loro di iniettare nelle aziende liquidità che arriva dai portafogli dei clienti 'ultra high-net-worth'.

La concorrenza è a tutto campo.

A settembre, Deutsche Bank ha lanciato in Italia una nuova 'Bank for Entrepreneurs' con un team di 30 membri, mentre Credit Suisse ha assunto più banchieri nella divisione di Investment Banking Advisory.

"Il mid-market e la sinergia tra investment banking e wealth management è da sempre stata nel Dna Credit Suisse" afferma il responsabile Italia Federico Imbert.

Mediobanca, leader nel segmento mid-market a 12 e 18 mesi con 25 operazioni lo scorso anno in raddoppio dal 2020, per meglio presidiare questo mercato ha duplicato il proprio team di banchieri dedicati ad operazioni di M&A, che da sempre coniuga con i servizi di private banking del gruppo.

(Elisa Anzolin, Elvira Pollina, tradotto a Danzica da Enrico Sciacovelli, in Redazione a Roma Francesca Piscioneri)