MILANO (MF-DJ)--La grande corsa alle rinnovabili si sta ritorcendo contro di noi? Nel rintracciare le cause della possibile crisi energetica, dettata dall'aumento dei prezzi del gas, che sta colpendo vari Paesi in tutto il mondo, non si è mancato di tirare in ballo anche l'esasperata corsa all'energia verde che, nell'ultimo decennio, ha portato alla chiusura di centinaia di centrali a carbone in tutta Europa, senza un'altrettanta spinta alla costruzione di capacità rinnovabile.

Secondo l'editorialista del Wall Street Journal, Allysia Finley, i vari governi hanno speso miliardi per sovvenzionare le rinnovabili, adottando una stringente politica sulle centrali a carbone, senza però tener conto che «le rinnovabili non forniscono energia affidabile 24 ore su 24 e l'energia eolica quest'estate è diminuita in tutta Europa e nel Regno Unito, costringendo i mercati a rivolgersi a gas e carbone per l'energia di riserva». Che le aziende abbiano recepito quasi alla lettera la direttiva per il phase-out dal carbone è evidente: Electricité de France, per esempio, ha annunciato che nel 2022 spegnerà la sua centrale inglese a carbone da 2.188 Mw di West Burton, facendo salire a 162 (la metà del totale) le centrali a carbone europee che saranno spente entro il 2030. Così come anche in Italia l'abbandono del carbone sembra quasi completo, con l'impegno del governo a chiudere le ultime 8 centrali entro il 2025, di cui 5 controllate da Enel a La Spezia, Fusina (Venezia), Civitavecchia, Brindisi e quello nel Sulcis in Sardegna.

Anche se il gruppo guidato da Francesco Starace, per staccare dalla rete le centrali, ha previsto di costruire rinnovabili, batterie e impianti a gas da tenere in vita per un tempo limitato fino a quando nel Paese non ci sarà un'adeguata diffusione di fonti fotovoltaiche ed eoliche. La tesi di un'uscita accelerata dal carbone è stata anche sostenuta, a fine settembre, dal segretario generale dell'Opec Mohammed Barkindo, che ha parlato di «premio di transizione» per indicare appunto come l'impennata dei prezzi del gas sia il prezzo da pagare per un passaggio «emotivo» alle fonti di energia rinnovabile.

Responsabilizzare, però, in tale misura la corsa alle rinnovabili rischia di fornire una visione parziale, oltre che fuorviante. Del resto, il direttore esecutivo dell'Iea, Fatih Birol, è stato chiaro: «i recenti aumenti dei prezzi globali del gas naturale sono il risultato di molteplici fattori, ed è impreciso e fuorviante imputarne la responsabilità alla transizione verso l'energia pulita». Da gennaio, il prezzo del gas naturale è salito da 16 a 75 euro per Mw, con una crescita di circa 45 euro negli ultimi tre mesi, così come il costo dei permessi di emissione alla Co2 nell'ambito dell'emission Trading System europeo è raddoppiato da 30 a 60 euro per tonnellata di Co2. Come sottolineato dall'Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, è bene ricordare che «questi incrementi si collocano in un contesto mondiale di tensione sui mercati delle materie prime e in particolare di quelle energetiche», con il Commodity Price Index calcolato dal Fondo Monetario Internazionale cresicuto del 30%. A livello generale, «i prezzi delle materie prime sono sostenuti dalla maggiore domanda per la ripresa economica; nello specifico, poi, l'aumento del costo del gas naturale è dovuto anche alle minori riserve disponibili: sia per cause tecniche (un inverno più lungo che ha richiesto maggiori consumi) sia geopolitiche (la Russia, principale esportatore, ha rallentato le forniture verso l'Europa e le ha aumentate verso la Cina)», proseguono dall'Osservatorio.

fch

(END) Dow Jones Newswires

October 04, 2021 02:13 ET (06:13 GMT)