La vendita, che dovrebbe essere lanciata la prossima settimana con un processo in due fasi, potrebbe voler dire la quasi totale uscita di Eni dall'Astralia.

Eni e Citi non hanno commentato al riguardo.

Il gruppo italiano ha scelto di vendere gli asset per ottenere liquidità dopo che la recessione globale causata dalla pandemia di coronavirus ha portato al crollo dei prezzi del petrolio, ha aggiunto una delle fonti.

Le attività di Eni in Australia si basano principalmente sulla vendita di gas naturale nel mercato interno e pertanto sono meno esposte alla domanda globale e alle fluttuazioni dei prezzi, ha aggiunto la fonte, rendendole un obiettivo potenzialmente interessante per gli acquirenti.

Eni, guidata da Claudio Descalzi, riconfermato Ceo questa settimana per un terzo mandato, gestisce una serie di giacimenti di gas offshore nel nord dell'Australia e detiene partecipazioni in quattro licenze di esplorazione, tra cui la Joint Petroleum Development Area nel Mare di Timor.

Eni controlla, inoltre, il Blacktip Gas Project nelle acque poco profonde al largo del Territorio del Nord e ha quote nel giacimento di gas e condensati di Bayu-Undan e nel relativo impianto di Gnl di Darwin.

A marzo, la Santos Ltd australiana ha venduto il 25% dell'impianto di Gnl di Darwin e il giacimento di gas Bayu-Undan al largo dell'Australia settentrionale alla SK E&S della Corea del Sud per 390 milioni di dollari.

Secondo un'altra fonte, le attività potrebbero valere 700-900 milioni di dollari, la maggior parte costituite dal giacimento di gas di Blacktip, che ha un accordo di fornitura di gas a lungo termine.

Una terza fonte ha detto che non è stato ancora deciso se il progetto solare Katherine acquisito l'anno scorso da Eni nel nord dell'Australia - in cui non è ancora stata avviata la produzione - sarà incluso nella vendita.

Eni, che si è impegnata a ridurre la sua produzione di petrolio dal 2025, sta investendo molto nelle energie rinnovabili nel tentativo di ridurre le emissioni di gas serra dell'80% in una delle più ambiziose manovre di 'pulizia' del settore energetico.

Come hanno fatto anche altri rivali, Eni ha ridotto le previsioni sulla produzione e gli investimenti nel tentativo di liberare liquidità per contrastare la crisi del coronavirus, che ha affossato la domanda di petrolio e gas.