ROMA (MF-DJ)--«Saremo in grado di soddisfare la domanda di tutti i nostri clienti con gas diverso da quello russo, un risultato incredibile». A dirlo a Milano Finanza è l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. L'a.d. è soddisfatto di come in poco tempo si stia già realizzando un'indipendenza di fatto da Gazprom, ma non si nasconde che di questi tempi non c'è rendita di posizione che tenga. L'Africa, ormai il bacino di riferimento per chiudere con Mosca, andrà presidiata e difesa.

Domanda. I russi non stanno a guardare, lo dimostra la recentissima missione del ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che ha toccato ben 5 Stati africani, tra i quali Egitto e Congo, non a caso due dei Paesi più importanti per il business di Eni. Come vi state muovendo?

Risposta. È chiaro che per noi adesso diventa necessario intensificare il follow-up sui progetti per rispettare tempi e quantità. Ma non ci sono solo i russi che vogliono fare accordi in Africa. Tutta Europa sta cercando gas.

D. Tante missioni negli ultimi mesi insieme al governo per gli approvvigionamenti di gas, tra Mozambico, Angola, Algeria, Congo etc. È già pronto a ripartire?

R. Nel 2023 andranno in esecuzione altri progetti che assicureranno ulteriore gas, quindi sì, dovrò rimettermi in viaggio perché devo essere sicuro che questi accordi si realizzino.

D. Quanto gas vi arriva dalla Russia?

R. Oggi Eni riceve un quantitativo minimo di gas russo. Per qualche giorno avevano ripreso a inviarci circa 35 milioni di metri cubi al giorno, ma dopo il nuovo taglio all'operatività del Nord Stream 1, siamo scesi ad appena 27 milioni di m3. Su un'offerta di gas di circa 250 milioni di m3 che arriva in Italia dalle varie fonti, gasdotti, Gnl e produzione domestica italiana, significa una quota di poco superiore al 10%. L'Italia è stata in grado, grazie alla diversificazione degli approvvigionamenti, di compensare più rapidamente del previsto il calo dei volumi russi.

D. Nel frattempo è partita la corsa a riempire gli stoccaggi per l'inverno. Eni che sta facendo?

R. Abbiamo raggiunto il nostro budget di stoccaggio a giugno, in anticipo sui tempi. Solitamente lo si distribuisce fino a ottobre per ridurre l'esposizione sul capitale circolante, ma stavolta abbiamo preferito mettere subito in sicurezza l'Italia e gli altri Paesi europei dove abbiamo clienti. Eni ha immesso gas in stoccaggio per un controvalore complessivo di 1,8 miliardi di euro.

D. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha convinto Bruxelles che all'Italia, in caso di emergenza, basterà un taglio dei consumi del 7% rispetto al 15% proposto dalla Commissione per tutti gli Stati membri. Davvero sarà sufficiente?

R. Il taglio del 7% indicato da Cingolani non è una novità, è esattamente quello programmato dal piano di emergenza nazionale, e il ministro è stato efficace nel convincere la Commissione europea che nel caso dell'Italia si tratta di una percentuale ragionevole.

D. Nell'Europa che cerca gas si registrano anche interventi pubblici impensabili fino a pochi mesi fa verso i campioni nazionali che improvvisamente annaspano: gli aiuti di Stato a Uniper in Germania, la nazionalizzazione di Edf in Francia. Cosa non ha funzionato?

R. Posso spiegare perché il caso di Eni è differente, come ho detto anche agli analisti. Rispetto ai nostri competitor, uniamo le caratteristiche di un'utility e di un operatore dell'oil & gas. Abbiamo i clienti ai quali vendiamo gas, ma allo stesso tempo lo produciamo. Negli ultimi 10 anni le maggiori scoperte a gas sono state le nostre, dall'Egitto al Mozambico. In questo modo controlliamo tutta la catena. Se invece compri solo gas da terzi per rivenderlo a terzi, e improvvisamente le forniture vengono tagliate dell'80%, per rispettare gli impegni con i clienti sarai costretto ad acquistare gas altrove, finendo per pagarlo di più. Noi non siamo così esposti. E poi c'è il grande sforzo interno al gruppo per sostituire il gas che utilizziamo come energivori per far funzionare raffinerie e stabilimenti chimici con gas sintetico, gpl, nafta, e altri prodotti. Il risultato in termini di efficienza dei costi è stato di 200 milioni di euro, e per il secondo semestre potrebbe raddoppiare.

D. Avete pagato il contributo sugli extra-profitti?

R. Sì, abbiamo versato allo Stato italiano la prima rata, complessivamente pagheremo 560 milioni di euro.

D. Veniamo ai conti del secondo trimestre 2022, che avete presentato il 29 luglio. Numeri record, che il mercato ha premiato con un rialzo del titolo di ben il 6%.

R. Sì, i conti dei tre mesi al 30 giugno 2022 hanno registrato un utile operativo adjusted di 5,8 miliardi di euro, con un aumento del 180% anno su anno e del 13% sul trimestre precedente. Il flusso di cassa di 10,8 miliardi di euro ha coperto gli investimenti organici per 3,4 miliardi e l'intero ammontare dei dividendi. Abbiamo una neutralità di cassa già col Brent a 40 dollari, e le nostre stime per il 2022 lo indicano a una media di 105 dollari.

D. Infatti avete rafforzato il buy-back

R. Lo abbiamo aumentato di 1,3 miliardi di euro portandolo a 2, 4 miliardi di euro, praticamente l'importo massimo deliberato. Destiniamo all'acquisto di azioni proprie il 30% del free cash flow aggiuntivo generato dall'aumento del Brent da 90 a 105 euro. Stimiamo 130 milioni di free cash flow per ogni dollaro di variazione nel prezzo del Brent.

D. E a settembre esordirà il dividendo trimestrale

R. Sì, abbiamo voluto assicurare continuità ai nostri azionisti. La prima rata di 22 centesimi di euro sarà pagata appunto a settembre, per una cedola complessiva di 88 cent. A questi prezzi, sommando anche il buy-back, offriamo un rendimento del 14%.

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0109:10 ago 2022


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August 01, 2022 03:11 ET (07:11 GMT)