MILANO (MF-DJ)--Scatta l'ora dei fondi italiani. Da Style capital ad Archive, da Made in Italy fund a QuattroR, fino a Sator. Brilla la bandiera tricolore tra le società di investimento che scelgono di scommettere sul settore fashion & luxury. Basti pensare alla recentissima liaison tra la holding finanziaria della famiglia Agnelli e Christian Louboutin o al private equity guidato da Roberta Benaglia che ha finalizzato l'acquisizione di Zimmermann.

«Al 31 dicembre 2020, ben 74 operatori finanziari hanno investito in 107 aziende moda (105 italiane e due estere, ndr). Si tratta di 60 brand, 40 realtà operanti nella filiera e sette retailer, di cui un e-tailer», ha spiegato a MFF Emanuela Pettenò, partner Pwc Italy markets and consumer deals leader. Il 62% degli investitori che hanno partecipazioni nel settore sono italiani mentre il 38% stranieri. Oltre ai tradizionali fondi di private equity specializzati, come Carlyle, L Catterton, Lion, Style capital e Made In Italy fund, e quelli generalisti, in tempi recenti anche club di investitori finanziari individuali, family offices e holding di investimento detenute da imprenditori già attivi nel settore con altri marchi hanno dimostrato crescente interesse.

Tra gli esempi di quest'ultima categoria, Pettenò segnala Archive, Borletti group ed Eccellenze italiane. Nello specifico, dei 74 operatori finanziari, 66 sono fondi di private equity che hanno investito in 97 aziende moda. Il 62% dei fondi che ha puntato sul fashion tricolore è esso stesso italiano. Esempi sono i già menzionati Style capital e Made in Italy fund insieme a QuattroR, Sator, Alcedo e Nuo capital, tra gli altri. Venticinque sono invece i private equity stranieri che hanno fatto shopping in Italia focalizzandosi principalmente sui brand. Per esempio, Bc partners con Nicole fashion group, Investindustrail con Sergio Rossi, Permira con Golden goose. In ambito filiera, si citano i deal tra Alpha e Amf snaps, quello di Hig Europe con Cadica group, Bernini e Tessilgraf corporation e infine Xenon con Quake ricami. «Tra gli investitori è ancora preponderante il focus sui marchi ma si sta assistendo a un crescente interesse verso la filiera, meno rischiosa per gli operatori generalisti e più adatta a dinamiche di aggregazione», ha sottolineato Pettenò.

«Nel corso del 2020, il comparto fashion & luxury si è dimostrato terreno fertile per l'attività di M&A», ha evidenziato a MFF Elio Milantoni, partner di Deloitte. Rispetto al 2019, si è registrato un importante incremento del numero di accordi in ambito abbigliamento e accessori (+13 operazioni) e orologi e gioielleria (+1 operazione). In totale, fa notare Milantoni, rispetto all'anno precedente si sono conclusi 29 deal. A livello globale, segnala Deloitte, nel 2020 nella top 10 degli investitori finanziari ordinati per deal value figurano fondi americani ed europei. In primis Sycamore partners, che ha investito 453 milioni di euro, Neuberger Berman group con 298 milioni, Cvc capital partners e gli italiani Style capital, con l'acquisto del 70% di Zimmermann per 210 milioni, ed Exor, che ha rilevato la quota di maggioranza di Shang Xia (già partecipata da Hermès, ndr) per 80 milioni di euro.

Il comparto fashion italiano ha interessato principalmente investitori europei, quali Equinox investiments, Q Group & Pambianco e Finross. Degno di particolare attenzione è l'investimento di Permira in Golden goose, anche in questo caso, in maggioranza, con un enterprise value pari a 1,3 miliardi di euro. «La situazione di mercato è favorevole dal punto di vista dell'offerta di capitali: il dry powder disponibile ha quasi raggiunto i 3 mila miliardi di dollari, di cui 2/3 che cercano allocazione nel capitale di aziende private», ha dichiarato Roberto Bonacina, partner di EY, M&A leader, strategy and transactions. Da parte dei fondi, ha proseguito Bonacina, c'è necessità nel fare operazioni, accentuata dal fatto che la pandemia ha ridotto il numero delle opportunità di investimento effettivamente attivabili e un certo sbilanciamento tra target appetibili e risorse disponibili. Il vasto ammontare di risorse finanziarie sta portando a una differenziazione degli operatori e degli approcci all'investimento. Come già sottolineato, oltre ai fondi chiusi tradizionali, EY riscontra una maggior presenza di holding di investimento a capitale permanente e club deal investors. «Questo aspetto sicuramente favorisce una maggiore convergenza tra gli obiettivi industriali di imprenditori/aziende e quelli finanziari degli investitori», ha precisato l'analista.

Oltre alle società già menzioniate, vanno ricordati tra i fondi di pe italiani e stranieri che hanno scommesso sul comparto moda anche Riello investimenti, che ha da poco rilevato il 65% di Garmont international, Mandarin capital partners, Wise equity, Fondo italiano d'investimento, Vam investments, la controllante di Valentino, Mayhoola for investments, Thrive capital, Tattarang, LionRock capital, Eurazeo, NewOrch, Formentor capital, Holding industriale, Nemo, Italmobiliare, Hony capital, Vanguards e molti altri. «Per il 2021», ha concluso Pettenò, «ci aspettiamo una maggiore prudenza da parte degli investitori finanziari tradizionali sui brand e sulle realtà molto esposte al retail tradizionale, mentre vediamo un'ulteriore crescita il comparto athleisure e gli investimenti nella filiera».

Sarà anche un anno interessante per gli operatori specializzati in turnaround/distressed M&A, sia con riferimento a realtà in portafoglio di fondi tradizionali, che a quelle ancora detenute da imprenditori che non sono riusciti a superare l'attuale situazione di crisi del settore. Alcuni brand stanno cercando comunque di superare il momento con il sostegno del sistema bancario, rinviando la decisione di ingresso di un partner finanziario in attesa di segnali di ripresa quanto meno a livello di ordini.

red/lde

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2309:03 mar 2021

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