MILANO (MF-DJ)--"Non ci potrà mai essere un sì dell'Italia sulle cervellotiche visioni dell'Unione europea, quindi la proposta va rispedita al mittente". Si è spinto forse un po' troppo oltre Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato in quota Forza Italia, ultimo di una lunga fila di esponenti della maggioranza che si sono scagliati contro la direttiva europea che vorrebbe imporre la ristrutturazione del patrimonio immobiliare di tutto il continente in case green. Peccato che il sì dell'Italia ci sia già stato: a dare il via libera è stato Gilberto Pichetto Fratin, suo collega di partito, ma soprattutto - l'elemento che conta per il peso del sì - ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica.

La ricostruzione, spiega La Repubblica, parte dal 25 ottobre scorso. Il governo Meloni ha giurato solo tre giorni prima. Pichetto Fratin parte per il Lussemburgo per la riunione del Consiglio europeo che all'ordine del giorno ha - tra le altre cose - la proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici. Si discute, poi si tirano le conclusioni. C'è l'accordo: i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero entro il 2030, quelli esistenti entro il 2050. E' lunga la lista delle misure che gli Stati membri "hanno convenuto" di adottare, come si legge in un resoconto della riunione. C'è anche l'obbligo, per tutti gli immobili residenziali, di passare alla classe energetica D entro il 2033. Proprio una delle indicazioni che la maggioranza ora chiede di cancellare. Risoluzione presentata da Fratelli d'Italia, il partito della premier, alla Camera: dentro il testo compare l'obiettivo contestato, ma a essere messo in discussione è l'orientamento della direttiva.

All'epoca, in Lussemburgo, il ministro Pichetto Fratin si era espresso in modo diverso sulla direttiva degli edifici green: "esprimo apprezzamento da parte dell'Italia, un equilibrio tra ambizione e fattibilità, in uno spirito che possiamo accettare". Ma va detto che le circostanze non l'hanno di certo aiutato: nominato ministro solo tre giorni prima (quando, tra l'altro, fino all'ultimo sembrava destinato a un altro dicastero), si è ritrovato catapultato a un vertice europeo avendo appena fatto in tempo studiare il dossier. Non per nulla, a quel vertice venne accompagnato dal suo predecessore, l'ex presidente dell'Istituto italiano di tecnologia Roberto Cingolani, proprio per ragguardarlo sul lavoro svolto nei 18 mesi precedenti su questo e altri temi ambientali del governo Draghi.

Due mesi e mezzo dopo cambia la linea del governo sull'obbligo di ristrutturazione. E si va verso un nuovo scontro con Bruxelles. Il voto al Parlamento europeo è slittato dal 24 gennaio al 9 febbraio ma l'indicazione che arriva sempre dalla Commissione Ue è di chiudere la partita entro fine giugno. Bisognerà dire no se si vorrà provare a fermare la direttiva. Dopo aver detto sì neppure tre mesi fa.

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January 16, 2023 02:42 ET (07:42 GMT)