Una banca che dà credito per finanziare la crescita prendendosi anche, quando ve ne siano le motivazioni industriali, dei rischi "non convenzionali" cioè non misurabili in base ai semplici e sacri crismi del rating: esiste, e non a caso di chiama Illimity, l'istituto di credito fondato e guidato da Corrado Passera neanche quattro anni fa, in utile dal primo semestre, innovativo nel dna ma non succube del digitale, visto che in neanche 48 mesi ha assunto oltre 800 persone. Al suo interno, c'è un'altra divisione che ha un bel nome, e sforna una corona di "case histories" di rilanci o decolli aziendali di imprese individuate e sostenute da Illimity che fa invidia a molti storici colossi del mercato. Si chiama "Growth credit", parla di crescita appunto fin dal nome, ed è guidata da Enrico Fagioli, banker di lungo corso, che sta insomma sfidando il mitico aforisma di Mark Twain secondo cui un banchiere "è uno che ti presta l'ombrello quando c'è il sole e lo rivuole indietro appena comincia a piovere".

«Fa piacere essere apprezzati dal mercato, ma in qualche modo lo consideriamo l'effetto quasi scontato di alcune premesse della nostra azione, di alcune ragioni strutturali che hanno ispirato il nostro approccio, e che oggi spiegano le storie vincenti che effettivamente iniziano a moltiplicarsi nel nostro palmares», dice Fagioli. «Innanzitutto - prosegue - quando siamo partiti avevamo chiarissima in testa l'idea di cosa volevamo fare e anche di quel che non volevamo fare, non volevamo cioè essere generalisti ma specializzati nel sostegno alle imprese meritevoli. E abbiamo avuto all'attivo la totale libertà da qualsiasi vincolo col passato, per dirla bene: qualsiasi legacy, di quelle che spesso zavorrano e frenano. Il nostro business è quindi rimasto focalizzato e funzionale ai nostri obiettivi».

Schematizzando, Illimity ha individuato tre filoni essenziali di attività. Il primo è stato rivolto alla cosiddetta "finanza complessa" destinata ad aziende sane, performanti, ma impegnate a superare problemi di crescita o di ridefinizione strategica o di grandi investimenti per acquisizioni o ristrutturazioni: quindi con necessità di finanziamenti per finalità precise, da capire e sostenere.

La seconda attività è stata la ristrutturazione finanziaria di aziende in crisi, di quelle i cui debiti in banca vengono definiti "utp", orrida sigla inglese che significa "unlikely to pay", ovvero "che è improbabile che vengano rimborsati", e quindi sono tenute al bando dagli istituti di credito tradizionali. In realtà su alcune di esse - non tutte, sia chiaro! - si può intervenire per costruire un rilancio: «E ne abbiamo colte già tante in questa fase difficile del loro percorso affiancandole e permettendone il risanamento - racconta Fagioli - sia quando erano appena entrate in crisi ma potevano ancora essere salvate dal peggio, sia quelle che invece erano già in ristrutturazione. Nei casi virtuosi, queste aziende proprio a causa della crisi hanno cambiato approccio e, attraversato il deserto, hanno organizzato al loro interno una funzione di controllo di gestione per non ricaderci, che nel 90% delle aziende italiane non c'è».

In questi casi l'intervento si articola in molti modi diversi: dall'assistenza finanziaria ma anche consulenziale per la chiusura di eventuali procedure stragiudiziali all'assistenza ad eventuali dismissioni di attività non-core, ristrutturando comunque il debito in essere con formule più sostenibili.

«E poi abbiamo puntato sul factoring - prosegue Enrico Fagioli - che consideriamo uno strumento potente per aiutare il circolante delle imprese. Devo confessare che siamo molto orgogliosi di quel che abbiamo fatto. È un servizio-prodotto complicato da gestire con efficienza perché ogni settore ha sue regole, c'è ben poco di standardizzabile. È stato per noi uno strumento sia per finanziare le vendite sia per finanziare gli acquisti dei nostri clienti, sia il magazzino. Il mercato italiano nel '21 è stato di 240 miliardi di euro di fatture, con circa 60 di stock, e il mercato è molto concentrato sui primi tre attori, tre colossi, dei gruppi Intesa, Unicredito e Bnp Paribas. Partendo da zero nel 2019, con 30 risorse dedicate, abbiamo raggiunto i 1,5 miliardi di euro di turnover negli ultimi 12 mesi, un bel risultato, che naturalmente non ci basta ma ci gratifica».

E lungo queste tre direttici, la divisione Growth Credit ha inanellato davvero molte case histories di successo. Tra le più recenti quella di Fintyre, il più grande distributore italiano di pneumatici, andato in crisi per acquisizioni all'estero rivelatesi infelici ma fortemente radicata nel mercato interno, che è stato acquistato da un fondo di equity distressed con una simultanea ristrutturazione finanziaria e un bel supporto del factoring, che ha coinvolto anche la filiera dei clienti, migliaia di gommisti in tutta Italia.

«A chi ci chiede qual è l'ingrediente segreto di queste operazioni - sottolinea Fagioli - rispondiamo la verità: in queste operazioni ci facciamo affiancare sempre dai nostri tutor, veri e profondi esperti del settore, e addirittura e addirittura del subsettore in cui andavamo a operare. E' un'attività molto impegnativa, che assorbe tempo, ma garantisce risultati ottimali. La struttura industriale italiana si articola in un'infinità di subsettori non facili da comprendere per chi li guardi dall'esterno, e se non li si conosce non si può operare bene».

Alcune operazioni hanno interessato gruppi grandi o grandissimi, ed Illimity vi ha partecipato sia da sola che con altri, da Astaldi (una grossa ristrutturazione debitoria) a Saipem, storie chiuse comunque positivamente, i cui saldi raccontano una parte della storia ma non tutta: «Facciamo, in modo rinnovato, quel che negli anni Settanta faceva l'Imi, che però lavorava solo sul medio termine. Ci avviciniamo a ogni azienda per capire cosa intende fare e cosa può fare, dentro le regole del suo settore. In alcuni settori come energia e real estate abbiamo sviluppato un forte know diretto. E riteniamo, ovviamente, che la stretta creditizia in corso potrà ulteriormente favorire la nostra attività».

Con simili premesse, inevitabile che le storie di successo si moltiplichino e spesso "facciano notizia": com'è accaduto con Egea, azienda pubblico-privata multiservizi nei settori dell'energia e dell'ambiente, con un'operazione di finanza strutturata da 100 milioni di euro allestita da zero all'erogazione in un mese e mezzo (un tempo da Guinnes dei primati). O la storia divertente e curiosa de "L'Orto di Jack", un'azienda che si occupa di rifornire i ristoranti e gli hotel di fascia medio-alta con prodotti vegetali freschi e di altissima qualità. Ebbene, come racconta volentieri Giuseppe Carciati, founder e Co-Ceo dell'azienda, l'azienda ha finanziato con l'aiuto di Illimity un piano di aperture di punti vendita «che ci permetterà, al 2025, di avere almeno 80/100 negozi e di arrivare ad un fatturato di 80/100 milioni di euro, che comprenderanno tutta la nostra parte di retail B2b e B2c, con un Ebitda di almeno 10 milioni».

UN ECOSISTEMA DIGITALE UNICO

Illimity ha un modello di operatività virtuosamente ibrido, cioè fortemente digitale ma convintamente sostenuto dalla componente umana. Nel primo ambito ricade b-ilty, considerato il primo business store digitale di servizi finanziari e crediti per le piccole e medie imprese, tra i 2 e i 10 milioni di ricavi. La finalità con cui è nato è quella di semplificare la vita agli imprenditori, rendendo più semplice la gestione della quotidianità. In che modo?Unendo in un unico ecosistema digitale tutta l'operatività bancaria, integrando gli strumenti per supportare la crescita aziendale con soluzioni che si adeguano alle esigenze specifiche di ciascuno. Il tutto, con un accesso in abbonamento "all inclusive" che viene continuamente arricchito di nuove funzionalità, prodotti e servizi.

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illimity Bank S.p.A. published this content on 03 October 2022 and is solely responsible for the information contained therein. Distributed by Public, unedited and unaltered, on 03 October 2022 08:43:00 UTC.