I risultati disastrosi pubblicati ieri dal secondo produttore mondiale di semiconduttori sollevano tre questioni.
In primo luogo, il suo caso ricorda in modo impressionante quello di Boeing, nel senso che anche in questo caso troviamo un'azienda dominante in una situazione di duopolio - all'epoca si poteva addirittura dire che Intel avesse un monopolio - e detentrice di un know-how sovrano che perde persino la sua ragion d'essere a causa di un capitalismo finanziario esacerbato.
Come il costruttore di aerei, Intel ha trascorso troppi anni ossessionata dalla distribuzione di dividendi agli azionisti (fino a indebitarsi pericolosamente, certa che il futuro sarebbe stato simile al passato) piuttosto che dall'innovazione e dalla competitività dei suoi prodotti.
Un desiderio così malato di impressionare i mercati finanziari non può che portare al disastro. Purtroppo, questo è un corollario fin troppo comune della nostra società della comunicazione - o addirittura dello spettacolo - continua e istantanea.
In secondo luogo, nel lungo periodo, è chiaro che il destino di tutte o quasi tutte le imprese ipercapitalistiche è quello di fallire, anche quando sembrano operare da una posizione di forza.
Su queste pagine, al momento della nomina di Pat Gelsinger a CEO, abbiamo sottolineato la difficoltà che Intel avrebbe avuto non nel creare valore per i suoi azionisti, ma nel non distruggerlo. Come si fa a cancellare 40 miliardi di dollari all'anno di spese in conto capitale - 25 miliardi di dollari in immobilizzazioni e 15 miliardi di dollari in R&S - quando le vendite ristagnano e i margini sono in caduta libera? L'equazione è quasi impossibile.
In terzo luogo, i famosi ""moats" o pseudo vantaggi competitivi sostenibili tanto decantati dagli analisti e dalle comunicazioni finanziarie di alcune società quotate in borsa sono in realtà sempre più fragili di quanto si pensi.
Quindici o vent'anni fa, era difficile immaginare un vantaggio competitivo più inattaccabile di quello di Intel, poiché nessuno era in grado di sfidare il gruppo non solo per il suo know-how tecnologico, ma ancor più per le economie di scala rese possibili dall'ubiquità del famoso "Intel Inside".
Senza voler essere eccessivamente catastrofisti, un esempio così agghiacciante potrebbe fornire agli azionisti di Visa e MasterCard alcuni spunti di riflessione da capogiro...