MILANO (MF-DJ)--Nei prossimi mesi il sistema bancario dovrà accompagnare l'economia italiana verso la ripresa. Un percorso che richiederà a intermediari, policy maker e regolatori una convergenza di sforzi pur su piani differenti. Ne è convinto Mauro Micillo, responsabile della divisione Imi Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo. Come ha puntualizzato il premier Mario Draghi nel suo discorso d'insediamento, la selezione sarà necessaria. Ma per Micillo oggi istituti e aziende hanno a disposizione molti strumenti per avviare la risalita, a partire dalla circular economy.

Domanda. Micillo, che bilancio può fare per il corporate and investment banking di Intesa Sanpaolo nel 2020?

Risposta. Prima di tutto voglio ringraziare le colleghe e i colleghi di Intesa Sanpaolo. Garantire la continuità del servizio in un contesto così drammatico come è stato quello della pandemia non sarebbe stato possibile senza l'impegno di tutti. Nel presentare i risultati del 2020 il mio primo pensiero va a loro. Venendo ai numeri, siamo soddisfatti. L'utile netto della divisione Imi Cib ha raggiunto il livello di 1,9 miliardi (2,8 miliardi ante imposte), che supera il precedente record del 2019. Se guardiamo al risultato della gestione operativa, cioè alla parte organica del business, l'incremento anno su anno è stato quasi del 10%. Andando più nel dettaglio, la crescita è stata eccellente non solo per il segmento mercati, ma anche per le attività con clientela. Lo dimostra l'aumento a doppia cifra di margine di interesse e impieghi a clientela che attesta il sostegno all'economia reale sia a livello italiano che internazionale. Il cost/income è sceso al 25,4%, uno dei livelli più bassi al mondo e meno della metà della media dei nostri competitor. Voglio peraltro aggiungere che questi risultati sono stati raggiunti non solo nel mezzo della pandemia, ma anche mentre era in corso la delicata fusione di Banca Imi nella capogruppo, chiusa a luglio 2020.

D. Intesa viene spesso vista come una banca domestica, ma la componente estera sta crescendo. Quanto pesa oggi per voi?

R. È una componente fondamentale del nostro modello, sia per accompagnare aziende italiane nel processo di internazionalizzazione sia per intercettare la domanda di imprese estere. Basti pensare che già oggi almeno il 50% dei nostri ricavi da clientela arriva dall'estero. Anche quest'anno la componente internazionale ha dato un forte impulso alla crescita senza contare che con un rischio Italia più contenuto potremo beneficiare di un costo della raccolta più basso e quindi competere più facilmente con le grandi banche del Nord Europa. Quanto alle presenze dirette, abbiamo appena inaugurato una filiale a Sidney su cui crediamo molto e nei prossimi anni guarderemo sicuramente con grande attenzione il Far East, dalla Cina all'India. In prospettiva anche l'Africa potrebbe diventare un mercato interessante.

D. Come stanno andando le prime settimane del 2021 nelle principali aree d'attività?

R. Il 2021 è partito bene. Sui mercati primari (in ambito Emea), che sono più legati all'economia reale, registriamo una buona attività sull'equity capital market dove abbiamo in scaletta ipo ed emissioni convertibili. Segnali positivi arrivano anche dal m&a: dopo un 2020 molto buono, oggi vediamo un numero particolarmente robusto di potenziali operazioni sia per il large corporate sia per le mid cap. È partito invece a passo un po' più lento il debt capital market, ma anche in questo ambito i numeri restano brillanti.

D. Che prospettive economiche vede per quest'anno?

R. La ripartenza è un problema non di «se» ma di «quando», visto che in Europa le politiche monetarie e fiscali espansive spingono tutte in questa direzione. Certamente il contenimento della pandemia costituisce ancora un'incognita di cui bisogna tener conto, ma credo che nella seconda metà dell'anno la risalita potrà iniziare. Con un passo spedito.

D. Nel frattempo oggi quali sono le priorità delle aziende italiane?

R. Il 2020 è stato l'anno dell'emergenza. La priorità è stata evitare che il Covid precludesse alle aziende la possibilità di ripartire. Anche se la pandemia non è superata, le iniziative messe in campo dal governo e lo sforzo profuso dal sistema bancario -con un ruolo rilevante di Intesa Sanpaolo- hanno stabilizzato il quadro. Oggi il percorso che dobbiamo affrontare con le aziende parte da un ripensamento della struttura del capitale e del debito per accompagnare la ripartenza. Si tratterà di un esercizio delicato e non dobbiamo nasconderci che non tutte le aziende riusciranno a ripartire. Proprio per fronteggiare questa eventualità abbiamo incrementato in misura consistente gli accantonamenti.

D. Mario Draghi si è soffermato proprio su questo processo e sulla necessità di compiere uno sforzo di selezione all'interno del sistema produttivo. Qual è la sua opinione?

R. Si tratta di un problema che si interseca con le scelte della politica economica. Se da un lato è chiaro che tutti i lavoratori dovranno essere tutelati, dall'altro sarà utile capire su quali settori strategici intende puntare il governo. Come lo stesso Draghi ha già sottolineato in passato, gli Stati devono intervenire dove c'è un fallimento di mercato, lasciando poi al settore privato la possibilità di aggiustare gli squilibri ed eventualmente riallocare il capitale e la capacità produttiva.

D. Il debito privato potrebbe diventare un problema?

R. Le strutture di indebitamento delle aziende e le loro posizioni di cassa sono evidentemente cambiate nel corso della pandemia. Oggi però il livello dei tassi, la liquidità abbondante e l'imminente ripresa possono aiutare a rientrare. Anche perché il minor costo del debito vale per lo Stato come per i privati e la crescita economica potrebbe ristabilire la normalità in un paio di anni. Per raggiungere questo obiettivo serve ovviamente il sostegno delle politiche espansive, ma anche il buon funzionamento del canale di trasmissione della politica monetaria.

D. Quali dovrebbero essere le condizioni per far funzionare al meglio il moltiplicatore monetario?

R. Servono misure che non siano procicliche dal punto di vista della regolamentazione prudenziale. Mi rendo conto che gli interessi in campo possono essere confliggenti: se da un lato l'interesse della vigilanza è avere banche patrimonialmente robuste, dall'altro requisiti di capitale più elevati possono rallentare la trasmissione dalla politica monetaria. Resto però ottimista che si possa trovare un punto di equilibrio anche perché finora le banche italiane, a partire da Intesa Sanpaolo, hanno rafforzato in maniera consistente capitale e liquidità.

D. In questi ambiti che ruolo possono giocare le tematiche Esg?

R. Un ruolo assolutamente centrale, come dimostra l'attenzione che Intesa Sanpaolo sta dedicando a queste tematiche. Siamo sin dal 2015 -in questo precursori tra le grandi banche- il partner finanziario di un faro della circular economy come la Ellen MacArthur Foundation e, solo tra il 2019 e il 2020, abbiamo chiuso molte importanti operazioni in questo ambito con controparti come Tesco, Moncler, Pirelli e Italo. Ormai del resto non si tratta più di un argomento di nicchia, ma di una tematica mainstream. Basti pensare che solo l'anno scorso i finanziamenti sostenibili a livello globale sono saliti del 21% a 162 miliardi.

D. In che modo la sostenibilità potrebbe accelerare la ripresa?

R. Cito solo un esempio. Se sui principi Esg si arrivasse a una tassonomia unica a livello europeo, la Bce potrebbe concedere alle banche un capital relief che si tradurrebbe in un minore assorbimento di rwa per gli impieghi a quel punto certificati. Soprattutto in una fase come quella attuale, una scelta del genere costituirebbe un volano di straordinario valore per le erogazioni, imprimendo un'ulteriore accelerazione al meccanismo di trasmissione.

D. Nei prossimi anni molte banche potrebbero scegliere la strada del consolidamento. Che vantaggio vi ha dato esservi mossi per primi con l'opas su Ubi?

R. La scelta fatta dal nostro ceo Carlo Messina e dal cda di essere first mover nel consolidamento bancario è stata quanto mai azzeccata. Si è trattato di un'operazione impegnativa, ma i risultati che già oggi vediamo mi sembrano molto positivi. Non solo i cantieri di integrazione procedono speditamente, con la piena collaborazione di tutto il personale ma, anche grazie all'eccellente lavoro che sta facendo Gaetano Miccichè, Ubi sta esprimendo risultati economici di soddisfazione e le sinergie del deal si stanno dimostrando superiori al previsto.

D. Altre banche seguiranno il vostro esempio?

R. Farei una distinzione: su base transfrontaliera mancano ancora un po' di condizioni, anche se la pandemia potrebbe imprimere un'accelerazione. Sui mercati domestici invece le integrazioni saranno valutate seriamente, perché molte banche hanno forte necessità di realizzare economie di scala. Una scala che oggi serve soprattutto per realizzare gli investimenti tecnologici necessari a restare competitivi.

D. Il governo Draghi è stato accolto con grandi aspettative. Che segnale arriva dai mercati?

R. L'autorevolezza di Draghi non ha certo bisogno di commenti. Osservo a tal riguardo come nelle ultime settimane la componente del rischio Italia riconducibile a variabili domestiche si sia notevolmente ridimensionata. Segnale evidente che oggi i mercati credono molto di più nella nostra capacità di mettere a terra progetti e investimenti per sostenere la ripresa e innalzare strutturalmente la nostra crescita potenziale. Mi pare un ottimo punto di partenza per iniziare la risalita.

red

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2208:03 feb 2021

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February 22, 2021 02:05 ET (07:05 GMT)