MILANO (MF-DJ)--Le debolezze, ma anche le virtú, della filiera

produttiva italiana composta per il 90% da Pmi, sottocapitalizzata e

concentrata su produzioni talvolta a basso valore aggiunto sono state al

centro del convegno 'Trasformazione e sostenibilita', le sfide e le

opportunitá per la filiera automotivè. Carenze su cui è necessario

lavorare soprattutto in un contesto di transizione e definizione di nuovi

equilibri come quello attuale.

"La filiera dell'auto ha continuato a essere interessata dal fenomeno della decentralizzazione, finalizzato al contenimento dei costi e accelerato dalla progressiva riduzione e modularizzazione delle piattaforme produttive dei grandi costruttori", ha affermato Mauro Micillo, chief of Imi Corporate & Investment Banking Division di Intesa Sanpaolo, aprendo l'evento. "Tale ricerca di efficienza è ben testimoniata, ad esempio, dalla fusione che ha interessato due dei principali produttori europei, Fca e Psa, che nel 2019 hanno annunciato la nascita di Stellantis. Parlando di consolidamento, lasciatemi precisare che, nonostante le azioni poste in essere dai capi-filiera nel corso degli ultimi anni, il settore in Italia era e rimane estremamente frammentato, in quanto oltre il 90% della filiera automobilistica è costituito" da Pmi.

I dati sul settore automotive dimostrano quanto il comparto sia strategico per il sistema economico europeo: l'8% del Pil dell'Unione Europea è rappresentato da ricavi generati dal comparto auto;

l'11,5% della forza lavoro manifatturiera e ben il 6,6% della forza lavoro complessiva in Europa è coinvolta nel settore. Da una ricerca realizzata dall'Area studi di Intesa Sanpaolo emerge che la vera sfida per la filiera italiana è la revisione del business model e la necessitá di fare massa critica anche attraverso operazioni di consolidamento.

L'intero ecosistema dell'auto sta vivendo una trasformazione epocale

guidata da diversi fattori, fra cui il cambiamento nelle preferenze dei

consumatori, la spinta legislativa verso modelli di sostenibilitá di

lungo termine, l'evoluzione tecnologica a favore di modelli di trazione

green, la crescente digitalizzazione e nuovi sviluppi nell'ambito delle

filiere di approvvigionamento internazionali.

Per competere in tale contesto, occorreranno cambiamenti strutturali degli investimenti a favore della transizione Esg, della smart mobility, della crescita di scala per tutte le aziende della filiera, attraverso una profonda revisione del business model tradizionale, oltre a forme di aggregazione per ottenere massa critica.

In occasione dell'evento, la Direzione Studi e Ricerche di Intesa

Sanpaolo ha inoltre presentato i risultati di un'indagine realizzata ad

hoc tra marzo e giugno di quest'anno. Sono state intervistate 126 imprese

specializzate nella filiera dell'automotive italiana, soprattutto di

dimensioni medie e grandi, con un fatturato complessivo che nel 2021 è

stato pari a circa 15 miliardi di euro.

Le imprese coinvolte mostrano una buona diversificazione produttiva e

una elevata propensione a innovare: il 69% ha, infatti, un centro di

ricerca e sviluppo, con punte del 78% tra le imprese piú grandi.

I fornitori di tecnologie e le universitá potranno divenire i

principali partner delle aziende del settore: sono, infatti, stati

indicati come potenziali partner rispettivamente dal 61% e dal 54% delle

imprese intervistate.

Quasi nove imprese su dieci dichiarano di considerare un'opportunitá la

transizione tecnologica in corso nel settore. Sono però necessari

rilevanti investimenti in R&S e vi è ancora un forte legame tra

dimensione dell'impresa e progetti di innovazione.

Tornando alle carenze della filiera Fabio Matti, Responsabile Industry

Automotive&Industrials, divisione Imi Corporate & Investment Banking di

Intesa Sanpaolo, ha aggiunto: "Tanta filiera è concentrata su trend che

non sono particolarmente vincenti. Un conto è fare componenti per motori

a scoppio, un conto è fare sensoristica ed essere posizionati

sull'elettrico".

L'esecutivo deve farsi trovare pronto di fronte a questa trasformazione del settore. "Siamo il Paese della componentistica, siamo il fornitore della grande industria automobilistica tedesca. Ricordo che abbiamo 70-80 mila posti a rischio sul fronte della produzione. Abbiamo circa 400 imprese che dovranno cambiare mestiere. Dobbiamo essere pronti, puntuali e tempestivi nell'accompagnare questo cambiamento di mestiere.

Questa è la sfida che abbiamo", ha affermato Gilberto Pichetto Fratin, viceministro dello Sviluppo Economico.

"L'automotive in Italia occupa direttamente 270-280 mila persone con 50 mld di fatturato diretto ma complessivamente occupa piu di 1,2 milioni di persone con fatturato fatturato complessivo di 350 mld. Il 20% del Pil del nostro Paese è legato al settore automotive", ha proseguito.

Un altro tema in chiaroscuro è il valore borsistico, spesso eccessivo, riflettuto dall'elettrico. "I mercati e le borse ci stanno dicendo cose un pò contro-intuitive: la Tesla che è a valle della rivoluzione verde che sta attraversando il settore automotive vale in Borsa il 120% della somma delle market cup dei maggiori 10 produttori mondiali: nel 2020 rappresentava meno del 10%. Non solo: Tesla vede 1,1 mln di capitalizzazione per veicolo venduto quando per i produttori tradizionali questo range è compreso tra i 10 mila e i 40 mila dollari per unitá venduta: questi eccessi è mia convinzione che verranno ridotti", ha affermato Massimo Mocio, deputy chief Divisione Imi Corporate &

Investment Banking di Intesa Sanpaolo, chiudendo il convegno.

cce

MF-DJ NEWS

3018:01 giu 2022


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June 30, 2022 12:03 ET (16:03 GMT)