In media, il fatturato è aumentato del 6,2% all'anno dal 2017, mentre il dividendo pagato è passato da 1,7 a 2,8 dollari per azione. Il problema, perché un problema c’è, è che i margini sono in calo e gli utili per azione sono rimasti fermi nel periodo.

Secondo uno schema abbastanza classico, la distribuzione sostenuta di dividendi ha spinto il gruppo a indebitarsi. Da una posizione di cassa di 250 milioni di dollari — che gli analisti si aspettavano venisse utilizzata per le acquisizioni — la società ha ora un debito netto di 100 milioni di dollari.

Mantenendo a galla il rendimento del capitale proprio, questa leva finanziaria nasconde in parte il crollo dei risultati economici, dovuto al deterioramento della posizione negoziale di J&JSF nei confronti dei supermercati e delle principali catene di fast-food e, naturalmente, all'inflazione che ha dilagato negli ultimi due anni.

In tal senso, le sfide che il gruppo deve affrontare sono le stesse che deve affrontare l'intero settore dei beni di consumo. La differenza è che J&JSF non ha la potenza di fuoco o il pricing power di Nestlé e nemmeno — a quanto pare — di Colgate-Palmolive, di cui abbiamo parlato recentemente nelle nostre rubriche qui e qui.

In particolare, i risultati trimestrali del gruppo pubblicati ieri mostrano un'inversione di tendenza: la crescita delle vendite si è arrestata, mentre la redditività è migliorata in modo significativo. Va inoltre sottolineato che la posizione finanziaria rimane molto confortevole, con un debito netto inferiore a un anno di EBITDA.

La valutazione è attualmente pari a x13 di EBITDA e x29 di utile per azione. Negli ultimi anni è scesa costantemente, riflettendo il ritorno degli investitori ad aspettative più realistiche. Tuttavia, anche la valutazione non è particolarmente attraente.