Il forte miglioramento degli utili non è riuscito a mascherare le preoccupazioni degli investitori per le turbolenze che hanno colpito la più grande banca privata indipendente della Svizzera. Nel 2023, i conti sono stati pesantemente appesantiti dalle svalutazioni legate al debito privato della società immobiliare fallita Sigma. Questa vicenda continua a tormentare Julius Bär, dato che la FINMA ha aperto un procedimento formale contro la banca per carenze di controllo in relazione al caso. L'esposizione verso l'impero immobiliare dell'austriaco René Benko è stimata in 606 milioni di franchi svizzeri.

Il nuovo CEO, Stefan Bollinger, ha promesso di fare pulizia e si è visto costretto a intensificare la ristrutturazione per non allontanarsi dagli obiettivi fissati per il 2025. Ha quindi annunciato l'eliminazione di 400 posti di lavoro nella Confederazione e la riduzione del numero di membri del Consiglio di amministrazione da 15 a 5. Queste misure dovrebbero generare risparmi per 110 milioni di CHF, migliorando al contempo il controllo interno. Bollinger presenterà un aggiornamento strategico prima dell'estate del 2025, con nuovi obiettivi a medio termine.

Oltre a questo ritardo negli indici di performance, l'altro elemento che ha fortemente scontentato gli investitori è stata la decisione, di notevole portata, di non lanciare un programma di riacquisto di azioni. “Il coefficiente patrimoniale CET1 equivalente B3F del 14,2% alla fine del 2024 è leggermente superiore alla soglia minima di riacquisto di azioni proprie del 14% definita nella politica di distribuzione del capitale del gruppo. Tuttavia, il Consiglio di amministrazione ha deciso di non perseguire il lancio di un nuovo programma di riacquisto di azioni”, spiega la banca nel suo comunicato stampa.

Questa decisione è prudente dal punto di vista gestionale, ma il mercato non gradisce molto i segnali di fragilità patrimoniale. Senza fare paralleli equivoci, l'agonia e il successivo crollo del Crédit Suisse hanno lasciato il segno in Svizzera. Julius Bär pagherà comunque un dividendo di 2,60 CHF per azione. Paradossalmente, non sono gli eventi recenti ad aver penalizzato il CET1 ratio, ma il nuovo metodo di calcolo e l'integrazione delle dolorose passività della filiale americana. Risolta da un accordo firmato nel 2015, questa passività viene assorbita solo dopo dieci anni, cioè alla fine dell'anno.

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In due anni, Julius Bär ha nettamente sottoperformato il suo settore

In definitiva, tutto questo dà un'impressione di fragilità che spicca nel panorama bancario. L'unico punto positivo tangibile è la modesta crescita degli asset in gestione nel 2024. Ma gli investitori necessitano di ulteriori elementi di rassicurazione prima di poter rinnovare la loro fiducia nel progetto.