PARIGI/MILANO (awp/ats/ans) - Il 'profit warning' lanciato ieri a mercati chiusi da Kering ha fatto affondare in Borsa il gruppo francese che realizza due terzi del suo utile con Gucci. Il colosso di proprietà di Francois-Henri Pinault è arrivato a perdere fino al 15% sul listino di Parigi dove ha concluso la seduta in ribasso dell'11,9% fra i dubbi degli analisti sulla capacità di rilanciare proprio il marchio Gucci.
L'ex brand italiano non riesce più a fare apprezzare appieno i suoi prodotti 'storici', soprattutto in Cina, e ha bisogno di tempo per avere un riscontro sull'abbigliamento firmato dal nuovo direttore creativo Sabato de Sarno, arrivato in alcuni flagship stores solo a metà febbraio. Le revisione al ribasso delle stime sui ricavi e di conseguenza sull'utile di Kering da parte della case di investimento, alla base tonfo del titolo francese e dell'effetto a catena su altri titoli della moda, è arrivata dopo che il gruppo ha anticipato alcuni numeri dei risultati del primo trimestre, che verranno comunicati il 23 aprile.
L'azienda prevede un fatturato, a parità di perimetro e cambi, in calo del 10% e quello di Gucci di quasi il 20% penalizzato soprattutto dalle vendite nell'area Asia e Pacifico. A questo si aggiunge un impatto negativo dell'1-2% dalla recente dall'acquisizione dei profumi Creed e dai cambi.
Sebbene per gli analisti le difficoltà siano per molti versi specifiche del marchio Gucci l'allarme lanciato da Kering ha sollevato più di una domanda e non solo sulla capacità del gruppo francese, che ha in mano anche Yves Saint Laurent e Balenciaga, a proseguire sul fronte delle acquisizioni. A preoccupare gli investitori è un andamento dei ricavi dell'intero settore del lusso meno brillante di quanto ci si attendeva per il 2024. Soprattutto in Cina sebbene finora nel paese asiatico i concorrenti abbiano fatto meglio di Kering: Lvmh, forte di un portafoglio di brand più ampio (-1,6% oggi a Parigi) ed Hermès grazie alle lunghe liste di attesa per le sue borsette (invariata in Borsa a +0,02%).
Il warning del gruppo di Pinault ha piuttosto penalizzato in prima battuta Prada, quotata alla Borsa di Hong Kong (-2,2%): il marchio italiano realizza in Cina intorno al 25% del suo fatturato al pari di Lvmh e di Kering. Burberry, che secondo Equita nel Paese fa circa il 32% del fatturato, è stato fra i marchi del lusso che ha sofferto di più in Borsa a Londra (-3,3%). A Piazza Affari è andata meglio a Moncler (-0,4%) che realizza quasi il 30% del suo fatturato nell'area cinese ma che di recente ha fornito segnali positivi sulla partenza dell'anno e in generale sulla performance in Cina, Corea e Giappone. Ha retto l'onda d'urto anche Brunello Cucinelli (+0,8%) la meno esposta in Cina (15% del suo fatturato).
Gruppo globale del lusso, Kering gestisce lo sviluppo di una serie di rinomate Case di moda, pelletteria e gioielleria: Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga, Alexander McQueen, Brioni, Boucheron, Pomellato, Dodo, Qeelin, Ginori 1735, oltre a Kering Eyewear e Kering Beauté. Ponendo la creatività al centro della sua strategia, Kering consente alle sue Case di stabilire nuovi limiti in termini di espressione creativa, realizzando al contempo il Lusso di domani in modo sostenibile e responsabile. Cattura queste convinzioni nella sua firma: Empowering Imagination. Nel 2023, Kering avrà 48.964 dipendenti e un fatturato rideterminato di 19,6 miliardi di euro. Alla fine del 2023, il Gruppo aveva una rete di 1.771 negozi gestiti in proprio, situati principalmente in Europa occidentale (367), Nord America (316), Giappone (238) e nei Paesi emergenti (698). Le vendite nette sono distribuite geograficamente come segue: Europa occidentale (27,6%), Giappone (7,2%), Asia/Pacifico (35%), Nord America (23%) e altri (7,2%).