La flessione è molto meno amara se si considerano i primi nove mesi dell'anno, con un calo del fatturato di appena il 3% rispetto al periodo precedente.

Inoltre, tutti i segmenti di Kering hanno registrato una forte crescita se ci si concentra sugli ultimi cinque anni: dal 2018, Gucci ha aumentato le vendite del 26%, Saint-Laurent dell'89%, Bottega Veneta del 57% e le altre case dell'84%; mentre Kering Eyewear, lanciata nel frattempo come joint venture con Richemont, sta vivendo una crescita fulminante.

Un simile record merita di mitigare le critiche, anche al termine di un trimestre deludente. La principale vulnerabilità di Kering, come sappiamo, rimane l'estrema dipendenza da Gucci, che da sola rappresenta i due terzi dell'utile operativo. Notiamo inoltre come, a causa della mancanza di scala, i vari marchi della gamma di gioielleria e oreficeria abbiano finora faticato a emergere.

Il lusso, tuttavia, è un business a lungo termine. Kering, che ha tradizionalmente scelto la via nobile nella sua strategia di sviluppo dei marchi, lo predica e lo pratica forse meglio di chiunque altro. François Pinault e il suo team sono ben consapevoli della necessità di una svolta, se non di una trasformazione.

Dopo alcuni anni di inerzia, si susseguono le operazioni: l'acquisto della profumeria Creed — relativamente poco nota al grande pubblico, ma molto rinomata in alcuni circoli di addetti ai lavori — e l'acquisizione di una quota di minoranza di Valentino, in forte ascesa negli ultimi anni.

Queste due acquisizioni, va notato, sono state effettuate a multipli molto dignitosi di x23 e x19 di EBITDA. È evidente che Kering ha fretta, ma non sta perdendo la bussola. Da segnalare anche la performance del fondo qatariota Mayhoola, che in undici anni ha moltiplicato per otto il suo investimento iniziale in Valentino.

Infine, tramite la holding di famiglia Artémis, François Pinault assumerà il controllo della potentissima agenzia CAA, responsabile della gestione dell'immagine di molte star americane. Anche se è sempre un po' spiacevole per gli azionisti di minoranza vedere gli azionisti di maggioranza diversificare i loro interessi in questo modo, l'operazione andrà a diretto vantaggio di Kering, che potrà offrire ai suoi marchi una schiera di ambasciatori del mondo dello show-business.

Gucci non è Hermès, e Kering non ha la struttura integrata, la diversificazione o le economie di scala di LVMH. Nonostante i tempi difficili, tuttavia, il gruppo del lusso ha ancora molto da offrire. A meno di quindici volte gli utili, la sua valutazione è scesa ai minimi da cinque anni a questa parte: per gli investitori veramente orientati sul lungo termine, è difficile non vedere in questa configurazione un'opportunità d'ingresso interessante.