La lettera affermava che le capitali straniere dovevano restituire i circa 9 miliardi di dollari di asset della banca centrale afghana alla Da Afghanistan Bank (DAB) per consentire all'economia di funzionare, nonostante le critiche al comportamento dei Talebani al potere nei confronti delle donne e delle minoranze.

"Il popolo afghano è stato costretto a soffrire doppiamente per un governo che non ha scelto", si legge nella lettera. "Al fine di mitigare la crisi umanitaria e di avviare l'economia afghana verso la ripresa, la esortiamo a consentire a DAB di recuperare le sue riserve internazionali".

La lettera, indirizzata anche al Segretario del Tesoro statunitense Janet Yellen, è stata firmata da 71 economisti ed esperti accademici, molti dei quali con sede negli Stati Uniti, ma anche in Germania, India e Regno Unito. Tra questi, l'ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis e Stiglitz, professore della Columbia University che ha ricevuto il Premio Nobel per l'economia nel 2001 e fa parte del comitato consultivo del think tank Center for Economic and Policy Research, con sede a Washington, che ha organizzato la lettera.

L'economia dell'Afghanistan è sprofondata in una crisi profonda da quando i Talebani hanno preso il potere, quasi un anno fa, e le forze straniere si sono ritirate. L'improvviso taglio degli aiuti e altri fattori, tra cui l'inflazione causata dal conflitto in Ucraina, hanno contribuito, ma gli economisti affermano che il Paese è gravemente ostacolato dall'incapacità della sua banca centrale di funzionare senza accedere alle sue riserve.

Ciò ha provocato un forte deprezzamento della valuta afghana, facendo salire i prezzi delle importazioni, e ha portato a un quasi collasso del sistema bancario, con i cittadini che hanno problemi ad accedere ai loro risparmi e a ricevere gli stipendi.

"Senza accesso alle sue riserve estere, la banca centrale dell'Afghanistan non può svolgere le sue normali funzioni essenziali... l'economia dell'Afghanistan è prevedibilmente crollata", si legge nella lettera.

Washington e altre capitali affermano di voler trovare un modo per sbloccare i fondi a beneficio del popolo afghano, senza avvantaggiare i Talebani, che hanno condannato per aver imposto gravi restrizioni alle libertà delle donne nell'ultimo anno e per aver presumibilmente compiuto abusi dei diritti umani, tra cui vendette contro ex nemici.

I Talebani affermano di rispettare i diritti in base alla loro interpretazione della legge islamica e che gli abusi individuali saranno oggetto di indagine.

Nonostante le posizioni ampiamente divergenti, entrambe le parti sono impegnate in discussioni dettagliate sui piani per l'eventuale rilascio dei beni della banca centrale, di cui circa 7 miliardi di dollari sono detenuti negli Stati Uniti. Circa la metà è attualmente accantonata in quanto oggetto di una battaglia giudiziaria legata agli attacchi dell'11 settembre.

Nei colloqui bancari permangono punti critici, in particolare per quanto riguarda le obiezioni degli Stati Uniti alla nomina da parte dei Talebani di un vice governatore della banca centrale che è soggetto a sanzioni statunitensi.