MILANO (MF-DJ)--Una maison centenaria dove l'irriverenza è di casa. «Abbiamo un'anima punk, sempre, soprattutto nel cuore della creatività». A raccontarlo a MFF è Silvia Venturini Fendi, terza generazione della famiglia Fendi e direttore artistico accessori, uomo e casa della maison di Lvmh. In occasione della Milano design week, la stilista ripercorre l'evoluzione di Fendi casa, la divisione dedicata all'interior della griffe, ricordando il ruolo pionieristico a Design Miami/. «È stato il manifesto di quello che volevamo fare», ha detto, «assieme alla community di artisti ci siamo messi a nudo».

Dal passato al presente, tutto è legato a un filo rosso, poiché anche oggi nel capoluogo lombardo è il momento di un nuovo manifesto, punk negli intenti, che rivoluziona l'ordine prestabilito rendendo funzionale lo sperimentale e viceversa, grazie alla joint venture con Design holding, che ha dato vita alla società FF design. Così Fendi casa cresce con nuovi pezzi, presentando per il Fuorisalone un rinnovato allestimento del grande flagship di Piazza della Scala, un appartamento in via Montenapoleone arredato con le ultime furniture per creare un legame tra il vestito dell'uomo e donna Fendi e l'abito della loro casa, e il debutto della collezione lighting prodotta per il brand da Flos (marchio parte del gruppo Design holding).

Dopo l'opening dello spazio milanese, dove erano state messe in mostra le collezioni frutto della creatività della stessa Silvia Venturini Fendi, che ha chiamato un pool di designer italiani e internazionali per dar vita a un brand eclettico, ora è stato promosso un ampliamento di tutta la linea con nuovi oggetti firmati da Marcel Wanders e atelier Oï, Chiara Andreatti e Cristina Celestino, Toan Nguyen, Thierry Lemaire, Piero Lissoni e dimorestudio. Ma non solo, Fendi casa si prepara a una crescita a livello worldwide anche su nuovi mercati, con l'apertura degli store diretti di Miami e Shanghai entro fine anno e altri in gestione indiretta a Doha, in Messico e Vietnam.

Un debutto importante a Milano dove i riflettori sono puntati anche su Fendace che è andata benissimo.

È molto divertente, infatti con Donatella Versace abbiamo detto: «Dobbiamo ripetere,dobbiamo rifarlo». Perché ci siamo anche divertite, tra le altre cose, facendolo.

Parlando di Fendi casa, c'è una celebrazione a Milano.

Finalmente. Sono molto felice, era un progetto che aspettavo da tempo, ma soprattutto mi sembra che finalmente sia a tutto tondo, adesso, per lo spazio che è meraviglioso e si presta a mostrare tanto. C'è tanto da vedere e da far vedere, c'è tanta storia nascosta. Perché in questi anni, di cose ne abbiamo fatte, cose belle e cose sperimentali, che meritano anche uno spazio. Tutto il progetto fatto a Design Miami/, per esempio. Mi immagino, ogni tanto, di poter riprendere dei pezzi e metterli anche nello spazio, perché in pochi li hanno visti e sono, secondo me, anche un punto di partenza interessante per alcune collezioni.

Il suo spirito a Design Miami/ è quello di far collidere l'arte con il design.

Assolutamente, credo soprattutto di fare in modo che Fendi casa sia anche sperimentale. E quindi una grande vena artistica che poi diventa anche funzionale e «commerciabile». Questo mi stimola molto, perché fino a ora le due cose non si parlavano, i due progetti erano quasi opposti. Invece oggi c'è un disegno e si capisce che è un cerchio che si chiude. Non a caso, oltre a tutti i designer che abbiamo arruolato a collaborare per il lancio della linea, mi è venuto spontaneo chiamare anche quelli con cui in questi anni ho collaborato. Eravamo rimasti con la voglia di fare.

E quali sono gli artisti con cui vorrebbe lavorare per le prossime collezioni?

Man mano, mi piacerebbe riprendere il filo del discorso con tutti, che è rimasto sospeso, e tradurlo in una fase più reale.

Ma quindi Design Miami/ continuerà a rimanere una sorta di laboratorio?

Assolutamente, un laboratorio dove la parola d'ordine è la libertà totale di espressione svincolata da certe dinamiche. È come una forma di couture in cui sperimenti e poi dopo, nel prêt-à-porter, sviluppi quelle idee che hai sperimentato.

E arrivano in Fendi casa.

Design Miami/ è questo per noi, la sperimentazione pura e un modo per fare qualcosa di nuovo. Ci piace fare quello che altri non hanno fatto.

Lo diceva anche quando creò la Baguette.

È stato il motore. «Facciamo qualcosa che ancora non c'è».

E cosa non c'è nel design, oggi?

Nel design delle maison come la nostra, la cosa che mi interessa è soprattutto che ci sia un linguaggio molto comune tra la donna che rappresentiamo e quella che deve vivere in quello spazio. Nel design c'è molto e mi piace pensare che ci sia una grande sintonia tra quello che sono le nostre collezioni e il fatto che quell'uomo o quella donna che passano su quella catwalk, alla fine, devono vivere in questi interni.

Un lifestyle più completo? Con Fendi casa questa visione sembra completarsi.

È talmente completo che si aggiungono prodotti di mese in mese, perché i ritmi sono abbastanza serrati. Adesso presenteremo l'art de la table, molta oggettistica, quindi diciamo che Fendi casa non è più solo sofà, mobili e grandi pezzi.

Oggetti che prima non esistevano neppure.

C'è l'entusiasmo di voler completare e di voler essere rilevanti. In questi anni lo siamo stati perché Fendi casa è cresciuto molto, però penso che adesso, con questo progetto, lo saremo molto, molto di più.

All'inizio cosa l'aveva spinta a creare questo cortocircuito tra il design e l'arte?

La cosa che mi è sempre interessata è questo equilibrio, che chiamo «alchemico» tra la creatività e la funzionalità. E secondo me, il design è questo, così come lo è la moda.

Dopo Miami e Shanghai prevedete altre aperture?

Sì, apriremo negozi a gestione non diretta a Doha, in Vietnam, a Ho Chi Minh e a Città del Messico.

Ora che il lavoro presentato a Design Miami/ ha uno sbocco dentro Fendi casa, continuerete a partecipare alla fiera?

Sempre di più.

Voi siete stati veri precursori, quando a Miami non voleva andare ancora nessuno.

Ci piace uscire dalle formule, quindi sarà interessante vedere quello che abbiamo in mente di fare.

Anche la joint venture con Design holding è una soluzione nuova nel branded design. Come sta andando la partnership?

Molto bene, sono il partner ideale, perché hanno una grande tradizione e hanno lavorato storicamente con grandissimi designer.

Tra gli artisti con cui ha già collaborato, con chi le piacerebbe riaprire il discorso?

Per esempio Sabine Marcelis, ho in mente di fare qualcosa con lei. Anche i Formafantasma.

In tutti gli anni della fiera Design Miami/, quali sono stati i momenti più forti?

Mi è rimasto nel cuore Craft punk, quando abbiamo portato il progetto al Salone del mobile 2009, in via Sciesa.

Possiamo dire: «Fendi is punk»?

Lo possiamo dire. Secondo me, quello è un po' il segreto delle maison quando diventano quasi delle istituzioni, se si pensa che noi abbiamo quasi cent'anni di storia. Ma abbiamo un'anima punk, sempre, questa è rimasta soprattutto nel cuore della creatività.

lde

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0708:23 giu 2022


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