MILANO (MF-DJ)--La finanza accende i riflettori sulle scarpe. O almeno così lascerebbero intendere le sempre più numerose operazioni con protagoniste alcune tra le più note realtà del settore calzaturiero messe a segno negli ultimi mesi. Il 2021 si è aperto infatti con la quotazione di Dr. Martens sul listino londinese, accolta con alte aspettative dagli analisti di Barclays e Bank of America, seguita a ruota dall'acquisizione di Birkenstock da parte di L Catterton, il veicolo di investimento sostenuto da Lvmh e Bernard Arnault, e infine dal deal tra Exor e Christian Louboutin, di cui il gruppo della famiglia Agnelli ha rilevato una quota del 24%.

«Dopo aver debuttato nel fashion lo scorso dicembre diventando azionista di maggioranza del marchio di lusso cinese Shang Xia, in precedenza di proprietà di Hermès, la società ha esteso la sua presenza nello spazio del soft luxury investendo nella griffe valutata 2,3 miliardi di euro, di cui detiene ora la stessa percentuale di proprietà che mantiene in Ferrari», ha spiegato a MFF Swetha Ramachandran, investment manager e responsabile del fondo Gam luxury brands equity di Gam investments, precisando come i brand leader nelle loro rispettive categorie stanno conquistando una porzione senza precedenti di quote di mercato a spese dei marchi indeboliti dalla pandemia.

«Le calzature formali in generale sono rimaste depresse e hanno ceduto negli ultimi anni quote alle sneakers, con le calzature casual che soprattutto con l'attuale crisi hanno riportato performance superiori alla controparte formale», ha proseguito Ramachandran. «Per contro, lo status iconico e immediatamente riconoscibile di Louboutin, oltre ai suoi primi passi verso calzature dallo stile più casual, lo posizionano bene nel medio termine». E se da un lato l'acquisizione della leggendaria maison di scarpe dalla suola rossa ha risvegliato l'attenzione sul segmento delle calzature di lusso, al tempo stesso ha messo in luce la relativa scarsità di aziende ancora indipendenti.

A spiccare nel panorama fashion come potenziali prede sono nomi quali Giuseppe Zanotti, Sergio Rossi o Manolo Blahnik. Il primo tuttavia, ha recentemente smentito i rumors che lo vorrebbero aperto all'entrata nel capitale di un socio di maggioranza. «Anche se ho ricevuto delle offerte non venderò il mio marchio. Sono nato da solo come imprenditore, ho costruito un'azienda solida, dunque il mio unico obiettivo oggi è di affrontare la sfida di questa crisi», ha affermato in un'intervista con MFF l'omonimo fondatore e direttore creativo del brand marchigiano. Non sono invece mai state commentate le voci secondo cui il fondo Investindutrial, controllante Sergio Rossi dal 2015 dopo il passaggio di proprietà con il gigante Kering, avrebbe incaricato Rothschild di trovare nuovi azionisti e di valutare la cessione dell'intero pacchetto azionario della griffe da circa 50 milioni di euro di fatturato annuo.

«Le aziende di questo segmento esercitano un discreto appeal proprio perché il numero di brand riconosciuti in questo spazio del lusso è contenuto. Tuttavia temo non sia rimasto più alcun nome interessante da comprare, poiché i principali sono già stati tutti acquisiti», ha concluso l'analista di Gam. Filippo Prini, project leader di Bcg-Boston consulting group, ha aggiunto come senza dubbio i luxury brand più di nicchia che hanno avuto la capacità di attirare e fidelizzare un certo tipo di clientela e che mostrano potenziale di crescita grazie alla loro distribuzione internazionale, saranno sempre di più oggetto di desiderio dei grandi gruppi. «Va però sottolineato come negli ultimi anni anche i marchi considerati tradizionali abbiano sempre più spesso strizzato l'occhio al luxury streetwear footwear, realizzando direttamente questi tipi di prodotto o collaborando con altre realtà del settore», ha precisato l'esperto, citando la scarpa Speed di Balenciaga o la partnership di Dior con Nike per il modello Air Dior.

Più in generale, a seguito dell'emergenza sanitaria il segmento calzaturiero di lusso ha seguito l'andamento dell'intero settore del fashion d'alta gamma riportando perdite oscillanti tra il 20% e il 30%. Come è facilmente intuibile, il segmento formale ha assistito a un declino più rapido, mentre il luxury street footwear e l'athletic footwear hanno retto maggiormente l'impatto della crisi. «Abbiamo osservato come questo trend, visibile già pre-crisi, sia proseguito anche durante il 2020 e i primi mesi del 2021. I brand di sneakers che sono usciti vincitori dal periodo più grave della crisi sono quelli che avevano già rafforzato la loro presenza online, dando vita a una audience di loyal customers», ha concluso Prini. Secondo Swetha Ramachandran, infine, non è da escludersi che con il ritorno degli eventi in presenza e di una ritrovata socialità le calzature formali potrebbero segnare un rimbalzo a breve termine.

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0108:52 apr 2021

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April 01, 2021 02:55 ET (06:55 GMT)