Una riunione del consiglio di amministrazione del gruppo telefonico per un primo esame dell'offerta è prevista nel tardo pomeriggio di oggi.

Appesantita da un enorme indebitamento finanziario netto - che si attestava intorno ai 25,5 miliardi di euro lo scorso settembre - Tim ha visto la forte concorrenza sui prezzi intaccare sistematicamente i suoi margini sul mercato domestico.

La mossa di Kkr arriva dopo che i colloqui mediati dal governo tra il principale investitore Vivendi, Cassa Depositi e Prestiti e il governo stesso sono proseguiti senza esito, ulteriormente complicando i piani dell'AD Pietro Labriola sul rilancio dell'azienda.

La strategia di Labriola è incentrata sulla separazione della rete fissa di Tim e dei cavi sottomarini della controllata Sparkle dai servizi e dall'attività mobile, con l'assunzione da parte delle prime di una parte significativa del debito e del personale dell'azienda.

Ecco cosa cercano le varie parti in gioco

KKR

Il fondo d'investimento statunitense ha già speso circa 2 miliardi di euro per l'acquisto di una quota nell'unità dell'"ultimo miglio" di Tim, FiberCop, e intende preservare i rendimenti dell'investimento, che dipendono dal raggiungimento da parte di Tim dei target di ammodernamento della propria rete dal rame alla fibra.

Secondo quanto detto da Tim, l'entità della partecipazione voluta da Kkr non è ancora stata definita, ma la mossa porterebbe l'azienda statunitense ad assumere il controllo di una società di nuova costituzione che comprende la rete fissa nazionale di Tim e la partecipazione in Sparkle.

Tim non ha reso noto il valore dell'offerta non vincolante, ma una fonte a conoscenza della questione ha riferito che la valutazione dell'infrastruttura oggetto della proposta non vincolante è di circa 20 miliardi di euro.

IL GOVERNO

Il governo della premier Giorgia Meloni intende preservare la sicurezza della rete fissa di Tim e di Sparkle, entrambe considerate strategiche.

Meloni ha anche affermato che la gestione della rete dovrebbe essere nelle mani dello Stato e che le valutazioni relative al riasseto di Tim non possono prescindere dalla dei 40.000 lavoratori del gurppo in Italia.

In base alla normativa "golden power", il governo può bloccare un'eventuale offerta indesiderata nella principale infrastruttura di telecomunicazioni del Paese o porre specifiche condizioni.

A novembre, il governo Meloni ha stoppato un piano promosso dalla precedente amministrazione Draghi che prevedeva l'acquisizione da parte di Cdp degli asset di rete fissa di Tim per integrarli con Open Fiber, operatore che fornisce servizi di connettività a banda ultralarga all'ingrosso controllato da Cdp.

CASSA DEPOSITI E PRESTITI (CDP)

Cdp possiede ha il 10% del capitale ordinario di Telecom Italia. Insieme a alcuni fondi internazionali, sta considerando l'acquisizione delle attività di rete di Tim, che valuta intorno ai 17-18 miliardi di euro, debito incluso.

Cdp detiene anche una partecipazione del 60% di Open Fiber, il che significa che in una fase successiva potrebbe accorpare le infrastrutture delle due.

Il fondo infrastrutturale Macquarie, che possiede una partecipazione del 40% in Open Fiber, dovrebbe partecipare a un'eventuale offerta di Cdp.

VIVENDI

Dopo essersi opposto per anni all'idea che Tim cedesse il controllo del principale asset di rete, Vivendi, il principale investitore del gruppo telefonico con una quota del 24%, ha iniziato a valutare l'idea, ma per appoggiare la vendita a Cdp ricerca una valutazione di 31 miliardi di euro.

La società francese ha speso circa 4 miliardi di euro per costruire la quota del 24% dal 2015 e deve affrontare una perdita teorica di poco meno di 3 miliardi di euro all'attuale valore di mercato di Tim.

Guidata dal miliardario Vincent Bollore, Vivendi punterebbe ad uscire dal business delle infrastrutture per concentrarsi sulle attività dei servizi di Tim, che oltre alla telefonia mobile, includono la piattaforma pay-TV TimVision.

(Tradotto da Chiara Scarciglia, editing Elvira Pollina)