ROMA (MF-DJ)--Stenta a decollare l'aumento di capitale da 2,5 miliardi di Mps. All'interno delle banche che compongono il consorzio di garanzia lo scetticismo cresce. Il pool capitanato da Mediobanca, Bofa, Citi e Credit Suisse teme una debole risposta da parte del mercato chiamato a sottoscrivere 900 milioni, ovvero la parte che il Tesoro non può coprire, e quindi una quota molto alta di azioni inoptate.

Le preoccupazioni, scrive MF-Milano Finanza, sono emerse nel corso dell'incontro al ministero dell'Economia di mercoledì 5 e ancora ieri i banker hanno evidenziato a Siena le difficoltà nel convincere investitori ad entrare in un'operazione che vale 8 volte l'attuale capitalizzazione di Mps e a prezzi considerati "a premio" rispetto a istituti simili quotati in borsa. I tempi ormai si fanno stretti: l'operazione deve partire entro il 17 per potersi chiudere per il 12 novembre. Il fine settimana sarà dunque caldissimo per il Montepaschi. Lo sforzo della banca e dell'amministratore delegato Luigi Lovaglio sarà quello di raccogliere quante più adesioni possibili.

A farsi strada però tra le banche che hanno firmato solo il pre-underwriting agreement (cioè l'accordo non vincolante alla garanzia) è l'opzione di rinviare l'offerta a un momento di mercato più favorevole. La prossima finestra utile potrebbe essere quella di dicembre che, se sfruttata, consentirebbe di chiudere la ricapitalizzazione entro l'anno.

Un indizio che si possa andare in questa direzione viene da una riunione che il Comitato per gli affari sindacali dell'Abi avrebbe convocato lunedì 10. Sul tavolo ci sarebbe l'estensione oltre la scadenza di fine novembre dell'assegno straordinario che dà diritto per i prepensionati del settore bancario a uno scivolo di sette anni. Ciò consentirebbe a Mps di spostare in avanti gli oltre 3.500 esuberi del piano industriale e quindi anche il reperimento delle risorse necessarie per finanziarli.

Se gli indizi ci sono, il rinvio non è ancora certo. Non solo perché le banche vogliono evitare strappi con il Tesoro, ma anche i sondaggi dei potenziali investitori proseguono senza sosta. L'accordo con Axa sarebbe in dirittura di arrivo. E Lovaglio sta spingendo sui fondi tra cui Melqart, Pimco, AcomeA, Amundi e Algebris.

Alcuni di questi sono titolari di bond subordinati Mps tra i quali. Oggi questi titoli quotano al 50-60% del nominale e andrebbero incontro a pesanti perdite in caso di burden sharing. Meglio dunque, è il ragionamento, sottoscrivere le azioni con una perdita iniziale ma far recuperare valore ai bond.

Insomma una specie di dilemma del prigioniero: rispedire al mittente le proposte della banca rischiando di vedersi bruciare i subordinati o accettare la scommessa dell'aumento. Ma c'è un piano B? Al Tesoro sono in corso approfondimenti per evitare un salto nel vuoto. L'idea sarebbe quella di un'operazione di sistema incardinata su alcune delle maggiori banche italiane. I due scenari su cui si specula vedono da un lato uno spezzatino di Mps con la partecipazione di Intesa Sanpaolo, Bper-Unipol e Mcc; dall'altro lato la confluenza di Siena in un terzo polo composto da Banco Bpm e dalla stessa Bper. I banchieri tuttavia si sono sempre mostrati molto freddi sul dossier Mps. Se il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina ha sinora escluso categoricamente operazioni di m&a, ancora ieri il ceo di Banco Bpm Giuseppe Castagna si è tirato fuori da ogni interesse su Siena: "Facciamo i nostri migliori auguri" a Mps per l'aumento. Ma se ci fosse una crisi imminente, le strategie potrebbero cambiare.

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0708:36 ott 2022


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