R. Premetto che non condivido affatto il giudizio che si è incancrenito in alcuni ambienti circa la qualità delle nostre imprese minori (sommariamente etichettate come PMI). Parlo specialmente della scuola di pensiero di Bankitalia, ferma ai tempi di Alfred Chandler Jr. che temeva l'insufficienza del capitale umano e finanziario. Oggi, specie nel caso delle medie imprese del quarto capitalismo le gestioni, pur se familiari, sono manageriali e il capitale non manca. Basti pensare da ultimo alla vera e propria caccia che si è aperta tra i fondi di private equity nella speranza di trovare "unicorni" (imprese che si pensa raggiungano una valutazione di un miliardo di dollari). Grazie agli aiuti e ai ristori dei vari Governi Conte e Draghi molte piccole e piccolissime imprese in difficoltà sono riuscite a "passare la nottata". Molte, come già detto, hanno chiuso, ma la quota migliore, quella determinante, non solo è sopravvissuta, ma si è rafforzata reagendo con nuovi prodotti e nuove proposte di servizi, facilitati dalle nuove tecnologie. Ma mette una certa angoscia leggere a pag.2 del PNRR che queste imprese siano considerate "lente nell'adottare nuove tecnologie e a muoversi verso produzioni a più alto valore aggiunto". Chi ha scritto questa frase ignora la nostra storia e non ha ancora capito che il nostro enorme problema non sono le piccole imprese, ma le grandi a controllo privato. Basta riflettere sull'avanzo netto commerciale verso l'estero che, da molti anni ormai, segnala la indiscussa competitività delle nostre imprese minori sui mercati internazionali. Mentre, al contrario, le esportazioni delle grandi imprese (inferiori anche in valore assoluto) sono bilanciate totalmente dalle loro importazioni. Le imprese familiari di dimensione media e medio-grande sono e saranno dominanti nella nostra economia ancora a lungo. Ovviamente continueremo ad essere infastiditi dall'abitudine generale al pianto greco, dalle più alte cariche istituzionali ai politici meno provveduti, ai banchieri centrali che continuano a non capire le logiche produttive dei sistemi integrati. Finiamola di impietosire chiedendo aiuti: siamo un grande Paese che ha tutto ciò che gli serve per riprendersi il suo posto. D'altro canto, le nuove tecnologie favoriscono da tempo il rimpicciolimento delle dimensioni il che agevola anche le tendenze verso il verde, l'economia circolare e la sostenibilità.

D: Il sistema bancario è stato un attore importante negli ultimi due anni. Moratorie e schemi di garanzia pubblica hanno sostenuto il tessuto produttivo durante i lockdown. Ora che effetti si aspetta? Avremo un nuovo balzo dei crediti deteriorati?

R. Credo proprio di sì. Ma attenzione: i dati Bankitalia mostrano da tempo che i crediti deteriorati vengono prevalentemente dalle imprese di grande dimensione che banche incaute sostengono perché vi lucrano profitti consistenti, pur finendone coinvolte; se lasciassero fallire un grande cliente finirebbero per fallire loro stesse. E' una regola antica ben nota agli storici dell'economia. Piero Sraffa la spiegò lucidamente a Keynes al tempo delle scalate bancarie degli anni '20 del secolo scorso. Le quali usavano acquistare azioni proprie (pratica tornata ahimè di moda), incuranti del conseguente impoverimento patrimoniale, dell'illiquidità e del rischio di fallimento evitato, infine, dall'intervento dello Stato.

D. Per la piena ripartenza dell'economia e del paese grandi aspettative sono riposte nel Pnrr appena varato dal governo Draghi. Lei condivide quelle aspettative?

R. Difficile dire. Di sicuro questi mezzi finanziari ci saranno utili sostenendo la nostra economia; ma vedo appetiti più grandi della voglia di evitare le difficoltà procedurali. Difficile mettere subito all'opera tutto quanto serve per impiegare questi fondi. E' anche vero che abbiamo falle storiche sedimentate da anni di malaffare e cattiva amministrazione. Basti pensare ai luoghi terremotati, alla mancata cura del territorio, alle pressioni (purtroppo ascoltate) degli evasori fiscali e di chi ha costruito contra-lege in luoghi inadatti e vietati. Occorrerebbe un cambiamento epocale della politica nazionale e locale. Servirebbe anche un cambiamento radicale della testa dei cittadini perché la cattiva amministrazione è un portato di chi è abituato a spuntare favori personali. Senza dimenticare i conflitti d'interesse che sono il vero cancro della nostra vita economica. Ma qui il discorso sfugge troppo lontano.

red

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0608:54 dic 2021

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December 06, 2021 02:54 ET (07:54 GMT)