ROMA (MF-DJ)--Mentre in Italia infuria il dibattito politico tra carte e contanti il mondo si muove in una direzione ben definita e probabilmente irreversibile. Alla fine di quest' anno, ha calcolato un rapporto dell'Area Studi di Mediobanca, le transazioni cashless dovrebbero sfondare per la prima volta nel mondo la soglia dei 1.000 miliardi (grafico in pagina), per arrivare il prossimo anno sopra i 1.250 miliardi. Una traiettoria di crescita esponenziale, scrive MF-Milano Finanza, in cui l'Asia, complice il peso specifico del gigante indiano e della sua crescente classe media, è destinata a fare da protagonista assoluta: se infatti ancora nel 2019 Asia, Europa e Nord America si spartivano fette tutto sommato simili della torta complessiva, l'anno prossimo il continente asiatico dovrebbe sfiorare il 50% delle transazioni totali, col l'Europa ferma al 25% ma comunque in crescita costante (+48% rispetto al 2019).

Cashless all'italiana. L'Italia, nonostante la bagarre politica in atto sul tema possa suggerire il contrario, è perfettamente allineata al trend generale. L'Osservatorio Innovative payments della School of management del Politecnico di Milano ha calcolato che nel primo semestre di quest' anno il transato dei pagamenti digitali in Italia ha raggiunto quota 182 miliardi di euro, segnando una crescita annua del 22%. Salvo che la crescita dei consumi non venga impattata radicalmente dall'inflazione, a fine anno si potrebbe arrivare in una forchetta compresa tra 390 e 405 miliardi, pari al 40% del totale speso dagli italiani, sempre più vicino al contante, che è ormai sceso sotto la soglia del 50%. Nel 2021, ha proseguito lo studio, il totale dei pagamenti digitali ha sfiorato i 330 miliardi, 127 dei quali attribuibili al contactless e quasi 10, in aumento su base annua del 90%, derivati dai cosiddetti pagamenti innovativi, cioè quelli che vengono effettuati tramite smartphone o accessori indossabili, come gli smart watch. Unicorni tricolore. Che l'Italia sia sulla giusta strada nel percorso dei pagamenti digitali è evidente anche dai nuovi unicorni, startup non quotate che raggiungono il miliardo di valore, nati nel Paese nel corso di quest' anno. La recente indagine The State of European Tech 2022 condotta dal fondo d'investimento Atomico ha rivelato che tra i soli quattro unicorni nati in Europa meridionale tra lo scorso anno e quello in corso ben due sono italiani, ed entrambi fanno riferimento al settore dei pagamenti digitali. Si tratta di Satispay, che ha raggiunto lo status di unicorno a fine settembre, in seguito a un round di raccolta da 320 milioni guidato dal fondo americano Addition, e Scalapay, startup del buy-now-pay-later che a febbraio ha superato la valutazione di un miliardo dopo un aumento di capitale da 215 milioni di dollari con il sostegno della cinese Tencent. La caratteristica che accomuna queste due società fintech è il modello di business alternativo a quello dei gruppi di pagamenti elettronici tradizionali, come possono essere Visa o Mastercard.

Satispay, al pari della competitor PayPal, offre la possibilità di effettuare pagamenti digitali tra persone fisiche o in negozi convenzionati ma offre, rispetto al colosso americano co-fondato da Elon Musk, alcuni servizi aggiuntivi, come la possibilità di beneficiare di un cashback negli esercizi commerciali aderenti e i servizi di ricarica telefonica, che lo scorso anno hanno rappresentato peraltro la prima voce di ricavi del gruppo (32 milioni su 43 totali). Scalapay, dal canto suo, si è invece inserita nel business crescente del Buy-now-pay-later (Bnpl), che permette di dilazionare i pagamenti nel tempo senza dover sborsare tutto in un'unica rata al momento dell'acquisto di un bene o servizio. Un mercato che nel 2021, secondo dati Crif, ha registrato un tasso di crescita del 134%, ben maggiore rispetto al tradizionale credito al consumo finalizzato, tanto che Compass, la controllata di Mediobanca che si occupa proprio di credito al consumo, ha di recente annunciato l'acquisizione del 100% della fintech italiana Soisy e del 19,5% della svizzera HeidiPay, entrambe attive nel Bnpl.

Consolidamento a sconto. A differenza degli Stati Uniti, dove l'ecosistema paytech si è progressivamente consolidato intorno a pochi grandi player, molti dei quali quotati in borsa (si veda la tabella in pagina), in Europa il mercato è ancora caratterizzato da una profonda frammentazione. Questo perché, ha evidenziato Credit Suisse in un suo recente studio, "molti Paesi hanno ancora schemi di pagamenti specifici (l'attualità italiana è un esempio calzante, ndr), infrastrutture bancarie -inclusi i pagamenti- separate e sistemi bancari interni frammentati, in gran parte guidati da istituti dominanti nei loro Paesi ma poco rilevanti su scala continentale o globale". A fronte di ciò, gli analisti della banca svizzera hanno individuato sei potenziali poli aggregatori: acquirenti non bancari tradizionali (come Nexi, che ha costruito il polo paneuropeo dei pagamenti digitali con Sia e Nets); aggregatori non bancari, come PayPal; acquirenti moderni focalizzati sui servizi di e-commerce come l'olandese Ayden; bancari non-europei; bancari europei e bancari locali. Rientra in quest' ultima categoria ad esempio Bper, che a fine maggio ha raggiunto l'intesa per la partnership strategica sulle carte di pagamento proprio con Nexi. Ad avvantaggiare il possibile consolidamento c'è anche la contrazione delle valutazioni, dopo che lo scorso anno l'intero settore tech (dati Bain & Company) aveva raggiunto massimi a 27-30 volte l'ebitda, che difficilmente saranno recuperati nell'immediato futuro. Il caso più eclatante è stato quello della svedese Klarna, attiva anch' essa nel buy-now-pay-later, che lo scorso luglio ha completato un round di investimento da 800 milioni di dollari ma con una valutazione di 6,7 miliardi, l'85% in meno dei 45,6 miliardi dell'anno precedente.

Le regine di borsa. Nel suo rapporto, basato sui bilanci del 2020, l'Area Studi di Mediobanca ha censito 25 società dei pagamenti digitali con ricavi superiori al miliardo di euro, la maggior parte delle quali sono quotate in borsa. Guardando alla loro composizione, la quasi totalità ha sede negli Stati Uniti, che si confermano leader assoluti in questo particolare segmento del fintech. A livello di performance, quella media del 2022 è stata negativa per oltre il 17%, e soltanto quattro società, peraltro tra le più piccole a livello di capitalizzazione, riescono a viaggiare sopra la parità. Va osservato inoltre che queste società hanno perso terreno anche in rapporto allo sprint successivo alla scoppio della pandemia da Covid-19, registrando da febbraio 2020 un rendimento medio negativo nell'ordine dell'11%. La flessione del 2022 è stata meno marcata per i colossi dei pagamenti digitali tradizionali (Mastercard e Visa hanno perso rispettivamente il 3,3% e 4,1%) mentre ha colpito più duramente le società innovative, come PayPal (-60%) e la stessa Nexi (-44%) che ora, a valutazioni più basse ma con un modello di business ancora solido, sarebbe finita nell'orbita di vari fondi di private equity.

Fondi ed Etf per scommettere sul trend. Oltre ai singoli titoli, il settore dei pagamenti digitali sta captando sempre più l'interesse delle società di risparmio gestito, che hanno costruito una serie di fondi ed Etf dedicati. Prodotti che si caratterizzano, come rilevato dalla società di analisi finanziaria Fida per MF-Milano Finanza, per una certa sovrapposizione dei titoli più pesati in portafoglio: Global Payments, Mastercard, Visa e American Express sono alcuni dei nomi ricorrenti. Gli Stati Uniti, come prevedibile, sono l'area di esposizione maggiore, con incidenze prossime all'80%. Legal & General Im (Lgim), dal canto suo, ha sviluppato un Etf dedicato specificamente ai pagamenti digitali, il Digital payments, la cui prima esposizione al 31 ottobre era nella statunitense Btrs (4,8% del portafoglio).

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1208:48 dic 2022


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December 12, 2022 02:50 ET (07:50 GMT)