MILANO (MF-DJ)--Nel 2019 il settore radiotelevisivo in Italia, che ha un'incidenza sul Pil nazionale dello 0,5%, ha registrato un giro d'affari di 8,7 mld euro, in contrazione del 3,1% sul 2018. Il calo riguarda sia la TV in chiaro (4,8 mld; -0,5%), sia soprattutto la TV a pagamento (3,2 mld; -8,1%); cresce invece la radio (0,7 mld; +4,1%).

E' quanto emerge dall'indagine sul settore Media & Entertainment italiano e mondiale prima e dopo la crisi generata dalla pandemia, realizzata dall'Area Studi Mediobanca.

Il mercato italiano si conferma concentrato, con i tre principali operatori televisivi (Rai, Mediaset e Sky Italia) che detengono quasi l'85% dei ricavi televisivi nazionali. Considerando i ricavi complessivi dei 7 principali operatori televisivi con sede in Italia, inclusivi delle attivitá sia in Italia sia all'estero, i valori salgono a 9,5 mld, in calo del -5% sul 2018. Il segno negativo è influenzato dai minori introiti della Pay Tv (-13,6%) e dal calo dei ricavi da pubblicitá (-4,9%), compensati dall'incremento del canone (+2,3%). Tra gli operatori, in crescita solo la Rai (+2,9%) e Discovery (+0,8%). abbonamento della TV tradizionale calano per effetto della cessazione dei servizi di Mediaset Premium, quelli dello streaming crescono (+39,6%).

I dati del primo semestre del 2020 confermano il trend del settore radiotelevisivo con un calo dei ricavi (3,9 mld euro) del 10,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La riduzione dei ricavi colpisce principalmente il settore radiofonico (-29,4% sul 1* sem 2019) seguito dalla Tv in chiaro (- 14,8%) e dalla TV a pagamento (-0,8%). E' l'effetto dei mancati proventi derivanti dalla pubblicitá che segnano un calo del 24,4% sul 1* semestre 2019. Non mancano però alcuni segnali positivi: la raccolta pubblicitaria nel novembre 2020 è in ripresa, (+3,5%), anche se la variazione annua attesa è del -12% sul 2019. Sempre a novembre 2020, i ricavi pubblicitari sono cresciuti rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente dell'8,8% per La7, del 7,3% per Rai, del 5,1% per Mediaset e del 5% per Discovery, mentre Sky è l'unica ancora con segno negativo (-8%), seppur in miglioramento.

Si conferma la crescita del comparto Digital (OTT e altri settori), con un +8,4%. La televisione continua a rappresentare una delle principali fonti d'informazione nel nostro Paese, sebbene il processo di digitalizzazione e la distribuzione dei contenuti attraverso internet abbia portato alla diffusione di nuovi modelli di fruizione dei media.

Rai e Mediaset si confermano i principali operatori, rispettivamente con il 35,2% e i l 32,1% di share nel giorno medio nel 2020, con la distanza tra i due che continua a ridursi scendendo dai 4,1 punti percentuali del 2019 ai 3,1 punti percentuali del 2020. Rai1 resta il canale piú seguito dagli italiani nel giorno medio (16,4% nel 2020), davanti a Canale 5 (15%), così come il TG1 delle 20h00 supera il TG5.

Nel comparto radiofonico il Gruppo Mediaset conferma la propria leadership detenendo con le sue 5 emittenti quasi un quinto del mercato (17,5% share nel quarto d'ora medio 2020). Seguono il Gruppo Gedi (11,4%) e Rai (11,1%).

Gran parte dei ricavi della Tv nel 2019 sono realizzati da Sky (3,1 mld euro), seguita, se si includono anche le attivitá estere, da Mediaset (2,9 mld) e Rai (2,6 mld). La situazione cambia se si considerano i soli ricavi nazionali: Sky mantiene il primato, ma la Rai con i suoi 2,6 mld supera Mediaset, in terza posizione con 1,9 mld. Mediaset, infatti, è l'unico gruppo italiano a respiro internazionale, realizzando un terzo dei propri ricavi all'estero.

Secondo lo studio, sono numerosi i player italiani controllati da gruppi statunitensi: il loro fatturato aggregato è di 3,9 mld (-3% sul 2018), mentre gli operatori italiani del comparto segnano un giro d'affari di 3 mld (-13%). Tra i gruppi americani il maggiore operatore è sempre Sky seguito da Disney con 412 mln. Il calo nel 2019 della TV a pagamento è dovuto all'ingente diminuzione degli introiti pubblicitari (-24,5% a/a) e alla riduzione dei ricavi sugli abbonamenti (-6,6%). Questi dati nascondono però dinamiche contrapposte: mentre i ricavi pubblicitari e da abbonamento della TV tradizionale calano per effetto della cessazione dei servizi di Mediaset Premium, quelli dello streaming crescono (+39,6%).

Sky guida la classifica per offerta di canali TV con 3 canali in chiaro e 40 a pagamento, posizionandosi davanti a Mediaset (15 in chiaro e 7 a pagamento). La competizione oramai si è trasferita sulle piattaforme streaming, dove tutti i principali operatori italiani possiedono almeno una piattaforma Vod per la fruizione dei contenuti in broadband.

In generale, nel periodo 2015-19 è diminuita la redditivitá industriale (dal 4% al 2,5%), ma alcune societá continuano a brillare per ebit margin: Discovery (14,8%), Mediaset (12,3%) e ViacomCBS (5,9%). Migliorano in modo evidente Discovery (+10,4 punti percentuali), ViacomCBS (+9,2 punti percentuali), La7 (+7,0 punti percentuali) e Mediaset (+5,5 punti percentuali). In termini occupazionali nel 2019 il settore resiste mantenendo praticamente invariata la forza lavoro rispetto al 2018. Nel 2015-2019 Sky registra il maggiore incremento dell'organico.

Sul fronte estero, nel 2019 il giro d'affari dei principali operatori internazionali privati è pari a 277,8 mld euro, di cui circa l'85% è generato da operatori statunitensi. Secondo lo studio, nel periodo 2015-2019, i colossi privati del settore televisivo sono cresciuti in media del 3,3% grazie al continuo sviluppo delle piattaforme di streaming.

Si evidenzia la performance dei principali operatori Over-The-Top, con Netflix (+31,3%) che segna un Cagr di circa dieci volte superiore alla media dei broadcaster tradizionali ; tra i primi cinque operatori per crescita dei ricavi quattro sono statunitensi e uno solo è europeo, la tedesca ProSiebenSat (+6,1%).

Dall'indagine emerge che la pandemia da Covid-19 ha rappresentato un vero stress test per la tenuta del settore, che ha fatto registrare una ponderosa crescita del pubblico, soprattutto tra i sottoscrittori dei servizi Video on Demand. Nei primi 9 mesi del 2020, le principali M&E companies internazionali hanno fatto registrare un calo del fatturato del 9,9% (185 mld euro) rispetto allo stesso periodo del 2019, generato per l'86,5% dagli operatori statunitensi; tra i broadcaster tradizionali in crescita solamente Fox (+8,1%), un dato comunque inferiore rispetto a quanto fatto da Netflix che ha continuato a guadagnare terreno con un +24,9%. La crisi provocata dalla pandemia ha influenzato in maniera diversificata i ricavi dei primi 9 mesi del 2020 delle M&E companies, penalizzate dalla chiusura dei parchi a tema (-66,2% rispetto allo stesso periodo del 2019). In riduzione del 16,3% i ricavi dalla distribuzione di contenuti e del 12,2% la pubblicitá (che insieme rappresentavano oltre il 40% dei ricavi complessivi). Segno positivo invece per gli abbonamenti TV (+7,9%) ma con tendenze opposte tra streaming (in crescita a doppia cifra) e pay TV, in calo anche a fronte della cancellazione e/o riprogrammazione di eventi sportivi.

A livello di redditivitá industriale, i primi 9 mesi del 2020 registrano un ebit margin al 14,3%, in diminuzione di 4,4 p.p. sul 2019;

la redditivitá piú elevata è stata segnata da Fox (30,3%), Discovery (27,5%) e AMC Networks (24,8%) ed è risultata in crescita solamente per Fox (+3,3 p.p.) e per il gruppo messicano Televisa (+0,2 p.p.), mentre si è ridotta per tutti gli altri operatori, con Walt Disney in calo a doppia cifra (-13,3 p.p.). Nello stesso periodo l'ebit margin di Netflix è si è attestato al 19,8% (in crescita di 5,2 p.p.), la migliore performance tra tutti gli operatori internazionali.

Dallo studio emerge che la Germania rappresenta il servizio radiotelevisivo pubblico col maggior fatturato (8,7 mld euro nel 2019), tre volte superiore rispetto a quello italiano (2,6 mld). Completano il podio Gran Bretagna (7 mld) e Francia (3,7mld). L'Italia ha il primato per incremento del giro d'affari (+2,9% sul 2018), pur mostrando i ricavi pro-capite piú bassi della TV pubblica nel confronto europeo: 44 euro per ogni residente contro i 105 euro nel Regno Unito, 104 euro in Germania e 55 euro in Francia. L'Italia (Rai) si distingue anche per redditivitá industriale: nel 2019 la TV pubblica italiana è l'unica col segno positivo in Europa, con un ebit margin del 2,9%.

Una parte della ricerca è dedicata al canone televisivo. Sotto questo aspetto l'Italia presenta il canone piú basso fra i maggiori Paesi europei, inferiore anche alla media europea (0,25 euro al giorno per abbonato contro una media europea di 0,33 euro). Molto piú costose per i contribuenti la TV pubblica tedesca (0,58 euro giornalieri), quella britannica (0,50 euro) e la francese (0,38 euro). Dal 2015 al 2019, fra i maggiori Paesi europei, solo l'Italia ha ridotto il canone pro-capite; la Gran Bretagna l'ha incrementato dell'8,2% e la Francia del 2,2%, stabile quello tedesco. Nel 2019 74,3 euro dei 90 euro (l'83%) pagati annualmente da ogni abbonato sono stati incassati dalla Rai, una quota inferiore alla media europea (89,1%).

lab

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0318:54 feb 2021

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February 03, 2021 12:56 ET (17:56 GMT)